L’orsetto Misha dà il benvenuto ai visitatori nel Parco Gorkij di Mosca, 1980.
: Aleksej Poddubnyj/TASSIl 19 luglio 1980 è una data che ha segnato la storia. In quel giorno, infatti, ebbero inizio le Olimpiadi di Mosca. E ancora oggi la mascotte dei Giochi russi, un simpatico orsetto con una cintura su cui appaiono i simboli olimpici, è ancora popolare in molti Paesi del mondo. A poche settimane dall’inizio dei Giochi di Rio, l’autore di questa mascotte, l'artista Victor Chizhikov, racconta a Rbth come è nato il celebre orsetto.
Com’è nata la mascotte delle Olimpiadi?
A quel tempo lavoravo nell'editoria per bambini e non sapevo nulla del concorso della mascotte olimpica. È successo tutto per caso. Un mio amico incontrò uno dei leader dell'Unione degli Artisti della Russia che gli raccontò del concorso e del fatto che il Comitato Olimpico avesse già ricevuto 40mila versioni di un orsetto, ma la giuria non riusciva a trovarne uno adatto. Allora invitarono a partecipare anche gli illustratori per bambini e il tempo a disposizione sarebbe stato di un mese. Più o meno in una settimana abbiamo buttato giù degli schizzi a matita, più di 100 orsi, e li portammo al Comitato Olimpico. Dopo qualche tempo mia moglie incontrò il mio amico per strada e gli chiese: "Come mai sei così triste?”. Lui rispose: "Ho appena scoperto che hanno preso l’orso di Vit'ka e non il mio".
L'artista Victor Chizhikov. Fonte: Vacheslav Un Da-sin/Tass
Hanno scelto il suo disegno, poi c’è stata qualche indicazione speciale del partito comunista per aggiustare l'immagine?
Dovevo disegnare un orso diverso da tutti quelli creati dagli altri migliaia di artisti. Un compito difficile. Per nessun motivo il nostro Paese poteva essere accusato di plagio. E l’orsetto, grazie al cielo, passò l'esame.
Il suo orsetto è molto diverso da quello presentato dalla stampa estera nel mondo.
L’orso russo veniva spesso usato in una caricatura politica. Era osceno e maleducato. Io volevo creare un quadro ottimistico, che suscitasse i migliori sentimenti umani. Per molto tempo non sono stato in grado di dare “olimpicità” al personaggio. In un primo momento ho pensato a un cappellino multicolore che riportasse i colori della bandiera di ogni Paese partecipante, ma poi avrebbe nascosto le orecchie. Mettergli al collo delle medaglie? Ma le mettono a tutte le mascotte, anche il castoro canadese le aveva.
Si dice che ho abbozzato l’orsetto con il mio coinquilino, il compositore Valerij Zubkov. Di sicuro una brava persona. A dire il vero, l’orsetto olimpico con la cintura l’ho sognato. Mi succedeva non di rado, quando lavoravo su un progetto specifico. La cosa importante era svegliarsi e disegnare, altrimenti lo avrei dimenticato. Nel mese di agosto del 1977 a Mosca si tenne la mostra dei 64 orsetti. La visitò anche il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Lord Michael Killanin. Guardò e riguardò e proprio davanti al mio lavoro si fermò e disse: "Eccolo qua!". Così mi ha raccontato un giornalista.
Dal Comitato Olimpico chiamarono solo dopo un mese, probabilmente avevano atteso l'approvazione del partito: "Complimenti, il vostro orso è stato approvato". Ecco tutta la storia dell’orsetto. Si è patito parecchio.
L'orsetto Misha alle Olimpiadi. Fonte: Semyon Maisterman e Nikolaj Naumenkov/Tass
Si riferisce alla questione dei diritti d'autore?
Legalmente non era stato formalizzato nulla. Mi hanno proposto di firmare dei documenti che attestassero il mio lavoro dal titolo "The Funny Bear".
Mi pagarono 1.300 rubli alla cassa del Comitato Olimpico e qualche altro soldo mi arrivò sul conto. In totale, ho ricevuto circa 2mila rubli (lo stipendio medio in Urss nel 1980 era di 120 rubli circa, ndr), anche se oltre il 90% della propaganda olimpica coinvolgeva l’orsetto Misha. Ma non è solo questo. Dopo le Olimpiadi ’80 il rapporto del mondo nei nostri confronti migliorò notevolmente e Misha diede un contributo notevole a questo. Avevo avuto una missione insolita e ho fatto bene il mio lavoro. Io lo amo come un figlio. Sono molto grato al direttore delle Olimpiadi ’80 Tumanov per la grandissima immagine in tribuna dell’orsetto. Vi ricordate la lacrima? La somiglianza era rimasta. Lo stesso non si può dire dell’orso gonfiabile che volava sullo stadio. Io avrei fatto proporzioni molto diverse.
L’immagine dell’orsetto è stata replicata in tutto il mondo. Non mi ha sorpreso vederlo nelle vesti più svariate: sotto forma di bottiglia di profumo, per esempio, o su una scatola di fiammiferi. A Praga, invece, il mio orsetto pubblicizza il Museo del comunismo, tra l’altro raffigurato su un poster con un kalashnikov, anche se negli occhi del mio orsetto ci sono la speranza e la pace.
Alcuni marinai mercantili mi hanno detto che, giunti in Polinesia, hanno regalato un poster con l’orsetto al leader dei Papuani. Questi erano i luoghi visitati dall’antropologo russo Miklouho-Maclay. Divertente.
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