Cinque fatti da sapere sulle città chiuse in Urss e in Russia

Kira Lisitskaya (Foto: Roman Yarovitsin, Vladimir Medvedev/TASS )
Come si viveva nelle città di cui nessuno conosceva l’esistenza e che non apparivano neppure sulla mappa? Lo sapevate che ancora oggi in Russia ci sono 38 città chiuse, dove si può entrare solo con uno speciale lasciapassare, difficile da ottenere?

“Quand’ero piccola, negli anni Settanta-Ottanta, ogni anno, durante le vacanze estive, andavo da mia nonna. E ogni volta i genitori mi davano delle istruzioni. Mi spiegavano che non dovevo dire a nessuno dove abito. Se qualcuno comincia a farti queste domande, mi dicevano, devi subito finire la conversazione e andartene. Nel mio certificato di nascita, e anche sul passaporto, c’è scritto che sono nata a Cheljabinsk”, ricorda Nadezhda Kutepova nel suo libro “I segreti delle città chiuse” (“Тайны закрытых городов”; “Tajny zakrytykh gorodov”). In realtà, la donna è nata a Snezhinsk, città “atomica” negli Urali, chiusa sin dai tempi sovietici. 

1 / Queste città non figuravano sulla mappa dell’Urss

Gli insediamenti off limits cominciarono a sorgere dopo l’inizio del progetto atomico dell’Urss (1945-1953). Tutto quello che era compreso nel progetto era coperto dal segreto militare, e poi anche dal segreto di Stato. Persino le sostanze radioattive non si potevano nominare: al posto di “plutonio” e “uranio” (parole proibite) si usavano dei nomi in codice. 

Regione di Nizhnij Novgorod, città chiusa di Arzamas-16, 1º agosto 1991, Prospekt Mira (“Viale della Pace”). La città si chiama oggi Saróv

Soltanto nel 1954 a queste città furono attribuiti dei nomi geografici. La designazione era costituita dal nome del centro abitato più vicino, accoppiato al codice di avviamento postale (“casella postale”). Tuttavia, il nome cambiava spesso. Per esempio, la città di Sarov, nella regione di Nizhnij Novgorod, prima di assumere questo nome nel 1994, già era stata chiamata Gorkij-130, Arzamas-75 e Arzamas-16.

Sui documenti personali degli abitanti – operai delle aziende di costruzione, dipendenti del settore nucleare, membri delle loro famiglia – persino dopo il 1954, come luogo di residenza veniva indicato non l’indirizzo effettivo, bensì il capoluogo regionale. Gli abitanti dovevano inoltre firmare un accordo di segretezza. 

2 / Le prime città segrete furono costruite in località remote

I primi insediamenti sorgevano in parallelo con la costruzione delle aziende nucleari. Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, l’ubicazione delle nuove aziende doveva corrispondere a particolari criteri. Le città chiuse dovevano trovarsi lontano dalle frontiere e lontano dalla parte europea del Paese (per minimizzare il pericolo di attacchi aerei), vicino a grandi bacini d’acqua e in zone sicure per quel che riguarda la sismicità, la struttura geologica e le condizioni idrologiche.

I dintorni di Zheleznogorsk (in passato chiamata Krasnoyarsk-26), città chiusa nel Territorio di Krasnojarsk per la produzione di plutonio a uso militare. La sua esistenza fu rivelata nel 1992 dal presidente Boris Eltsin. Conta circa 90 mila abitanti e ancora oggi è chiusa

L’unica eccezione era, appunto, Saróv. Nel 1706 in questa località fu fondato il monastero maschile della Dormizione della Madre di Dio, la cui fama è dovuta a Serafino di Sarov, uno dei santi più venerati della Russia. Dopo la Rivoluzione del 1917 il monastero fu chiuso e, in vari periodi, nei suoi edifici furono dislocati una comunità lavorativa per ragazzi, un penitenziario e un laboratorio di fisica. 

Dopo le prime città del progetto atomico, insediamenti ad accesso limitato comparvero anche nella parte europea dell’Urss e un po’ in tutto il Paese, in particolare in vicinanze delle strutture militari. 

3 / I primi abitanti delle città segrete non potevano uscirne 

Arzamas-16. Fedja Agafonov, figlio di un sottufficiale, vive con la sorella, i genitori e un gatto in una stanza di un obshchezhitie (dormitorio)

Inizialmente, coloro che lavoravano nelle città chiuse non potevano uscire dal perimetro. Gli specialisti dovevano consegnare il loro passaporto all’apposito ufficio. La città si poteva lasciare soltanto in casi eccezionali: funerale di un parente stretto, urgente bisogno di assistenza medica particolarmente qualificata, o in caso di una calamità naturale. Per ogni uscita bisognava presentare la domanda, spiegando i motivi, indicare le tappe del viaggio e firmare un accordo di segretezza. Per ogni contatto fuori del perimetro, bisognava attenersi alla “leggenda” (cioè alla “storia ufficiale” inventata dai servizi segreti). 

Le limitazioni furono allentate nel 1954, quando, finalmente, gli abitanti poterono uscire senza troppi intralci burocratici. Nel 1957 gli abitanti ricevettero appositi tesserini di lunga durata. All’inizio si poteva lasciare la città una volta alla settimana. Chi rientrava con ritardo, rischiava di vedersi sequestrata la tessera per tre mesi. 

4 / Chi ci viveva era un cittadino privilegiato

KPP №1, il kontrolno-propusknoj punkt è il posto di blocco per il controllo dei lasciapassare all’ingresso delle città chiuse. In questo caso si tratta di Zheleznogorsk

Gli abitanti della città chiuse non solo dovevano rassegnarsi alle restrizioni, ma godevano anche di una serie di privilegi, in particolare:

  • tasso di criminalità più basso rispetto al resto del Paese,
  • negozi regolarmente riforniti,
  • supplemento salariale (+15-20%),
  • assistenza medica più avanzata (in relazione ai rischi legati alle radiazioni).  
Il KPP (posto di blocco e controllo lasciapassare) principale della città chiusa di Seversk (106 mila abitanti), nella regione di Tomsk

“La nostra famiglia ha deciso di trasferirsi a Krasnojarsk-26 quando al papà è stato offerto un nuovo posto di lavoro; la mamma in quel momento era incinta. Durante la perestrojka, in Urss, scarseggiavano i generi alimentari, dappertutto c’erano code lunghissime. Invece, in questa città chiusa i negozi erano strapieni”, ricorda un utente di internet. 

5 / Ancora oggi ci vuole un permesso per entrare

Dopo la disgregazione dell’Urss, dall’elenco delle città chiuse fu tolto il velo di segretezza. A partire dal 1992, l’elenco è stato più volte modificato, perché una parte delle città chiuse cominciò gradualmente ad “aprirsi”. 

Assemblaggio della navicella spaziale di nuova generazione Glonass-K nell’officina spezializzata intitolata all'accademico M.F. Reshetnev, a Zheleznogorsk

Attualmente in Russia ci sono 38 città chiuse (dati del 1º gennaio 2021), di cui 10, sorte attorno a impianti nucleari, sono le più vecchie; 3 fanno riferimento al settore missilistico e 23 fanno capo al Ministero della difesa. In una delle città chiuse è dislocato un poligono per i test delle tecnologie al laser, e un’altra è sede dell’azienda specializzata in costruzione di infrastrutture sotterranee. Le città chiuse oggi sono note con l’acronimo di ZATÓ, sigla che sta per “Zakrytoe administrativno-territorialnoe obrazovanie”, ossia “Entità amministrativo-territoriale chiusa”.

Persino i cittadini russi, per visitare uno qualsiasi di questi centri abitati, devono ottenere un apposito permesso (própusk) e spiegare il motivo della visita. L’ingresso è consentito per visitare parenti stretti, per motivi di lavoro o per assistere a conferenze o gare sportive. In altri casi la visita può essere negata.

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