La storia della roulette russa, il pericolosissimo gioco che sfida la morte e la matematica

Michael Cimino/Universal Pictures; EMI Films, 1978
Le origini di questo letale gioco d’azzardo sono incerte, e c’è chi le fa risalire al periodo zarista. Una cosa però è certa: ancora oggi molte, troppe persone si giocano la vita sfidando la sorte e le probabilità matematiche

Wulich […] con un gesto ci invitò a sederci intorno a lui. Gli ubbidimmo tutti in silenzio. […] Lo guardai fisso negli occhi; ma egli incrociò il mio sguardo indagatore con uno sguardo tranquillo e immoto, e le sue pallide labbra sorrisero; ma, nonostante il suo sangue freddo, mi sembrava di leggere la morte sul suo viso pallido. Avevo notato […] che spesso sul viso di un uomo che deve morire poche ore dopo c’è la strana impronta di un destino inevitabile [...]. 

“Lei adesso morirà”, gli dissi.

Si voltò in fretta verso di me, ma rispose lentamente e con calma.

“Forse sì, forse no”. Poi, rivolto al Maggiore, chiese se la pistola era carica. Il Maggiore, turbato, non ricordava bene. 

Questo brano tratto dal romanzo “Un eroe del nostro tempo” del grande autore russo Mikhail Lermontov descrive una scommessa fra due ufficiali dell’Esercito zarista, che vogliono scoprire se il destino è predeterminato o governato dal popolo.

In assenza di sufficienti prove empiriche, i due si affidano alla pistola e alla fortuna, realizzando un esperimento molto simile alla “roulette russa”, il letale gioco avvolto ancora oggi dal mistero. Infatti, nonostante la gente continui a morire per questo gioco d’azzardo estremo, si sa ancora poco sulle sue origini e sulla sua reale diffusione. 

Un divertimento per guardie e ufficiali

Ciò che si sa con certezza, è che la “roulette russa” ha ispirato scrittori e registi, che attorno a questo gioco hanno creato innumerevoli trame. 

Una teoria piuttosto popolare sostiene che il termine “roulette russa” sia stato coniato da Georges Arthur Surdez, un autore americano di storie d'avventura non molto conosciuto, che lo avrebbe utilizzato in un suo racconto breve pubblicato sulla rivista Collier's nel 1937.

La storia di fantasia è narrata da un soldato francese, che racconta come gli ufficiali russi - perlopiù coloro che avevano ormai ben poco da perdere dopo la Rivoluzione del 1917 - giocassero alla “roulette russa” praticamente ovunque: “A un tavolo, in una caffetteria, da amici”.

Stranamente, però, nessuno scrittore russo attivo prima della Rivoluzione bolscevica del 1917 ha mai menzionato la “roulette russa” nei suoi scritti o nella sua autobiografia. Anche Mikhail Lermontov, nel passaggio del libro che abbiamo citato all’inizio di questo articolo, descrive una situazione in cui si usava una pistola a un solo colpo anziché un revolver (la questione era semplicemente se fosse carica o meno).

Il revolver più diffuso nell'Impero russo al tempo della Rivoluzione era il “Nagant” M1895 a sette colpi. Poiché il personaggio dello scrittore Surdez descrive un revolver a sei colpi nel suo racconto, molti mettono in dubbio la veridicità dell’aneddoto: potrebbe essere stato un racconto di fantasia, creato dall'immaginazione dell'autore.

Una rivoltella Nagant M1895

Ma sono molte le teorie che cercano di rivelare la vera origine di questo gioco potenzialmente mortale. Nessuna, però, è mai stata dimostrata con certezza. C’è chi ritiene che la “roulette russa” sia nata come un metodo utilizzato dalla polizia per esercitare pressione sui sospetti catturati; altri, invece, suppongono che le guardie carcerarie costringessero i detenuti a giocare alla “roulette russa” facendo scommesse su chi sarebbe sopravvissuto. Altri ancora sostengono che abbia avuto origine all’interno dell’Esercito zarista come un trucchetto relativamente “sicuro” per impressionare facilmente gli spettatori.

Nel racconto di fantasia di Surdez, gli ufficiali hanno rimosso solo un proiettile dal cilindro del revolver, lasciando le altre pallottole al loro posto, riducendo così all’osso le loro possibilità di sopravvivere al gioco. Per quanto possa sembrare scioccante, nonostante il grave rischio, le probabilità di sopravvivere alla “roulette russa” sono relativamente alte se si gioca con un solo proiettile.

La matematica dietro al gioco della morte 

La “roulette russa” segue le leggi della teoria delle probabilità: la probabilità che la pistola spari aumenta a ogni singolo colpo, dato che c'è un numero fisso di camere vuote nel cilindro di un revolver e dato che il cilindro non viene ruotato dopo ogni colpo.

La variante classica si gioca con un revolver a sei colpi, ovvero un revolver che ha sei camere di cui solo una contiene un proiettile. Il cilindro viene fatto ruotare e fermato a caso. Il gioco inizia quando il primo giocatore posiziona la canna contro la testa e preme il grilletto.

Una scena tratta dal film

A parità di altre condizioni, la probabilità che la pistola spari al primo tentativo è da uno a sei, ovvero 16,6%; al secondo - 20%, al terzo - 25%; al quarto - 33,3%; al quinto - 50%; il sesto colpo è sempre fatale al 100%.

In altre parole, se tutti e cinque i colpi vanno a vuoto, il sesto spara sempre.

Il giocatore che spara il secondo colpo (ipotizzando che i giocatori siano solo due) ha un vantaggio: non avrà bisogno di sparare se il primo muore.

Ma se il primo giocatore sopravvive, le possibilità di sopravvivenza del secondo giocatore sono fortemente ridotte: ora la probabilità di sopravvivere è del 66,6%, contro l'83,3% che il primo giocatore aveva durante il primo tiro, a meno che il secondo giocatore non faccia girare di nuovo il cilindro del revolver.

È sempre vantaggioso per ogni giocatore far girare il cilindro prima di ogni tiro, perché in questo modo le probabilità di sopravvivere tornano all'83,3% iniziale.

Una scena tratta dal film

Per quanto possa sembrare sorprendente, un folle che decide di giocare alla “roulette russa” (e vi invitiamo seriamente a non farlo!!!), e lo fa solo una volta, è, teoricamente, uno dei favoriti per sopravvivere al gioco. Ma fin qui abbiamo parlato solo di statistiche: nella realtà, le conseguenze possono essere ben più drammatiche.

Le varianti moderne

La “roulette russa” è stata declinata in diverse versioni non letali: nella città russa di Perm, ad esempio, gli abitanti hanno costruito delle armi elettroniche non mortali per sfidarsi a colpi di revolver. 

Un po’ di tempo fa esisteva una app su Facebook chiamata “Social Roulette” la quale, proprio come la “roulette russa”, permetteva di mettere in gioco le proprie vite (virtuali). Se si perdeva giocando a “Social Roulette” venivano cancellati tutti i dati dell’utente presenti sul social network prima della vera e propria cancellazione.

Sorprendentemente, la gente continua ancora oggi a giocare alla versione originale e pericolosissima della “roulette russa”, come confermano alcuni casi di cronaca. Una ricerca scientifica ha analizzato 15 casi di morte per “roulette russa” avvenuti nel 2008 e li ha messi a confronto con 75 casi di suicidio commessi al di fuori di questo raccapricciante gioco. Sorprendentemente, lo studio ha scoperto che la maggior parte delle vittime della “roulette russa” era afroamericana, mentre i bianchi americani erano soliti utilizzare altre forme di suicidio. Dallo studio emerge che il ritratto del “giocatore tipico” della “roulette russa” negli Stati Uniti è un giovane maschio nero non sposato. 

Un altro studio medico condotto nel 1987 ha scoperto che le persone più propense a giocare a questo gioco d’azzardo potenzialmente letale erano molto meno depresse rispetto ad altre vittime di suicidio, ma avevano alle spalle una storia fatta di abuso di alcol e droghe

È agghiacciante rendersi conto che, in realtà, sono talmente tanti i casi di vittime della “roulette russa”, che i risultati delle indagini scientifiche potrebbero non tener conto dei numeri sommersi: la quantità di giocatori, infatti, potrebbe essere considerevolmente più alta rispetto ai dati riportati dalle statistiche. 

Forse potremmo non conoscere mai la vera origine di questo gioco mortale, ma possiamo supporre che potrebbe essere molto più diffuso di quanto si creda. L’invito ovviamente è quello di non provarci mai. Nemmeno per scherzo. 

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