Chairman of the 4th State Duma M. Rodzyanko. 09/12/1916
RIA NovostiMikhail Rodzyanko, ultimo presidente del Parlamento della Russia imperiale. Fonte: RIA Novosti
Rodzyanko era un ricco proprietario terriero i cui possedimenti si trovavano nella zona orientale dell’odierna Ucraina. Divenne in Russia una figura politica di spicco negli anni precedenti la Prima guerra mondiale, quando fu eletto Presidente della Duma di Stato. Sentiva di poter fare da tramite tra la società e lo zar, il suo compito era convincere Nicola II a formare un governo che rispondesse del suo operato davanti al Parlamento, usando la rivoluzione come minaccia nel caso lo zar non fosse stato d’accordo.
Per il monarca invece non era tempo di serie riforme politiche, soprattutto nel 1914, allo scoppio del conflitto mondiale. Non voleva condividere il potere con un Parlamento che era stato costretto a concedere durante la prima Rivoluzione russa del 1905-1907.
L’irremovibilità dello zar e la crisi delle forniture di prodotti, uniti al crollo del prestigio del monarca nella capitale, sono lo sfondo su cui si inizia a parlare di una congiura contro l’imperatore. Le voci si intensificano soprattutto dopo l’assassinio di Grigorij Rasputin, vicino agli ambienti della famiglia reale. La morte violenta del favorito dello zar, così ben accolta dalla popolazione istruita di Pietrogrado, non aveva avuto lo stesso effetto su Rodzyanko che anzi la ritenne l’inizio della fine dell’impero dei Romanov.
"Non appoggerò mai un colpo di Stato"
Da monarca convinto qual era Rodzyanko preferiva tenersi alla larga dalle insinuazioni di una rivolta di palazzo. Il Presidente ricorda che poco prima della Rivoluzione, all’inizio del gennaio del 1917, era tornato dal fronte un generale. "La rivoluzione è inevitabile e al fronte ne hanno sentore. Se sceglierete questa misura estrema vi appoggeremo", aveva detto il generale ai parlamentari. "Voi non tenete conto di quello che accadrà dopo l’abdicazione dello zar. Non appoggerò mai un colpo di Stato. Ho fatto giuramento…" disse il Presidente della Duma di Stato, interrompendo l’ufficiale. Due settimane e mezzo prima della Rivoluzione, il 10 febbraio, si tenne l’ultima udienza presso Nicola II, durante la quale Rodzyanko illustrò la pericolosa situazione in cui versava il Paese e la possibilità di un rovesciamento. “Le mie fonti dicono tutt’altro”, fu la risposta dello zar.
"È la fine!"
Anche nei giorni della Rivoluzione Rodzyanko rimase fedele alla linea scelta. Al culmine della rivolta nella capitale – il 26 e il 27 febbraio, quando gli abitanti di Pietrogrado pretesero la distruzione del regime – mandò due telegrammi allo zar, che in quel momento si trovava nel quartier generale al fronte, in cui comunicava: “Nella capitale regna l’anarchia. Il governo è paralizzato. Le unità dell’esercito si sparano uno contro l’altro”. Suggerì all’imperatore di “nominare all’istante una persona che goda della fiducia del Paese, di formare un nuovo governo. Ogni indugio equivale a morte certa”. La risposta dello zar dimostrò la sua considerazione del capo della Duma e come percepiva la situazione nella capitale: “Di nuovo quel grassone di Rodzyanko mi ha scritto varie assurdità a cui non ho intenzione di rispondere”. Invece di formare un “ministero incaricato” lo zar sciolse la Duma. Il segretario di Rodzyanko ricorda quanto la decisione dell’imperatore lo avesse irritato. Quando gliela comunicarono si mise in ginocchio davanti all’icona a pregare, ripetendo: “È la fine… è la fine!”.
La detronizzazione
Rodzyanko e la Duma sono descritti nella maggior parte dei resoconti della Rivoluzione di febbraio come osservatori passivi. C’è però chi pensa che Rodzyanko e i rappresentanti del parlamento abbiano svolto un ruolo determinante, gestendo di fatto la rivolta. Come osserva lo storico pietroburghese Andrej Nikolaev, il giorno 27 sotto la presidenza di Rodzyanko venne convocato un Consiglio degli Anziani del parlamento russo. Infrangendo il decreto di Nicola II il Consiglio approvò una risoluzione secondo cui i deputati della Duma di Stato sarebbero dovuti rimanere al loro posto. Nel documento si diceva anche che “la cancellazione del vecchio potere è il nuovo slogan del momento”. Di fatto la Duma, sotto la guida del suo portavoce, stava imboccando la strada del rovesciamento del potere imperiale.
Per qualche giorno Rodzyanko fu alla guida del Paese, in qualità di Presidente del comitato provvisorio del Parlamento che aveva preso il potere durante la rivolta. Avrebbe potuto ambire al posto di Presidente nel Governo provvisorio appena formatosi, ma i suoi colleghi gli preferirono il principe L’vov.
Dopo l’arrivo dei bolscevichi Rodzyanko si rifugiò tra i bianchi. La loro sconfitta nella guerra civile lo costrinse a lasciare il Paese. Si stabilì in Serbia, ma non ebbe mai una buona fama tra i russi emigrati. Si sa infatti che un giorno, quando era già un uomo anziano, venne brutalmente picchiato da giovani monarchici che lo reputavano responsabile del crollo dell’impero zarista in Russia.
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