La Siria e il prezzo da pagare

: Dmitrij Divin
I Paesi occidentali spingono per ottenere le dimissioni di Assad, che continua a godere dell’appoggio di Mosca. Ma gli interessi dei russi potrebbero essere altri

Assad lotterà fino alla fine. Lo sostengono i giornalisti e i politici che si sono riuniti di recente con il Presidente siriano. Assad, dicono, continua a dimostrarsi leale alla comunità alawita, alla quale appartiene, e che rischierebbe di affrontare un genocidio nel caso in cui perdesse la guerra civile. Assad confida poi nel fatto che l’Occidente lo veda come il male minore rispetto allo Stato Islamico, permettendogli in questo modo di continuare a guidare il Paese

Tuttavia il Financial Times poco tempo fa ha pubblicato un documento nel quale sosteneva che l’ex direttore del Dipartimento centrale di Intelligence dello Stato Maggiore, Igor Sergun (morto all’inizio di gennaio) stesse cercando di convincere Assad a ritirarsi. Un’informazione negata dal Cremlino, interpretata da molti analisti russi come una semplice provocazione. 

Indipendentemente da come la si pensi, Mosca sta comunque cercando di convincere la comunità internazionale di esser un pilone portante per risolvere il conflitto siriano. E il futuro di Assad è stato una delle divergenze principali.

Il messaggio del Financial Times sembra quindi chiaro: Putin non ha alcuna influenza su Assad, oltre al fatto che la situazione sta minacciando la possibilità di un accordo di risoluzione tra Russia, Qatar e Arabia Saudita. 

Ogni Paese, d’altronde, porta avanti i propri interessi sullo sfondo dello scenario siriano. La Russia sta cercando di ottenere vantaggi politici dalla crisi. In questo senso, sarebbe importante che le dimissioni appaiano il più possibile volontarie. Sia Putin, sia altri politici russi hanno ripetuto che Assad lascerebbe l’incarico solo dopo le elezioni, dando al popolo siriano la possibilità di scegliere il proprio futuro.

Ciò significa che Mosca non si oppone a un cambiamento di potere se si tiene conto degli interessi dell’élite attuale, anche se ha suggerito, seppur in maniera cauta, che probabilmente l’attuale Presidente siriano resterà al potere.

Assad si dimostra il garante degli interessi russi e siriani. E cerca di ottenere dei vantaggi da ciò. È comunque evidente che Mosca è concentrata sullo spazio post-sovietico e non ha interessi a lungo termine in Siria, siano essi militari, politici o economici.

Il coinvolgimento militare russo in Siria è circostanziale e, probabilmente, è utilizzato per negoziare con l’Occidente, e in particolar modo con gli Stati Uniti. Detto in altre parole: Mosca potrebbe aiutare l’Occidente a salvare la faccia in Siria nel caso in cui venisse aiutata a risolvere le tensioni nel Donbass. Per questo Mosca sta dando priorità alla risoluzione del conflitto siriano, cercando di svolgere un ruolo chiave. In questo senso, il futuro di Assad e del regime non sono poi così importanti.

Fino a questo momento il Cremlino ha cercato di dialogare con Assad e ha preso in considerazione la possibilità che egli si ritiri in maniera volontaria e con dignità. Ha la possibilità di apparire come la persona che ha salvato il proprio Paese dallo Stato Islamico. Allo stesso tempo, Putin ha risorse sufficienti per fare pressione sul Presidente siriano, nel caso lo reputi necessario.

Nel caso in cui i negoziati tra Mosca e Damasco si rompessero a causa della posizione di Assad, non è da escludere che le forze aeree russe abbandonino Latakia. Perché la Russia dovrebbe investire soldi e risorse in un progetto che non gli offrirebbe nessuna vittoria politica? In realtà, nel caso in cui lo abbandonasse, potrebbe anche ottenere un certo vantaggio politico.

Nel caso in cui Assad non dimostri un atteggiamento costruttivo con la Russia e perda il suo appoggio, si ritroverebbe solamente con il sostegno dell’Iran. Per Teheran la perdita della Siria significherebbe un duro colpo nella lotta regionale con l’Arabia Saudita. Allo stesso tempo, il Paese persiano sta cercando adesso di ricostruire la propria economia dopo la revoca delle sanzioni. In ogni caso, nulla lascia intendere che si possano prendere misure così drastiche. Grazie al sostengo aereo della Russia, i generali siriani vedono la vittoria come una cosa possibile. Quindi non è probabile che vogliano tornare a lottare ancora una volta contro lo Stato Islamico per conto proprio.

Anche se si dovesse ridurre l’intensità degli attacchi aerei il morale delle truppe potrebbe risentirne e potrebbero sorgere problemi.

Per il momento tuttavia questi scenari sembrano abbastanza improbabili. Le notizie che arrivano dalla Siria sembrano indicare la Russia resterà lì ancora per un po’. Si parla anche della possibile realizzazione di nuova base aerea sulla frontiera con la Turchia.

Dal canto suo Assad, che dovrebbe soppesare bene le ragioni degli altri interlocutori, si muove nel tentativo di ottenere il massimo possibile dalle sue attese dimissioni. Ora ci stiamo riscoprendo testimoni della fase di contrattazione. E la questione non è tanto se Assad si ritiri o meno, ma quando e come ciò possa accadere.

Qui la versione originale del testo

Viaggio a Latakia, dove i russi sfidano l’Is

L'intervista:"Vi racconto com’è la guerra in Siria"

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