Arrivano le ruspe
Addio alle "khrushchevki"
Vitalij Mikhajlyuk
Giornalista
Nel febbraio scorso il sindaco di Mosca ha annunciato una massiccia opera di demolizione delle "khrushchevki", le inconfondibili case a cinque piani costruite al tempo di Khrushchev. E mentre si decidono le sorti degli inquilini, Rbth ha parlato con i residenti di queste vecchie abitazioni, che presto potrebbero finire sotto i colpi delle ruspe
I prototipi delle prime "khrushchevki" – case a prezzi popolari – comparvero a Mosca già alla fine degli anni Quaranta anche se la loro edificazione su larga scala iniziò nella seconda metà degli anni Cinquanta, nell'epoca di Khrushchev a cui si deve il nome di questi palazzi. Si tratta di grandi edifici che venivano costruiti in tempi record con costi molto contenuti. La stragrande maggioranza ha 5 piani (il primo piano in Russia corrisponde al piano terra, ndr), il numero massimo consentito dalle norme edilizie per non dover costruire un ascensore. Più rare erano le khrushchevki di tre o quattro piani. Niente ascensore, piccole metrature, soffitti bassi, isolamento acustico minimo: queste erano le caratteristiche generali. E gli inquilini dovevano mettersi il cuore in pace.

Come riportato da Kommersant, il 21 febbraio 2017, durante un incontro con Vladimir Putin, il sindaco di Mosca Sergej Sobyanin ha annunciato l'imminente demolizione delle khrushchevki. Secondo i numeri pubblicati da Kommersant il programma potrebbe riguardare circa 8.000 case per una superficie complessiva di 25 milioni di metri quadrati: un decimo della superficie abitabile di tutta la città. Nel caso in cui l'intervento fosse portato a termine 1,6 milioni di persone sarebbero costrette ad abbandonare le proprie dimore, ricevendo, secondo quanto promesso dal sindaco, appartamenti di dimensioni equivalenti nello stesso quartiere o in quelli limitrofi.

Non è ancora stata stilata una lista delle khrushchevki destinate alla demolizione. Le autorità cittadine hanno intenzione di preparare un primo elenco provvisorio entro il 1 maggio per poi passare alla votazione. Gli inquilini potranno votare "a favore" o "contro" e, sulla base della scelta della maggioranza, sarà deciso il destino di ogni singolo complesso abitativo.

I residenti si sono già divisi in due fazioni contrapposte: chi è pronto a difendere le proprie mura domestiche e chi invece lascerebbe oggi stesso e con piacere il vecchio appartamento cadente.
"È casa mia e devo difenderla"
Il palazzo di via Shvernika 12/2k1 (k1 equvale a "korpus" 1, ndr) si trova nel tranquillo quartiere di Cheremushki, un'area molto verde da cui è possibile raggiungere il centro città in una ventina di minuti. Cheremushki è considerata la patria delle khrushchevki. Da qui – a metà degli anni Cinquanta – partì il massiccio piano edilizio per costruire questi palazzi. Il primo venne eretto nel 1957 al n. 16 di via Grimau ed era di quattro piani. Dopo poco ne aggiunsero un quinto e di edifici simili fu ben presto tappezzato tutto il quartiere e poi l'intera Unione Sovietica.
Il palazzo a cinque piani di via Shvernika 12/2k1, costruito nel 1957, formalmente può essere definito una khrushchevka anche se ha ben poco a che fare con i prototipi dell'epoca: i soffitti sono alti 3 metri e la metratura di ciascun appartamento è superiore alla norma. Nel progetto era previsto persino l'ascensore ed era già stato creato l'apposito vano, anche se col tempo l'idea è stata abbandonata.

Venuti a sapere della demolizione gli inquilini hanno lanciato l'allarme: chi vuole lasciare una casa spaziosa in un quartiere comodo?
Anastasija Mednikova, inquilina del secondo piano
Le case sono buone, solide. La nostra in effetti avrebbe bisogno di essere rimessa a posto. Secondo i piani edilizi
la ristrutturazione è fissata per il 2027,
ma se riusciamo a evitare la demolizione chiederemo di accelerare i tempi
e di iniziare i lavori prima
Le case sono buone, solide. La nostra in effetti avrebbe bisogno di essere rimessa a posto. Secondo i piani edilizi
la ristrutturazione è fissata per il 2027,
ma se riusciamo a evitare la demolizione chiederemo di accelerare i tempi
e di iniziare i lavori prima
"Ho 33 anni e ne ho passati 20 in questa casa. Prima era l'appartamento di mia mamma, ora ci vivo con mio marito. Non ci tengo soltanto perché ha i soffitti alti o tanti metri quadrati, ma per i ricordi. Da quando vivo qui ho finito le superiori e l'università, mi sono sposata. La mamma ci ha abitato finché non è arrivata la sua ora.

Uno dei maggiori vantaggi di questa casa è sempre stato l'isolamento acustico. Io e mio marito siamo musicisti: lui scrive canzoni, suona la chitarra e ci esibiamo insieme. A volte lavoriamo agli arrangiamenti di sera, ma grazie alla buona tenuta del suono non abbiamo mai avuto problemi con i vicini. Abbiamo addirittura organizzato qui in casa dei concerti per gli amici, a volte arrivavamo a essere in trenta.

Da questo appartamento sono passati cittadini di tutto il mondo. Insegno russo per gli stranieri e da noi vengono spesso ragazzi per stage o scambio. Nel percorso di studi io e i miei colleghi cerchiamo di fare conoscere ai nostri ospiti anche la cultura del Paese. Una volta per esempio ho deciso di far venire a casa mia gli studenti asiatici per fare una lezione di cucina russa. Abbiamo preparato i bliny, i pelmeni e poi li abbiamo mangiati tutti insieme. Un'altra volta è venuto a trovarci un gruppo di ragazzi della Sierra Leone con i quali abbiamo cantato canzoni con la chitarra".
"Se demoliranno la casa e trasferiranno gli inquilini è poco probabile che ci ricapitino i soffitti alti tre metri, pareti così solide e isolanti. La qualità delle nuove abitazioni che vengono costruite in quest'area lascia molto a desiderare. C'è poi il rischio di finire nel quartiere vicino.

Insomma, credo che si debba difendere questo palazzo. Le case sono buone, solide. La nostra in effetti avrebbe bisogno di essere rimessa a posto. Secondo i piani edilizi la ristrutturazione è fissata per il 2027, ma se riusciamo a evitare la demolizione chiederemo di accelerare i tempi e di iniziare i lavori prima".
Aleksej Lysakov, inquilino del quarto piano
Io sono cresciuto in quest'appartamento, dalla seconda elementare frequentavo la scuola che c'è qui a fianco. Ci ho trascorso la mia infanzia e adolescenza. Nel cortile dove ora giocano i miei figli mi trovavo con i ragazzi del vicinato e giocavamo
a guardie e ladri oppure facevamo
le battaglie con le pistole ad acqua.
Il cortile è rimasto praticamente identico
Io sono cresciuto in quest'appartamento, dalla seconda elementare frequentavo la scuola che c'è qui a fianco. Ci ho trascorso la mia infanzia e adolescenza. Nel cortile dove ora giocano i miei figli mi trovavo con i ragazzi del vicinato e giocavamo
a guardie e ladri oppure facevamo
le battaglie con le pistole ad acqua.
Il cortile è rimasto praticamente identico
"La mia famiglia si è trasferita in questa casa più di trent'anni fa, io ero ancora un bambino. I miei genitori la scelsero apposta, sapendo che non era la classica khrushchevka, ma una casa ben fatta. Ora ci vivo con mia moglie e i nostri 4 figli. Tre stanze per sei persone non sono il massimo del comfort, ma a noi non serve altro".
"È che qui ormai ci abbiamo messo radici, io sono cresciuto in quest'appartamento, dalla seconda elementare frequentavo la scuola che c'è qui a fianco. Ci ho trascorso la mia infanzia e adolescenza. Nel cortile dove ora giocano i miei figli mi trovavo con i ragazzi del vicinato e giocavamo a guardie e ladri oppure facevamo le battaglie con le pistole ad acqua. Il cortile è rimasto praticamente identico. Due anni fa però hanno abbattuto un enorme pioppo che, quando ero piccolo, occupava un terzo del cortile.

È un posto tranquillo e comodo. Il palazzo ha cinque piani e 60 appartamenti e la superficie del cortile è la stessa che trovi in un qualunque complesso residenziale e ora si è liberato più spazio per i bambini e per parcheggiare la macchina".
Stepan Yakovlev, inquilino del quinto piano
Quando l'ho comprato, l'appartamento era in pessime condizioni. Avevamo pochi soldi quindi facevamo i lavori un po' per volta. Mi ricordo che avevo la macchina piena di materiale edilizio; non avevamo i mezzi per chiamare degli operai e trascinavo tutto da solo fino all'ultimo piano. Poi sono spuntati dei vicini che non avevo ancora fatto in tempo a conoscere e mi hanno dato una mano
Quando l'ho comprato, l'appartamento era in pessime condizioni. Avevamo pochi soldi quindi facevamo i lavori un po' per volta. Mi ricordo che avevo la macchina piena di materiale edilizio; non avevamo i mezzi per chiamare degli operai e trascinavo tutto da solo fino all'ultimo piano. Poi sono spuntati dei vicini che non avevo ancora fatto in tempo a conoscere e mi hanno dato una mano
"Mi sono trasferito in questa casa nel 2005. Prima avevo vissuto per vent'anni in una vecchia casa sul Lomonovskij prospekt (40 minuti dal centro della città con un mezzo) insieme alla mia numerosa famiglia, poi abbiamo deciso di trasferirci. Abbiamo cercato a lungo una soluzione adatta a noi, dato che i soldi erano pochi e volevamo avvicinarci ai nostri genitori che abitavano nel quartiere di fianco.

Ora ci stiamo in tre, io, mia moglie e nostro figlio. A volte viene a trovarci nostra figlia maggiore che vive da sola. Per me questa casa significa molto, è il primo appartamento di mia proprietà. Mi piace sentirmi il padrone di queste mura. Dato che vivo al quinto piano capita che il tetto perda. Telefono all'amministratore, mi dice che verranno l'indomani a ripararlo, ma il tetto perde oggi. Prendo il seghetto, taglio via il lucchetto della soffitta e tolgo da solo il ghiaccio. Un altro esempio: da quel lato della casa c'è una fermata dell'autobus. A un certo punto hanno deciso di allargarla e di coprire di asfalto l'aiuola intorno. Gli alberi stavano deperendo; per salvarli io e mio figlio lanciavamo dal quinto piano un tubo di gomma e ogni sera li bagnavamo. Un anno dopo gli alberi sono morti lo stesso, perciò quest'anno ne pianterò di nuovi nella parte dell'aiuola che non è stata toccata".
"Questo quartiere mi piace molto. Mi viene la pelle d'oca quando vedo il film "Ironia del destino", quando il protagonista Shirvindt passa accanto a un edificio che si vede dalla mia finestra. Qui ci abitano persone incredibili. Quando l'ho comprato, l'appartamento era in pessime condizioni. Avevamo pochi soldi quindi facevamo i lavori un po' per volta, ci abbiamo messo un anno a completarli. Mi ricordo che avevo la macchina piena di materiale edilizio; non avevamo i mezzi per chiamare degli operai e trascinavo tutto da solo fino all'ultimo piano. Poi sono spuntati dei vicini che non avevo ancora fatto in tempo a conoscere e mi hanno dato una mano.

La maggior parte degli inquilini è contraria alla demolizione anche se ci sono i favorevoli, che saranno in tutto quattro o cinque appartamenti su sessanta, e si tratta soprattutto di persone che vivono in kommunalka. Tra l'altro non capisco che cosa sperino di ottenere. La metratura delle nuove case sarà identica a quella della precedente abitazione (secondo quanto riferito dal vicesindaco per la politica edilizia di Mosca, Marat Chusnullin, la superficie abitativa dei nuovi appartamenti non sarà inferiore a quella delle precedenti abitazioni, anzi il totale potrebbe aumentare, nda). Se la maggior parte dei vicini dovesse votare per la demolizione mi dispiacerebbe molto. Però è giusto così, perché l'edificio è proprietà di tutti. Quando però arriva il sindaco e dice: "Butto già tutto e vi mando dove voglio" non è un discorso sensato. Ma sono ottimista e penso che riusciremo a difendere le nostre mura".
"Da fuori la nostra casa fa venire tristezza"
Gli inquilini del numero 6 di via General Rychagov sognano che il palazzo venga abbattuto. È un prefabbricato di cinque piani nel quartiere Koptevo, qui non c'è la metropolitana e soltanto nel 2016 hanno inaugurato una fermata dell'Anello centrale di Mosca (il Moskovskoe central'noe kol'co o MCK, ndr), ma ci vogliono comunque 50 minuti per raggiungere il centro. La casa venne costruita nel 1962 e a differenza di molte altre khrushchevki non è un prefabbricato in cemento ma in mattoni. Questo dettaglio riduce le speranze degli inquilini perché temono che prima sposteranno gli altri inquilini.
Irina Kopjeva, inquilina del primo piano
In cucina abbiamo messo qualche mobile e ora non c'è più spazio per il tavolo, lo abbiamo dovuto spostare in un'altra stanza. Anche se l'edificio è in mattoni l'acustica è terribile, sento i vicini che parlano nell'altro androne
In cucina abbiamo messo qualche mobile e ora non c'è più spazio per il tavolo, lo abbiamo dovuto spostare in un'altra stanza. Anche se l'edificio è in mattoni l'acustica è terribile, sento i vicini che parlano nell'altro androne
"Il palazzo è del 1962, l'anno in cui vi si è stabilita la famiglia di mio marito. All'inizio l'appartamento era di suo nonno, poi del padre e ora ci viviamo da quattro anni noi: io, mio marito e il nostro bimbo. Prima di trasferirci qui vivevamo in una palazzina nuova nell'oblast di Mosca. La casa era di gran lunga più comoda e spaziosa. Conoscevamo tutti i vicini, ci si invitava a cena, si passavano le feste insieme. Ma per mio marito era scomodo andare a lavorare e ci siamo dovuti trasferire.

Abbiamo fatto dei lavori di ristrutturazione, cambiato le tubature, l'impianto elettrico, il pavimento sotto il quale c'era un buco gigantesco; per quanto lo si metta a posto non è un bell'appartamento. Va bene per due persone, ma quando arriva un bambino ti rendi conto di tutti i suoi difetti. Il passeggino non ci sta nell'ingresso, devo lasciarlo vicino al divano perché non so dove altro metterlo. Mio figlio inizierà presto a gattonare, ma dove troverà lo spazio per farlo? Intorno al passeggino? A leccare le ruote?"
"Da quanto ne so queste case venivano pensate per essere occupate per 25 anni e noi ci viviamo da più di 50. Sono abitazioni vecchie e scomode. In cucina abbiamo messo qualche mobile e ora non c'è più spazio per il tavolo, lo abbiamo dovuto spostare in un'altra stanza. Anche se l'edificio è in mattoni l'acustica è terribile, sento i vicini che parlano nell'altro androne e i nostri bambini si mettono a gridare a tempo. Da fuori poi il nostro palazzo fa venire tristezza.

Per me è fondamentale "la temperatura domestica". Abbiamo rifatto l'appartamento, ma non è diventato più intimo. È piccolo, scomodo, non va bene. Se mi chiedessero se me ne voglio andare da qui, farei le valige stasera stessa. E mio marito e i nostri vicini la pensano come me. Non mi importa dove ci manderanno. Di nuovo fuori Mosca non ci torno, ma entro i limiti di questo rione rimango volentieri. Si possono costruire asili o strade ovunque, siamo pur sempre a Mosca".
"Non ha senso restaurare questo palazzo"
Il palazzo di via Vvedenskij n. 7 si trova nel quartiere dormitorio di Konkovo. Per raggiungere il centro con i mezzi ci vuole quasi un'ora. La distanza è però compensata dal silenzio e dalla tranquillità: entrando in cortile sembra di essere in una cittadina di provincia dove fino a sera tardi i bambini giocano fuori e i vicini si parlano dai balconi.

I vantaggi però finiscono qui, l'edificio è infatti pericolante. Già nell'androne si notano le crepe e la muffa sui muri e guardando gli appartamenti ti chiedi come sia possibile vivere in uno spazio così stretto. Gli inquilini aspettano da più di un anno che il comune li faccia sgomberare. Questa volta la fortuna sembra essere dalla loro parte: Oleg Soroka, vicepresidente della Commissione della Duma di Mosca per l'urbanistica ha dichiarato a marzo che i primi palazzi a essere demoliti appartengono alla serie I-515, proprio quella della casa di via Vvedenskij.
Tichon Ignatkin, inquilino del primo piano
Non ha senso restaurare un palazzo come il nostro. I tubi sono vecchi, si intasano di continuo. Si formano infiltrazioni, stiamo giorni interi senza acqua corrente. I muri si riempiono di muffa:
la togliamo e ricompare di nuovo.
L'anno scorso si è staccato un pezzo
di muro
Non ha senso restaurare un palazzo come il nostro. I tubi sono vecchi, si intasano di continuo. Si formano infiltrazioni, stiamo giorni interi senza acqua corrente. I muri si riempiono di muffa:
la togliamo e ricompare di nuovo.
L'anno scorso si è staccato un pezzo
di muro
"Io e mia moglie ci siamo trasferiti qui nel 2011. I miei parenti mi avevano lasciato la casa in eredità, non avevo scelta. Da un lato abbiamo avuto fortuna ad avere un appartamento a disposizione dove poter vivere senza i nostri genitori. Dall'altro la casa era malmessa già all'epoca.

Abbiamo subito provato a ristrutturarla perché era davvero disastrata. L'impianto elettrico era completamente bruciato, non c'era una presa che funzionasse. Quando ci siamo trasferiti il pavimento era pieno di buchi, si vedeva lo scantinato di sotto. Gli operai ci hanno messo tre mesi per riportarla a un aspetto decente.

Dopo la ristrutturazione per un po' è andato tutto bene, ma l'anno dopo bisognava già ricominciare daccapo. Il problema è che non ha senso restaurare un palazzo come il nostro. I tubi sono vecchi, si intasano di continuo. Si formano infiltrazioni, stiamo giorni interi senza acqua corrente. I muri si riempiono di muffa: la togliamo e ricompare di nuovo. L'anno scorso si è staccato un pezzo di muro. Siamo stati svegliati di mattina presto dal fracasso, abbiamo pensato che ci stessero bombardando e invece erano pezzi di intonaco che cadevano".
"Come tutti gli altri vicini speriamo davvero che buttino giù questa casa e ce ne diano una decente. Ci abitano soprattutto giovani famiglie che hanno ricevuto gli appartamenti in eredità. Siamo stanchi di vivere pigiati in queste stanzette insieme ai nostri figli.

A quanto abbiamo capito il nostro edificio rientra nella serie che verrà demolita per prima. Ci dispiace lasciarlo? No. È vero che abbiamo fatto un bella ristrutturazione, ma se non rifiuti il vecchio non puoi costruire il nuovo. Un altro appartamento sarà un'occasione per fare qualcosa di meglio".
Svetlana Dryga, inquilina del quarto piano
Non faccio lavori di ristrutturazione per principio. Credete che mi faccia piacere vivere in questo sfacelo? No, ma innanzitutto non ho soldi da spendere come mi pare e poi avevano promesso di demolire questa casa già nel 2003, nel 2005 e infine nel 2010
Non faccio lavori di ristrutturazione per principio. Credete che mi faccia piacere vivere in questo sfacelo? No, ma innanzitutto non ho soldi da spendere come mi pare e poi avevano promesso di demolire questa casa già nel 2003, nel 2005 e infine nel 2010
"Vivo qui da 20 anni, prima ci stavano i miei genitori. Ora ci abitiamo io e mia figlia, mio marito è morto. Mi ricordo che un tempo ci ritrovavamo tutti qui, in famiglia, facevamo delle grandi tavolate.

Col passare degli anni diventa sempre peggio: i tubi perdono in cucina e in bagno, una volta ne è scoppiato uno e ha allagato tutta la casa. Prima alle pareti c'erano alcune mensole, poi si sono staccate a causa delle infiltrazioni".
"Non faccio lavori di ristrutturazione per principio. Credete che mi faccia piacere vivere in questo sfacelo? No, ma innanzitutto non ho soldi da spendere come mi pare e poi avevano promesso di demolire questa casa già nel 2003, nel 2005 e infine nel 2010.

Avremmo la possibilità di trasferirci altrove, ma qui vicino c'è la scuola che frequenta mia figlia e anche l'istituto dove vuole continuare gli studi, quindi sarebbe bello non cambiare quartiere".
Nelli Mardanova, inquilina del quinto piano
Abbiamo smesso di fare lavori di ristrutturazione e ho dato il permesso ai bambini di scrivere sui muri. I tubi del bagno sono marci, si otturano di continuo. Quando piove abbiamo infiltrazioni dal tetto e la tappezzeria si gonfia come una vela. L'impianto di condizionamento non funziona, ci hanno fatto il nido i piccioni e ogni tanto li sentiamo tubare
Abbiamo smesso di fare lavori di ristrutturazione e ho dato il permesso ai bambini di scrivere sui muri. I tubi del bagno sono marci, si otturano di continuo. Quando piove abbiamo infiltrazioni dal tetto e la tappezzeria si gonfia come una vela. L'impianto di condizionamento non funziona, ci hanno fatto il nido i piccioni e ogni tanto li sentiamo tubare
"Vivo qui con mio marito e i miei due figli già da sei anni. All'inizio è stata durissima perché non riuscivo ad abituarmi. Sono arrivata a Mosca dal Tatarstan dove la mia famiglia ha una casa molto grande. Solo la cucina è di 25 metri quadrati, qui è di 4. Siamo in quattro in famiglia, ma non possiamo mangiare tutti insieme alla stessa tavola. Prima viveva con noi anche il nonno, ma se ne è andato perché lo spazio era troppo ridotto.

Quando ci siamo stabiliti era peggio ancora. Abbiamo cercato di rimettere un po' a posto, ma senza grandi risultati. Abbiamo smesso di fare lavori di ristrutturazione e ho dato il permesso ai bambini di scrivere sui muri. I tubi del bagno sono marci, si otturano di continuo. Quando piove abbiamo infiltrazioni dal tetto e la tappezzeria si gonfia come una vela. L'impianto di condizionamento non funziona, ci hanno fatto il nido i piccioni e ogni tanto li sentiamo tubare. Meno male che almeno gli scarafaggi se ne sono andati".
"La casa è in cemento e fredda. Mentre stavamo facendo i lavori ci siamo accorti che tra la parete e il pavimento c'era una fessura così grande da riuscire a guardare fuori. Abbiamo dovuto sigillare tutto con il silicone. Le finestre sono in legno e in uno stato tale che non permetto al bambino di avvicinarsi, tanta è la paura che vadano a pezzi.

Non sono case adatte a viverci, è da un pezzo che dovrebbero demolirle e non provo nessun rimpianto. D'altro canto non posso tornare nel mio Paese. È una regione ricca, ma non si riesce a fare carriera; qui a Mosca lavoro, sono responsabile di un negozio".
Testo di Vitalij Mikhajlyuk
Editing di Polina Kortina, Maxim Korshunov, Lucia Bellinello
Traduzione a cura di Giulia De Florio
Credit foto: Aleksej Nikolaev, Stepan Zharky
Design elayout di Polina Kortina, Anastasiya Karagodina, Slava Petrakina
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