Nadezhda Krupskaya among pioneers.
RIA NovostiNadezhda Krupskaya con un gruppo di giovani pionieri. Fonte: RIA Novosti
Esiste uno scherzo molto diffuso tra i docenti di storia delle università russe: quando all’esame si presenta uno studente poco brillante, il modo migliore per scoprire se ha almeno qualche chance di superarlo è domandargli: “Qual era il cognome del marito della Krupskaya?”. Se il povero studente non è in grado di capire la domanda e risponde tirando a indovinare: “Krupskij”, viene cacciato in malo modo.
Chiunque conosca un po’ la storia sa che Vladimir Lenin, il grande artefice della Rivoluzione d’ottobre, fondatore dell’Unione Sovietica, è stato il marito di Nadezhda Krupskaya (1869-1939). Prima di tornare trionfalmente in Russia Lenin ha vissuto per 16 anni in clandestinità lavorando per la causa rivoluzionaria insieme alla moglie, che condivideva gli stessi ideali marxisti.
Un’aristocratica consacrata alla fede rivoluzionaria
Come molti altri rivoluzionari anche la Krupskaya non era di origini proletarie o contadine, ma era cresciuta in una famiglia nobile, anche se in rovina, e aveva frequentato il ginnasio ottenendo il massimo dei voti. La Krupskaya, futura atea militante, scrive che nella giovinezza era molto credente: “Sono cresciuta da sola e avevo difficoltà a comunicare agli altri i miei desideri e le mie idee, per questo sentivo un profondo bisogno di rivolgermi a un dio in grado di comprendere ciò che avveniva nell’animo umano”.
Già all’età di 21 anni Nadezhda ripudiò la Chiesa per le nuove idee rivoluzionarie e aderì a un circolo marxista di Pietroburgo. Parallelamente frequentò la scuola serale per lavoratori dove seguì corsi di geografia, storia e matematica. La Krupskaya restò fedele alla sua vocazione per l’insegnamento per tutta la vita: quando i bolscevichi presero il potere nel 1917 si dedicò ai problemi dell’istruzione popolare e dell’educazione dei bambini.
Nadezhda Krupskaya. Fonte: Ria Novosti
L'amore dietro la causa rivoluzionaria
Nel circolo marxista la Krupskaya incontrò un giovane socialista, Vladimir Ulyanov, passato alla storia come Lenin, che sarebbe diventato suo marito. Come scrive, erano “già piuttosto intimi” quando nel 1896 Lenin a causa della sua attività rivoluzionaria fu arrestato dalla polizia e finì dietro le sbarre. L’anno successivo venne mandato al confino nel villaggio di Shushenskoe (a 4.500 km a est di Mosca) e affinché la Krupskaya potesse seguirlo dovettero sposarsi in chiesa. “Ci toccò recitare un’intera commedia”, rammenterà in seguito la ragazza.
Benché a detta di alcuni storici il matrimonio di Lenin con la Krupskaya sarebbe stato essenzialmente il sodalizio di due ferventi militanti per una causa comune, la stessa Nadezhda nelle sue memorie ribadisce più volte che non si erano sposati solo per abbattere la monarchia: “Ci amavamo profondamente. Il fatto che non ne parli nei miei scritti non vuol dire che la nostra vita sia stata priva di poesia o di passione romantica”.
Tuttavia, il lavoro politico occupò il primo posto nell’esistenza di entrambi. Tradussero dei testi stranieri sul movimento dei lavoratori, intrattennero una corrispondenza con i socialisti europei, dibattendo delle prospettive rivoluzionarie. Nel 1900 vagarono qua e là per l’Europa dove spesso cambiarono luogo di residenza. Vissero a Monaco, Londra, Ginevra e Parigi. In tutto quest’arco di tempo Nadezhda restò la principale collaboratrice del marito e si occupò, tra l’altro, delle complesse operazioni di cifratura dell’immensa mole di corrispondenza con gli altri attivisti socialisti.
Vladimir Lenin insieme alla moglie Nadezhda Krupskaya nella città di Gorkij. Fonte: Mary Evans Picture Library/Global Look Press
Una vita al servizio della causa
La Krupskaya soffrì per tutta la vita di gozzo tossico diffuso (morbo di Basedow), una malattia che alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX era incurabile. Tra i sintomi che presentava questa patologia autoimmune vi erano gli occhi “sporgenti”, dolori cronici e malesseri di varia natura. A causa di questa malattia la Krupskaya, che amava i bambini, soffriva di infertilità. I suoi contemporanei ricordano che ciò le arrecava un immenso dolore.
Una sofferenza altrettanto profonda le procurava l’intima amicizia di Lenin con un’altra attivista socialista, Inessa Armand, sbocciata nel 1910. Secondo quanto affermano innumerevoli testimoni, Lenin e l’Armand avevano una relazione sentimentale. Si sono conservate delle lettere in cui lei gli dichiara il suo amore. La Krupskaya reagiva in modo stoico e oltretutto diventò amica dell’Armand. Lenin alla fine decise di restare con la moglie. Come ipotizza lo storico Leonid Mlechin, “Lenin considerò quell’amore un sentimento effimero e meno essenziale del solido legame d’amicizia che lo legava alla Krupskaya”.
Nadezhda trovò consolazione nel lavorare per quello che riteneva, secondo i suoi ideali, il bene collettivo. “Bisogna essere capaci di fondere la propria vita privata con quella sociale. Non si tratta di una forma di ascetismo, al contrario, la nostra vita privata si arricchisce quando la causa comune dei lavoratori diventa la nostra causa personale”, scriveva.
Nadezhda Krupskaya. Fonte: Mary Evans Pictrure Library/Global Look Press
Il ritorno in Russia
La Krupskaya fece ritorno con il marito in Russia nel 1917. Dopo la vittoria della rivoluzione continuò a collaborare con lui e dal 1920 fu a capo del Comitato politico centrale per l’istruzione (Glavpolitprosvet), l’organizzazione che promuoveva la lotta contro l’analfabetismo. Il drastico peggioramento delle condizioni di salute di Lenin fu per lei un duro colpo. Lenin fu colpito dal primo ictus nel maggio del 1922. La Krupskaya dovette insegnargli a scrivere, a leggere e a parlare di nuovo. Lenin si riprese ma non per molto: nel 1924 il leader della rivoluzione morì.
Dopo la sua morte ebbero inizio per la Krupskaya tempi molto difficili. Da un lato, veniva elogiata ufficialmente come la “più stretta compagna di lotta” del leader, dall’altro le sue posizioni e le sue idee erano ignorate. Stalin, che aveva accentrato tutto il potere nelle sue mani, non l’amava poiché la Krupskaya aveva il coraggio di discutere con lui. E lei, a sua volta, lo criticava anche per le repressioni. “Possibile che non si renda conto della nostra situazione completamente anormale che avvelena le nostre vite?”, domandò nel 1937 a un bolscevico.
Nel 1939, alcuni giorni dopo il suo 70esimo compleanno, Nadezhda Kruspkaya morì in seguito a un grave attacco di appendicite. Stalin, che l’aveva odiata quand’era in vita, portò personalmente l’urna con le sue ceneri che venne tumulata dentro le mura del Cremlino, a pochi metri di distanza dal Mausoleo, dove riposa la salma imbalsamata di suo marito.
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