Come è stato lanciato il primo satellite terrestre artificiale al mondo?

Russia Beyond (Il primo satellite terrestre artificiale sovietico. Fotogramma dal film / TASS)
Sessantacinque anni fa, l'URSS mandò lo Sputnik 1 nello spazio, inaugurando l'era spaziale dell'umanità. In questo articolo ricordiamo i retroscena di quell’evento epocale

È il 1955 e ci troviamo nell'NII-4 di Bolshevo, nella regione di Mosca, un istituto di ricerca militare segreto che si occupa di calcoli per i missili balistici. Una delle sue ampie stanze è occupata dai “sognatori”, un soprannome dato agli scienziati che avevano il compito di studiare le possibili complicazioni dei voli spaziali. Nessuno era ancora andato nello spazio: erano passati appena 10 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Di tanto in tanto, i “sognatori” si ritrovano a discutere rumorosamente: un uomo non può volare nello spazio, brucerebbe al rientro sulla Terra; oppure “esploderebbe” in assenza di gravità o verrebbe fatto a pezzi; le radiazioni lo ucciderebbero e così via. A volte, i dipendenti di altri reparti tendono l’orecchio a queste urla, scuotono la testa e, dopo aver chiuso la porta alle proprie spalle, si allontanano esterrefatti, incapaci di comprendere il fuoco che anima quei fanatici della scienza. 

Trascorrono due anni, e i “sognatori” iniziano a lavorare al progetto più ambizioso dell'umanità: lanciare nello spazio il primo satellite terrestre artificiale.

Il nuovo razzo

Prima di avvicinarsi all'idea di lanciare un corpo artificiale nell'orbita terrestre, bisognava progettare qualcosa che lo portasse fin lì: un razzo. “La storia della creazione del primo satellite è la storia di un razzo. La tecnologia dei razzi dell'Unione Sovietica e degli Stati Uniti aveva radici tedesche”, osserva Boris Chertok, scienziato progettista.

Dopo la Seconda guerra mondiale, gli inventori sovietici ebbero accesso alle attrezzature tedesche catturate, in particolare al “V-2”, il razzo (con una portata di 320 chilometri) che ha effettuato il primo volo spaziale suborbitale al mondo. Lo studiarono meticolosamente e su quella base progettarono una serie di razzi sovietici. All’epoca il nome del leader del programma spaziale sovietico, Sergej Korolev, era strettamente riservato (anche la sua carriera è insolita: nel 1938 fu condannato a 10 anni di carcere e poi trasferito nella cosiddetta “sharashka”, un ufficio di progettazione segreto per scienziati condannati).

La prima versione dell'R-7, testata nel 1957

Nel 1954, sotto la sua guida, nacque il Semjorka, il razzo R-7 con una portata operativa fino a 9.500 chilometri. “Quando, nel 1957, il missile balistico R-7 fu lanciato dal cosmodromo di ‘Thuratam’ (in seguito ribattezzato ‘Baikonur’) e colpì l’obiettivo situato su un terreno di prova in Kamchatka, divenne chiaro che i sovietici avevano un vettore per lanciare un satellite in orbita. A dire il vero, prima di allora non credevo che tutti i 32 motori del razzo potessero avviarsi contemporaneamente e funzionare come previsto”, disse l'accademico Georgij Uspenskij, uno dei “sognatori” di quel chiassoso ufficio.

Oggetto D

L'atteggiamento verso il gruppo di “sognatori” cambiò immediatamente: furono incaricati di creare il primo satellite con il nome di “Oggetto D”. La sua massa avrebbe dovuto essere di 1.000-1.400 chilogrammi, con 200-300 chilogrammi in più per le attrezzature di ricerca. Una delle varianti di progetto del satellite prevedeva addirittura un contenitore con un “carico biologico”: ovvero un cane da esperimento. In altre parole, non si trattava del piccolo “Sputnik”, ma di una macchina pesante che si voleva portare in orbita con l'aiuto dell'R-7, nel 1957-1958.

Sergej Korolev (il secondo da sinistra) con la sua squadra

Ben presto, però, si capì che sarebbe stato impossibile rispettare le scadenze per questo progetto, che richiedeva molto più tempo. Il lavoro dunque si trascinò per le lunghe. Inoltre, l'URSS venne a sapere che un lavoro simile era già in corso negli Stati Uniti: il lancio del “Satellite Minimo Orbitale senza equipaggio della Terra” era previsto per lo stesso periodo. Korolev decise quindi di abbandonare il “peso massimo” a favore di un dispositivo semplice e leggero con solo due fari.

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L’entusiasmo dei progettisti

Dall’esterno, il satellite si presentava come una palla di alluminio sigillata con quattro antenne, con un diametro di 58 centimetri e un peso di soli 83,6 chilogrammi. All'interno si trovavano due radiofari. Inoltre, il raggio di trasmissione dei radiofari fu scelto in modo che anche i radioamatori potessero seguire il satellite. Molti di loro ricordano il caratteristico suono - “beep-beep-beep” - quando lo Sputnik li sorvolava.

Sputnik-1, modellino

Il satellite fu progettato a velocità record. “La gente non lasciava il posto di lavoro per giorni, dormiva su lettini pieghevoli nell'ufficio di progettazione di Korolev! Il primo satellite, ovviamente, era piuttosto semplice nel design e nell'hardware, e aveva un sensore necessario per la ricerca: il modo in cui le onde radio viaggiano attraverso l'atmosfera. All'epoca non lo sapevamo nemmeno”, disse Uspenskij.

Alla fine, tra il successo del test dell'R-7 nell'agosto 1957 e il lancio del satellite passarono solo due mesi. Il 4 ottobre 1957, alle 22:28 ora di Mosca, il veicolo di lancio con il satellite fu inviato nello spazio.

Francobollo

Il primo satellite dell'umanità non durò a lungo: 92 giorni, fino al 4 gennaio 1958. Riuscì a compiere 1.440 rotazioni intorno alla Terra e i suoi fari funzionarono per due settimane dopo il lancio. Tuttavia, a causa dell'attrito nell'atmosfera superiore, perse velocità, entrò negli strati densi dell'atmosfera e si bruciò.

Luna rossa

La notizia del lancio del satellite sovietico ebbe un effetto bomba. I giornalisti di tutto il mondo lo definirono “uno shock universale” e “non solo un grande risultato scientifico, ma anche uno dei più grandi eventi nella storia del mondo intero”. La stampa americana lo ribattezzò la “Luna rossa”.

Il lancio della navicella Sputnik-1 dal cosmodromo di Bajkonur

Molti a quei tempi cercavano di vedere lo Sputnik nei raggi del sole che sorgeva o tramontava. In realtà, potevano vedere solo l'unità centrale del razzo (fino a quando non bruciò), una piccola palla di meno di un metro di diametro. Ma anche il principale giornale sovietico Pravda riteneva che ciò fosse insignificante ed esortava la popolazione di tutto il mondo ad alzare gli occhi al cielo.

Il lancio ovviamente non ebbe solo un peso scientifico, ma anche politico. Il 4 ottobre divenne chiaro che l'Unione Sovietica disponeva di un missile intercontinentale multistadio, contro il quale le difese aeree erano impotenti. Questa nuova consapevolezza cambiò l'intero sistema di relazioni internazionali.

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