Telegram bloccato, disservizi anche per Amazon e Google

Reuters
Avviato il blocco del servizio di messaggistica più usato dai russi. Ora gli utenti cercano soluzioni alternative

Giro di vite sul programma di messaggistica Telegram da parte dell'Autorità federale russa per il controllo delle comunicazioni Roskomnadzor. Centinaia di migliaia di indirizzi IP sui quali il servizio continua a spostarsi sono ora sotto scacco. Una tattica che minaccia direttamente anche altri servizi online che utilizzano gli stessi indirizzi.
Dopo la decisione della Corte suprema di presentare una causa per bloccare il programma di messaggistica dai server russi, sono stati presi di mira 800.000 web services di Amazon e più di un milione di Cloud Google. Ciò è accaduto dopo che i gestori di Telegram si sono rifiutati di fornire la decodifica del software ai servizi di sicurezza russi per monitorare il traffico.
Le principali reti mobili e i provider internet del paese hanno iniziato a bloccare gli IP di Telegram a partire da lunedì. Ma Telegram ha iniziato spostare il servizio su server disponibili pubblicamente.
E mentre è difficile, se non impossibile, identificare esattamente quali indirizzi IP Telegram stia utilizzando, Roskomnadzor continua ad aggiungere indirizzi alla lista nera.
I servizi cloud forniti da Google e Amazon sono utilizzati da molte altre piccole imprese russe che già stanno lamentando la manomissione dei propri siti web, che a quanto pare avrebbero smesso di funzionare.
La reazione da parte dei 15 milioni di utenti russi che utilizzano Telegram è stata ovviamente prevedibile: rabbia e sgomento.
Appena si è capito che era in atto una totale repressione, gli utenti hanno iniziato ad appoggiarsi a nuovi server. Ma lunedì il capo di Roskomnadzor, Aleksandr Zharov, ha detto a Vedomosti che i server VPN sono nella lista nera, insieme a quelli di ogni altra azienda che offra una navigazione anonima.
Migliaia di servizi associati a IP di Amazon e di Google stanno affrontando un momento di difficoltà a causa di Telegram. E i giganti dell’online potrebbero chiedere a Telegram di passare su altri server.
Ma il fondatore di Telegram Pavel Durov ha reagito all’ultima decisione del tribunale con un freddo distacco: non si è presentato in aula e sostiene che l’accesso VPN possa essere la via da percorrere per tenere in vita Telegram.
Nel frattempo l’azienda sta continuando a inviare agli utenti piccoli aggiornamenti nel tentativo di tenere attivo il servizio.
I gruppi in difesa dei diritti hanno già alzato il livello di guardia, preannunciando la fine della privacy così come noi la conosciamo. Sarkis Darbinyan di Roskomsvoboda (che promuove la libertà di comunicazione) ha detto a Currenttime TV che “i sistemi VPN stanno diventando indispensabili per coloro che vogliono sentirsi liberi online”.
Nel frattempo la situazione continua a non essere chiara. Le cose sembrano peggiorare ma alcuni utenti segnalano di essere ancora in grado di inviare e ricevere messaggi senza utilizzare i sistemi VPN.
Intanto molti utenti di Telegram si stanno spostando su altre piattaforme di messaggistica, come Whatsapp, Viber, Skype e ICQ.

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