Il gamer russo senza mani, che giocando con i piedi è diventato famoso nel mondo dei videogame

Foxvic
Viktor è nato con una paralisi cerebrale infantile, ma questo non gli ha impedito di farsi strada su Twitch

I primi giorni di streaming sono stati difficili per Viktor. Non era facile raccogliere tutta la determinazione ed uscire dal bozzolo psicologico in cui si era rinchiuso e a cui si era così abituato negli anni. A un certo punto accese la telecamera e se la puntò sui suoi piedi. Un piede reggeva un mouse da videogiochi, l’altro scivolava veloce sulla tastiera. Questi movimenti gli erano familiari. La cosa insolita era che ora qualcuno lo stava guardando.

“Volevo sapere come avrebbero preso la cose quelle persone che avevo il privilegio di chiamare amici da molti anni”, ricorda, un anno dopo il suo primo streaming su Twitch.

Con questi amici non si era mai visto. E loro mai avevano sentito la sua voce. Molti di loro non sapevano nemmeno in quale città vivesse Viktor. “A 500 km da Mosca. Ma in quale direzione, non è così importante”, risponde sempre a chi glielo chiede. Perché, di regola, ha paura che le persone, pur con le migliori intenzioni, inizino a cercare di persuaderlo di incontrarsi nella vita reale. “E non sono pronto per questo”, ammette. Questa è stata la prima volta che molte persone hanno appreso che l’adesso trentenne Viktor è affetto da paralisi cerebrale infantile. E lavora, comunica e fa streaming delle partite ai videogiochi con i piedi.

“I primi dieci anni di vita? In ospedale e nelle camere di decompressione”

La paralisi cerebrale infantile ha manifestazioni diverse e colpisce diverse parti del cervello; i sintomi della malattia congenita possono causare disturbi del movimento, disturbi mentali o entrambi. Secondo le statistiche, la malattia viene diagnosticata in due bambini su mille e il 30-50% di loro ha disabilità intellettive. Viktor ha avuto una completa perdita di controllo delle mani, l’incapacità di camminare, e danni alla voce. Allo stesso tempo, i processi mentali sono rimasti intatti. “Sono stato fortunato in qualcosa”, ironizza.

Per i primi dieci anni della sua vita, ospedali e cliniche sono stati la sua casa. Li ha girati tutti: ospedali cittadini, regionali, fuori regione, e anche uno straniero. E ha provato di tutto: agopuntura, camere a pressione, mucchi di pillole, e purtroppo anche decisioni non sempre corrette dei medici. E per tutto questo tempo Viktor è cresciuto, senza pensare che le sue capacità nel complesso fossero in qualche modo limitate. “Avevo veri amici, facevo passeggiate per strada e avevo molte cose che i miei coetanei non avevano. Per tutta la mia infanzia mi sono interessato solo di ciò che interessava anche gli altri. Terminator, Star Wars, Pokémon, spade laser, Harry Potter e quanta Coca-Cola ci fosse nel frigo. Come i miei genitori siano riusciti in tutte queste imprese in un momento in cui loro stessi erano ancora giovani e nelle condizioni degli anni Novanta, oggi possiamo solo provare a immaginarlo”, dice.

Poi un bel giorno nella sua vita è apparsa la prima console di gioco: un Sega. Gliela regalò suo padre e a qualcuno venne l’idea logica di mettergli il joystick ai piedi. A quel punto, faceva già molte cose con i piedi da diversi anni. Ad esempio, cambiava i canali con il telecomando o assemblava i Lego. In seguito la Playstation sostituì la console Sega, e poi entrò in casa il pc. Prima dei giochi online, il gioco era solo una delle sue tante attività. Ma il celebre “Lineage 2” cambiò tutto.

Due coetanei dell’Estremo Oriente ne parlarono a Viktor. Ma c’era un problema: il traffico internet limitato, che non gli consentiva di scaricare completamente il gioco. Mandare i genitori a cercare una versione specifica del client per il server su cui stavano giocando i suoi amici non sembrava una via d’uscita dalla situazione. Dopo aver parlato del problema, i ragazzi registrarono tutto il necessario su un mucchio di dischetti e li inviarono Viktor con un pacco postale, a ottomila chilometri di distanza!

“I primi giorni e mesi, sono andato fuori di testa per la sensazione di libertà che prima potevo provare solo giocando a GTA. Ma il fatto che tu fossi circondato da giocatori in carne e ossa rafforzava di molto questa sensazione”, ricorda.

Il mondo virtuale ha cominciato a sostituire quello reale.

“È indescrivibilmente importante sentirsi come tutti gli altri. E nel mondo virtuale è possibile”

La cosa più difficile è stata spiegare alle persone vicine perché trascorresse così tanto tempo in questo mondo virtuale. Per il resto dei giocatori, Viktor era un nerd, che sprecava la sua vita in stronzate coreane senza senso e tattica. Per le persone nella vita reale, era una persona che è deliziata dall’assedio di un castello inesistente (cioè, più o meno lo stesso: uno che butta via il suo tempo). Ma a Viktor, tutto sembrava diverso:

“Potevo frequentare persone, avevo un elenco completo di amici su ogni server, conoscevo la politica dei clan e delle alleanze, ma, soprattutto, avevo persone reali intorno a me per tutto il tempo. A volte mi limitavo a sedermi in città, a leggere i dialoghi dei passanti, e ci passavo intere giornate”.

Ma per lui c’era una condizione importante: mantenere l’incognito. “In modo che le persone potessero pensare di comunicare con una persona uguale a loro. Nella mia posizione, è indescrivibilmente importante non sentirmi diverso dagli altri”.

All’inizio, nel periodo 2003-2009, è stato molto facile rimanere “uno dei tanti”, perché quasi tutto su Internet era basato sulle comunicazioni testuali. Con l’avvento della comunicazione vocale, è diventato più difficile. “Usavo la scusa di non avere un microfono. In quasi tutti i giochi, però c’erano un sacco di persone che spingevano affinché ne comprassi uno”. Nel corso del tempo, Viktor è diventato più audace: ha iniziato a dire che taceva a causa delle sue condizioni di salute.

Streaming, amore e isolamento per tutta la vita

Durante il suo primo stream su Twitch a guardarlo c’erano quasi solo i suoi amici. Si sono riuniti in fretta, spargendo la notizia tra le comunità, senza neanche guardare alla data dell’ultimo messaggio scambiato: Viktor non parlava con nessuno da anni. “Inaspettatamente c’è stato molto supporto per me. Vedendo la loro reazione, mi è sembrato che quella per il gioco fosse la mia vocazione. È stata una grande opportunità di mettermi alla prova”.

Ora ha un programma preciso dei suoi streaming e dei giochi. Ogni sessione non dura più di cinque ore. Nell’angolo sinistro dello schermo c’è un segnale di avvertimento “Streamer without voice, chat only :)” [“Streamer senza voce, chattate soltanto :)”], in alto la scritta “Can’t use hands” [“Non posso usare le mani”], a destra, l’obiettivo per la raccolta delle donazioni. Recentemente c’era scritto: “Per il trasferimento della mia ragazza”. Viktor infatti ha una ragazza da quando ha iniziato a streamare: si sono incontrati durante uno stream del gioco Overwatch e hanno avuto un paio di partite congiunte. Vive a tremila chilometri di distanza da lui. Si sono visti due volte, festeggiando insieme il Capodanno 2020. Crede di essere incredibilmente fortunato.

Viktor dice che gli stream, pur con tutto il sostegno dei suoi spettatori, non possono essere una fonte di guadagno per lui; non ha abbastanza follower e i neofiti spesso guardano per 5-10 minuti e non tornano mai più. Pertanto, lavora come freelance, scrive articoli per portali di giochi e in futuro si cimenterà come tester di software.

“Ci sono stati e ci saranno altri formati di streaming alla moda. Il fatto di giocare con i piedi chiaramente non è sufficiente per trattenere il pubblico”, dice, e ammette di capire perfettamente che ciò che fa non è nemmeno unico; ci sono molti streamer con disabilità sulla rete. Uno degli esempi più notevoli è Mike “Brolylegs” Begum, della Florida, che gioca ai principali giochi di combattimento solo con l’aiuto della bocca. Viktor però non capisce perché chi gioca con i piedi sia meno apprezzato di chi lo fa con la bocca. Nelle chat con Viktor, non manca chi chiede di ravvivare il gioco almeno cercando di dire ogni tanto qualcosa, ma Viktor si rifiuta persino di mostrare la sua faccia.

“Il problema non è affatto la paura dell’odio o il rifiuto di se stessi”, dice Viktor, che fortunatamente non ha quasi nessun hater, “Ma le espressioni dei miei muscoli facciali dipendono fortemente dalle emozioni. E a causa della complessità della loro gestione non ho molte foto accettabili”. Inoltre, non vuole che le persone a lui vicine vedano cosa può accadergli durante i momenti di tensione. “Per parlare, devo concentrarmi al massimo e sforzarmi molto. E non credo che correre il rischio di non riuscire più a respirare per provare a parlare in streaming sia una buona idea. Dubito che qualcuno voglia vedere una cosa simile.”

Sa che le persone se ne vanno spesso dal suo canale a causa della mancanza di commenti vocali (dopotutto, gli streamer guadagnano popolarità proprio a causa della loro personalità, più che per l’abilità nel gioco), ma non sa ancora cosa poter fare al riguardo. I follower lo invitano a iniziare a dipingersi le gambe, facendone un elemento di “cosplay”. Viktor promette di pensarci su. Sotto ogni commento, scrive sempre “grazie per il suo supporto” o “si prenda cura di sé”.

Negli ultimi sette anni non è quasi mai uscito di casa. Certo, ha sentito parlare del nuovo coronavirus e della pandemia di Covid-19, ma questo non ha cambiato nulla nella sua vita. È difficile per lui capire perché sia stato così difficile per le persone rimanere a casa in auto-isolamento, quando lui è isolato dal mondo esterno da quasi tutta la vita e non si annoia mai, se c’è almeno un libro nella stanza. E se gli chiedete cosa vorrebbe, se avesse a disposizione un solo desiderio con una probabilità di realizzazione del 100%, risponde: “Non la correzione della mia condizione fisica”. Perché, in primo luogo, “ci sono persone in condizioni ancora più difficili, e non me la sento di lamentarmi”, e in secondo luogo, perché “in fin dei conti, sono solo sciocchezze”.

“Penso che il mondo non abbia visto tante cose belle, perché sono state bloccate dalle parole di qualcuno: ‘Non ci riuscirai’. Pertanto, il desiderio che chiederei di realizzare, è che le persone abbiano più fiducia. In sé stesse, nelle idee dei loro amici e dei loro cari. Certo, potete dire che queste sono tutte posizioni ingenue e idealistiche; ma in realtà è davvero importante. Vorrei proprio che le persone non avessero paura di vivere nel modo che ritengono opportuno”.


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