Merjachenje: la strana malattia psichica degli abitanti del Nord della Russia

Russia Beyond (Foto: francescoch/Getty Images)
Alla fine del XIX secolo, i medici cominciarono a studiare un disturbo diffuso solo nelle zone più settentrionali del Paese. La gente cadeva in trance e sembrava come sotto ipnosi. Il paziente non aveva praticamente alcun ricordo delle sue azioni alla fine dell’attacco

“Il soggetto perde lucidità, ha allucinazioni spaventose: vede un diavolo, una figura terrificante o qualcosa di simile; il malato comincia a gridare, a cantare lamentosamente, a battere ritmicamente la testa contro il muro o a ruotarla da un lato all’altro, a strapparsi i capelli”. 

Così, all’inizio del XX secolo, il medico sovietico Sergej Mitskevich descrisse un tipico attacco di una malattia fino ad allora poco studiata e molto strana, di cui nella fattispecie soffriva una donna jakuta. La malattia fu chiamata “merjachenje” (меряченье) dal verbo jakuto “mirjachen”, che significa “essere posseduto”, “essere in uno stato di follia”. Casi della malattia furono registrati fin dalla fine del XIX secolo, ma solo nei territori della Siberia settentrionale. Il morbo non ha mai colpito le persone nelle parti centrali o meridionali del Paese. Nel Nord, la gente sembrava invece cadere nella follia di punto in bianco. A volte singolarmente, a volte in gruppo. 

I preoccupanti sintomi

Tutte le vittime hanno sempre sintomi simili: la persona improvvisamente si disconnette completamente dal mondo esterno, entra quasi in trance, e l’attacco è accompagnato da crampi e spasmi. L’etnografo Wacław Sieroszewski ha osservato l’intensa sofferenza fisica e mentale di queste persone. Ha scritto: “Il paziente ulula, urla, si lamenta, racconta storie folli, si agita, si dimena, si getta da un angolo all’altro, finché, esausto, si addormenta”.

Durante la crisi, la persona ripete impulsivamente le parole e le azioni di coloro che lo circondano ed esegue irriflessivamente gli ordini ricevuti, anche se sono azioni insensate o pericolose. “Se qualcuno salta o si colpisce davanti al malato, il malato farà lo stesso; può lanciare un oggetto fragile a cui tiene molto o anche lasciar cadere un bambino piccolo”, notarono i ricercatori del fenomeno. Ma se si cerca di trattenere la persona durante la crisi, di solito dà in escandescenze e mostra una forza inusuale. Ci sono numerose testimonianze in cui una tale persona, anche adolescente, non poteva essere trattenuta da diversi uomini.

Spedizione in Lapponia A. V. Barchenko (1922)

Tuttavia, se gli attacchi dei singoli potevano essere ricondotti a una temporanea follia, a un disordine mentale o a uno scherzo, l’attacco collettivo che colpì 70 persone in una volta sola destò serie preoccupazioni. Il caso si verificò nel 1870 in un distaccamento di cosacchi nell’unità della Bassa Kolyma, durante un’esercitazione. La compagnia cominciò improvvisamente a ripetere le parole del comandante, come se gli facesse il verso. L’ufficiale si arrabbiò e perse la calma, e con sua sorpresa sentì risuonare le sue stesse minacce appena pronunciate, ma dalla bocca dei soldati. Allo stesso tempo, tutti gettarono a terra i fucili. 

Una spedizione secretata

Si decise di iniziare una seria ricerca sulla “merjachenje” nel 1922. A quel punto si erano già accumulate molte testimonianza su questa “follia del Nord”. L’accademico Vladimir Bekhterev, uno psichiatra di fama, si interessò al fenomeno quando ricevette un rapporto da Grigorjev (se ne conosce solo il cognome), un medico ed ex esule del distretto di Lovozero, nella penisola di Kola. Osservando i focolai spontanei della malattia tra la popolazione locale, notò che focolai simili si verificavano nello stesso momento negli insediamenti vicini, e lo collegò inequivocabilmente alla comparsa dell’aurora boreale (la malattia fu soprannominata anche “il richiamo della stella polare” per questo motivo). La “merjachenje”, secondo Grigorjev, era “il risultato di qualche influenza esterna di carattere naturale”.

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Vladimir Bekhterev

Bekhterev fondò e diresse l’“Istituto del Cervello Umano”, che, oltre a studiare la fisiologia e l’attività psichica, cercava conferme scientifiche della telepatia, della telecinesi e dell’ipnosi. Inviò una spedizione nella penisola di Kola, guidata da Aleksandr Barchenko, un rinomato ricercatore esoterico. In effetti, lo scopo principale della spedizione non era quella psicosi polare, ma la ricerca dei resti della mitica civiltà iperborea (è stata cercata anche nella Germania nazista come patria degli Ariani). Ma i cekisti sovietici erano interessati in particolare alla psicosi, e la spedizione fu sostenuta personalmente da Feliks Dzerzhinskij, fondatore e direttore della Cheka, la prima polizia segreta sovietica. Così, quando Barchenko arrivò nella penisola, passò due anni a raccogliere accuratamente informazioni sulla malattia, e ne fu lui stesso una vittima! 

А. V. Barchenko (in alto a sinistra) con la spedizione alla

Vicino a Lovozero cercò di negoziare con gli sciamani locali per permettere alla spedizione di raggiungere l’isola sacra di Rogovoj. Nonostante avesse ricevuto un netto rifiuto, il gruppo si mise comunque in cammino. Lungo il percorso, vicino al lago Sejdozero si imbatterono in blocchi di granito rettangolari che assomigliano a piramidi, tratti lastricati (che sembravano i resti di un’antica strada), e poi in una grotta insolita, che andava sotto terra. Tuttavia, il gruppo non arrivò a destinazione. Secondo la loro testimonianza, tutti, nello stesso momento, sono stati colti da un terrore inspiegabile, e hanno perso il controllo di sé.

La spedizione in Lapponia di A. V. Barchenko

Barchenko, al suo ritorno, fece un rapporto sui disordini, ma non sono mai state tratte conclusioni sulla causa della psicosi. Il rapporto è stato secretato. I ricercatori moderni hanno chiesto informazioni all’Fsb su quel vecchio rapporto, ma è stato detto loro che tutta la documentazione è stata distrutta nel 1941 quando i tedeschi si sono avvicinati a Mosca. Lo stesso Barchenko fu accusato di spionaggio per l’Inghilterra e di aver creato un’organizzazione massonica controrivoluzionaria e fu fucilato il giorno stesso della condanna, il 25 aprile 1938. Anche altri membri del gruppo furono repressi alla fine degli anni Trenta.

La “maggiore suggestionabilità” dei popoli del Nord 

I popoli del nord della Russia ritengono che la “merjachenje” sia l’inizio della cosiddetta “malattia sciamanica” (“Шаманская болезнь”), poiché la possessione di massa durante i rituali magici dà sintomi simili a quelli delle persone che soffrono di “merjachenje”. Entrambi i fenomeni sono spiegati con gli “spiriti possessori”, ma se uno sciamano convoca spiriti volontariamente e può governarli, nel caso della “merjachenje” uno spirito possiede una persona senza la sua volontà e senza alcun controllo esterno.

Anche gli psichiatri vedono una connessione con lo sciamanesimo, ma collegano la “merjachenje” alla predisposizione generale della popolazione locale ai “disturbi psichici collettivi”. "La presenza di un gran numero di persone altamente suggestionabili ha creato nelle società tradizionali del Nord e della Siberia un clima psicologico speciale che ha aumentato l’importanza sociale dello sciamanesimo. Non è stato un caso che la morte di uno sciamano abbia causato una sorta di epidemia di malattie psicogene. […] Le epidemie cessarono quando uno dei malati divenne a sua volta sciamano. L’universo, disturbato dalla morte dello sciamano, venne infatti così ripristinato”, notano i ricercatori.

Indicano somiglianze con altre manifestazioni di isteria collettiva tra i cosiddetti popoli primitivi: la “lata” (presso i malesi), il “jumping” (presso i nativi nordamericani), l’“imubakko” (presso gli ainu), e tracciano paralleli con l’isteria. Si tratterebbe di un tipo di attacco isterico in cui, oltre ai sintomi soliti (grida, imitazione, allucinazioni), si aggiunge un sottotesto religioso: i malati non possono sopportare la presenza di attributi cristiani, preghiere e simili. 

Condizioni ambientali eccessivamente dure

Questo clima psicologico specifico non è apparso dal nulla, secondo gli scienziati. Lovozero, dove la prima spedizione partì per studiare la “merjachenje”, si trova proprio al centro della penisola di Kola. È circondato da tundra, taiga paludosa, in alcuni punti da colline. Qui è inverno per la maggior parte dell’anno. La notte polare, quando il sole non appare affatto nel cielo, dura un mese. Il giorno polare senza tramonto dura 52 giorni. Tutto questo deprime il sistema nervoso e influisce sulla salute. Lo psichiatra ed etnografo Pavel Jakobi ha scritto: “Il problema mentale collettivo si sviluppa solo con un diffuso esaurimento nervoso, in condizioni di stanchezza fisica, morale e intellettuale”. 

In un campo di lapponi

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L’etnografo Vasilij Anuchij ha ricordato come caso esemplificativo l’esilio politico nella zona di Turukhanskij (una regione della Siberia orientale, ora parte del Territorio di Krasnojarsk), che fu ampiamente utilizzato dopo la prima Rivoluzione russa, quella del 1905. Le persone deportate qui si lamentavano di insonnia, emicranie, problemi di cuore, dolore alla bocca dello stomaco, allucinazioni della vista e dell’udito, e irritabilità. “Su 112 persone mandate al confino nella zona di Turukhanskij, sei erano finite all’ospedale psichiatrico di Tomsk già un anno dopo”, ha scritto Anuchij, notando che l’esilio in quella zona fu infine abolito dal governo zarista, che lo trovò “eccessivamente crudele” (ma riprese in epoca sovietica).

Luci polari

I focolai di psicosi durante l’aurora boreale possono anche essere legati alla peculiarità della risposta dell’organismo alle perturbazioni della magnetosfera (le aurore boreali più luminose si verificano durante le tempeste geomagnetiche). Non è un caso che gli sciamani del Nord compiano rituali in quei momenti. Quindi, molto probabilmente, la “merjachenje” è causata da condizioni climatiche, socio-domestiche e fisico-geografiche allo stesso tempo. Non solo i nativi del Nord, ma anche i nuovi arrivati, infatti, che rimanevano a lungo nel Nord, si ammalavano spesso di questa malattia. 

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