Tre ipotesi alternative sulla morte di Stalin

Storia
ALEKSEJ TIMOFEJCHEV
È polemica in Russia per il film “The Death of Stalin” del comico e regista Armando Iannucci. A tanti anni di distanza, il decesso del dittatore resta un grande enigma, e ci sono almeno tre radicate teorie che si oppongono alla versione ufficiale

Il film “The Death of Stalin” (“La morte di Stalin”) del comico e regista scozzese (di origini italiane) Armando Iannucci, che in Italia uscirà il 18 gennaio del 2018, sta suscitando non poche polemiche. Può una commedia, tratta da una graphic novel (la francese “La mort de Staline” di Fabien Nury e Thierry Robin), essere adatta a un tema così drammatico e serio? Per di più la scomparsa del dittatore è ancora avvolta nel mistero. Abbiamo raccolto le tre spiegazioni alternative del decesso più diffuse. 

Lira di Stalin gli fece venire un colpo

Non sorprende che poche persone credano alla versione ufficiale della morte di Stalin del 5 marzo 1953. Tanto più che l’idea di una morte diversa rispetto all’“ictus causato da una grave malattia” sarebbe stata diffusa persino tra gli alti papaveri del Cremlino.

Lo storico Gennadij Kostyrchenko sostiene che Nikita Khrushchev (che nel film di Iannucci è interpretato da Steve Buscemi) abbia confidato a un giornalista francese, nel 1956, che Stalin fosse morto dopo una “vigorosa azione politica” di un gruppo di funzionari sovietici di alto rango, che si erano ribellati e addirittura avevano minacciato fisicamente il leader georgiano.

Secondo quanto avrebbe riportato Khrushchev, questi funzionari erano contrari ai piani di Stalin di deportare gli ebrei sovietici in Siberia, Ciò avvenne durante il cosiddetto “complotto dei medici”, la repressione le cui vittime erano prevalentemente ebrei (i primi arresti vennero effettuati nell’ottobre del 1952, e la vicenda si chiuse bruscamente solo con l’agonia e la morte di Stalin nei primi giorni del marzo 1953).

Khrushchev non fu l’unico a fare di queste affermazioni. Come sottolinea Kostyrchenko, cose simili sono state ripetute anche dallo scrittore sovietico Ilija Erenburg (1891-1967) durante una conversazione con il filosofo francese Jean-Paul Sartre. Il racconto di Erenburg presenta tuttavia dettagli pittoreschi.

Secondo questa versione, vista la risoluta opposizione al suo piano, Stalin minacciò apertamente i suoi collaboratori. Che non risultarono intimiditi, e al contrario minacciarono di far venire l’esercito al Cremlino se Stalin non avesse revocato la sua decisione di deportare gli ebrei. Per sottolineare la loro determinazione, un cospiratore, un ebreo, strappò la tessera di appartenenza al partito e la gettò in faccia leader sovietico. Impossibile, per lui, sopportare una tale umiliazione! Stalin ebbe un colpo e morì.

Si potrebbe obiettare che in questa storia ci sia tanta verità storica quanta nel film “The Death of Stalin”  di Armando Iannucci. Gli storici concordano sul fatto che non vi sia alcuna prova di un progetto per deportare gli ebrei nei documenti personali di Stalin o negli archivi del Partito. Inoltre, non è chiaro se Khrushchev abbia mai realmente parlato di questa storia. Non c’è alcun riferimento ai piani di deportazione nelle sue memorie pubblicate in Occidente negli anni Settanta. La storia potrebbe essere uno sforzo postumo di abbellire l’immagine del successore di Stalin, dopo la lotta senza esclusione di colpi per il potere nel triumvirato.  

Luomo con lascia

Altri sostengono che il ruolo di Nikita Khrushchev non si sia limitato a quello di funzionario ribelle, ma piuttosto che egli sia stato l’architetto dell’omicidio di Stalin. Una volta, Khrushchev ha reso pubbliche dichiarazioni che potrebbero essere considerate come un’indicazione che la morte del leader sovietico era un omicidio premeditato.

In occasione di un evento pubblico del luglio 1964, mentre accoglieva una delegazione dell’Ungheria, Khrushchev iniziò improvvisamente a parlare di Stalin e disse: “Ci sono stati molti dittatori brutali nella storia umana, ma tutti sono morti per un colpo d’ascia, proprio come a colpi d’ascia avevano mantenuto il potere”. Nella trascrizione del discorso successivamente pubblicato sui giornali sovietici, queste parole furono omesse.

Alcuni, come lo storico Aleksandr N. Dugin, credono che la persona “con l’ascia” sia lo stesso Khrushchev. Lo studioso sostiene che poco prima della sua morte, Stalin intendeva estromettere dal potere il ministro della Sicurezza statale Semjon Ignatiev e il suo padrino politico, Khrushchev. Ma quest’ultimo decise di agire per primo e di organizzare un golpe contro Stalin. I cospiratori, secondo lui, non solo uccisero solo Stalin ma anche Lavrentij Berija, il potente capo della polizia segreta sovietica (che ufficialmente risulta invece essere stato fucilato il 23 dicembre del 1953). 

Avvelenato da Berija

Proprio Lavrentij Berija è un altro pretendente al ruolo di assassino di Stalin. Come secondo uomo più potente del Paese, è plausibile che avesse paura di una possibile ennesima purga, nella quale avrebbe potuto essere uno degli obiettivi principali. Quindi, colpì per primo.

Secondo il libro dello storico Nikolaj Dobrjukha, “Kak ubivali Stalina” (“Come fu ucciso Stalin”), Berija avrebbe  avvelenato Stalin. Per far questo, avrebbe usato un veleno estremamente raro, estratto da un serpente o da un ragno. Per sostenere l’affermazione che il capo della sicurezza era dietro la morte di Stalin, Dobrjukha cita le parole del ministro degli Affari esteri di Stalin, Vjacheslav Molotov, secondo il quale Berija, dopo la morte del dittatore, avrebbe rinfacciato a lui e altri funzionari di alto rango di essere “quello che ha salvato tutti voi da Stalin.”

La morte di Stalin probabilmente non cesserà presto di essere una questione dibattuta, ma una cosa è certa: dopo aver ricevuto saputo del suo malore, i funzionari non si affrettarono a chiamare i medici. Un altro strano dettaglio è che venne ufficialmente annunciato che Stalin aveva avuto l’ictus all’interno del Cremlino, ma in realtà la morte avvenne nella sua dacia, a Kuntsevo. Inoltre, non è tutto chiaro nei rapporti medici relativi alla sua morte. Il mistero permane.