Otto fatti sorprendenti su Harbin, la città cinese fondata dai russi

Legion Media
È in Manciuria, ma nel centro storico troverete ancora oggi esempi di architettura zarista. Qui ripararono gli ebrei, poi i Bianchi; prosperò il Partito fascista russo e agì la terribile Unità 731 giapponese, che fece raccapriccianti esperimenti sui prigionieri, arrivando a inoculare loro la peste

Se si torna indietro di 150 anni, l’area lungo il fiume Songhua, in Manciuria, non era che un insieme di insediamenti rurali. Oggi, la moderna Harbin, conta invece quasi undici milioni di abitanti: cittadini cinesi che vivono in uno scenario architettonico di grandeur zarista.

La ragione? Harbin è una città in perenne mutamento e caos, ma l’ottava area urbana più grande della Cina sorge sullo scheletro di una cittadina costruita all’inizio del XX secolo da intraprendenti russi in cerca di prosperità, che vollero ricreare qui la loro patria.

Oggi la città è praticamente priva di russi (tranne qualche expat di recente insediamento), ma Harbin un tempo ospitava alcuni dei più brillanti imprenditori russi, e avrebbe poi dato rifugio alle minoranze più perseguitate, agli antibolscevichi e ai fascisti. Ecco qualche notizia interessante sul ricco patrimonio della città.

1. Una Dubai di fine XIX secolo

La prima cosa ad Harbin fu la stazione ferroviaria. I treni della Transiberiana avanzavano con successo verso est, e nel 1896 l’ambizioso ministro delle Finanze dello zar Nicola II, il conte Sergej Witte, non perse tempo nel sovvenzionare un’altra strada ferrata: la ferrovia della Manciuria (oggi Ferrovia orientale cinese). Al centro del suo piano grandioso c’era la neonata città di Harbin, che sperava collegasse il Bajkal a Vladivostok, e che avrebbe fatto da capolinea per le rotte meridionali attraverso la Cina.

Dopo aver acquisito ufficialmente lo status di città nel 1898, l’area divenne rapidamente la metropoli più vivace della Cina nord-orientale, e nel 1917 ospitava già oltre 100.000 persone (di cui circa 40.000 russi). Poiché pochissimi erano nati qui, Harbin era un paradiso per espatriati.

2. Alcuni scorci sembrano ancora russi

Il conte Witte desiderava che chiunque guardasse lo skyline di Harbin sapesse chi dominava qui. Il risultato? Eccolo:

Cattedrale ortodossa di Santa Sofia (aperta nel 1907)
Il Palazzo “Volga”
La via Centrale di Daoli, in stile europeo
Il Grand Hotel Lungmen (inaugurato nel 1901)

3. Un paradiso ebraico

Molto prima che esistesse l’Oblast autonomo ebraico di Birobidzhan, creato da Stalin nel 1934, molti ebrei russi si spostarono a est verso Harbin per sfuggire alle persecuzioni e iniziare una nuova vita. Visto che Alessandro III e (in misura minore) Nicola II erano sotto l’influenza del loro tutor d’infanzia, l’ultra-conservatore Konstantin Pobedonostsev, molto intollerante nei confronti degli ebrei, la prospettiva di deportazioni, quote nell’istruzione, privazioni di diritti e persino pogrom, rendeva la migrazione verso est ben più allettante per gli ebrei.

Nel 1913, si stima che circa 5.000 ebrei russi vivessero ad Harbin, e il numero era già salito a circa 20.000 nel 1920.

Dell’eredità ebraica di Harbin rimangono solo due sinagoghe, una costruita nel 1909, un’altra nel 1921, e anche un grande cimitero ebraico.

4. Una delle più grandi comunità di emigrati Bianchi

Sebbene la maggior parte degli emigrati Bianchi anti bolscevichi fosse fuggita a Parigi, Berlino e Praga, il ruolo di Harbin nell’accogliere chi era perseguitato dai bolscevichi è spesso trascurato dagli storici, ma fu importante.

A partire dal 1917 Harbin accolse commercianti ex uomini di Stato filozaristi. La popolazione russa della città salì alle stelle, da 40.000 a circa 120.000 persone nel corso della Guerra Civile.

Sebbene questi emigrati bianchi fossero per lo più rimasti apolidi dopo il 1922, la loro comunità prosperò brevemente ad Harbin attraverso l’istituzione di un sistema educativo russo e di mezzi di comunicazione russofoni.

5. La sede del Partito fascista russo

Negli anni Trenta, molti membri della comunità russa di Harbin abbracciarono il fascismo, principalmente come tentativo di formare un fronte asiatico antibolscevico con il Giappone dell’Imperatore Hirohito.

Il periodo di maggior successo del Partito Fascista Russo fu sotto la guida di Konstantin Rodzaevskij, che sosteneva di avere 20.000 membri. Accettando volentieri un’alleanza con il Giappone imperiale, il movimento di Rodzaevskij spinse per la liquidazione degli ebrei, ristabilendo l’influenza della Chiesa ortodossa, e costruendo un sistema economico corporativistico secondo le linee guida mussoliniane.

A seguito del crescente potere del Partito fascista, nonché della mancanza di protezione da parte del governo giapponese in seguito all’annessione della Manciuria nel 1931, la popolazione ebraica della città passò da 13.000 persone nel 1931 a 5.000 nel 1935. Ma le cose stavano per diventare molto più raccapriccianti.

6. La Auschwitz giapponese

Con il nome ufficiale di “unità di prevenzione delle epidemie e di approvvigionamento idrico”, l’Unità 731, che era di stanza a soli 24 km a sud di Harbin, fu responsabile di alcuni dei più brutali crimini di guerra mai commessi.

Fondata nel 1935 dall’esercito giapponese, l’Unità 731 gestiva una struttura per la sperimentazione sugli esseri umani, che nemmeno i film dell’orrore potevano immaginare. Solo nel 1984 fu rivelato che i giapponesi sottoponevano i detenuti a vivisezioni senza anestesia, congelamento, iniezioni di sangue e di urina di cavallo e, per studiare nuove armi batteriologiche, li infettarono con varie malattie, tra cui la peste.

Anche i russi di Harbin furono presi di mira dai giapponesi, e si stima che circa il 30% delle 3.000-12.000 vittime dell’Unità 731 fossero russi. La maggior parte dei russi fissava alle 17 il coprifuoco per i loro figli, per impedire che venissero rapiti dalla polizia giapponese.

7. Stalin spazzò via la popolazione russa rimanente

A seguito della vendita da parte dell’Unione Sovietica della Ferrovia Orientale Cinese al Giappone nel 1935, così come a causa della sparizione di persone dalle strade (rapite dall’Unità 731), la maggior parte dei russi di Harbin voleva andarsene.

Alla fine degli anni Trenta il numero dei russi era sceso a circa 30.000 unità. Coloro che avevano scelto la cittadinanza sovietica e che si erano visti confiscare i beni dai giapponesi, scelsero di tornare in Unione Sovietica. Ironia della sorte, oltre 48.000 furono arrestati come “spie giapponesi” durante la Grande Epurazione del 1936-38.

Quando l’esercito sovietico conquistò la città nell’agosto del 1945, molti residenti rimanenti incontrarono un destino simile: quelli che si riteneva avessero avuto una precedente cooperazione con l’Esercito Bianco, il Partito Giapponese o il Partito Fascista Russo furono immediatamente rastrellati e mandati nei gulag.

La maggior parte dei russi rimasti ad Harbin furono rimpatriati in Unione Sovietica, e nel censimento cinese del 1964 di contavano solo 450 russi in città. Gli ultimi due russi di Harbin sono morti negli anni Ottanta.

8. La gente del posto cerca di salvare l’eredità russa della città

La storica architettura russa di Harbin sta perdendo terreno rispetto alle moderne costruzioni cinesi, ma i locali la difendono. Quando si parlava di distruggere il ponte Qihong, uno dei simboli della città, risalente agli anni Venti, un movimento di cittadini ha lottato per farlo classificare come “monumento culturale da preservare”.

Quando l’Harbin Ice Festival arriva in città ogni anno, gli organizzatori si assicurano che venga costruito sempre un Cremlino di ghiaccio.

Uno dei ristoranti storici della città, il Lucia, presso lo Shangri-La Hotel ha conservato i suoi interni unici della Russia imperiale:

Come vivono i russi nelle città di confine con altri Stati? E quali confini di Stati stranieri difendono le guardie di frontiera russe? 

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Leggi di più

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie