Prosegue senza sosta la lotta al coronavirus in Italia. L’8 aprile il Ministero russo della Difesa ha annunciato che nel nuovo ospedale da campo di Bergamo, costruito in tempi record in una delle province italiane più colpite dal coronavirus, i medici militari russi e i colleghi italiani hanno iniziato ad accogliere i primi pazienti. Abbiamo ripercorso le fasi di realizzazione della struttura, considerata un hub di riferimento per la cura del coronavirus nel nord del paese.
Il nuovo ospedale di Bergamo è stato costruito in soli dieci giorni sul polo fieristico di via Lunga grazie al lavoro degli Alpini e dei volontari della Protezione Civile, sostenuti da Emergency e dal contributo di tantissimi privati e aziende che hanno messo a disposizione professionalità e mano d’opera.
In corsia, anche il virologo russo Aleksandr Semenov, arrivato a fine marzo insieme agli altri specialisti inviati da Mosca per aiutare l’Italia stremata dall’emergenza sanitaria. Attraverso il suo profilo Facebook, Semenov racconta la quotidianità di chi combatte giorno e notte contro il virus.
L’accoglienza riservata agli specialisti russi è stata accompagnata da un buffet nel quale, ovviamente, non poteva mancare il borsch, la zuppa slava per eccellenza, preparata appositamente per lo staff russo in segno di ringraziamento. “Scusate, è la prima volta”, ha precisato il cuoco su un cartello, come per farsi perdonare nel caso in cui il risultato non fosse all’altezza delle aspettative.
“Ecco come ci hanno accolto. Oggi c’è stata una piccola festa, con una grande sorpresa per tutti”, ha raccontato Semenov, commentando la foto del borsch. Un esperimento culinario apprezzatissimo, ma evidentemente non del tutto riuscito. Secondo lo stesso Semonov, più che un borsch è risultata essere una semplice zuppa di rapa rossa, “o più precisamente, una zuppa di rapa-cavolo-patate in brodo di carne. Ma nessuno si è arrabbiato”, perché, come ha raccontato il medico, “innanzitutto era molto buona, e poi perché tutti abbiamo nostalgia della cucina di casa...”.
I primi pazienti sono stati trasferiti dall’ospedale Papa Giovanni XXIII il 4 aprile.
“È iniziata la fase di disinfezione finale. Tutte le nostre osservazioni sul regime sanitario antiepidemico sono state prese in considerazione. Sono contento che il dottor Valoti, a capo dell’ospedale, si sia dimostrato flessibile e disposto a scendere a compromessi: è importante che i nostri medici e infermieri possano lavorare in massima sicurezza”, ha detto Semenov.
L’ospedale è composto da tre blocchi, uno di terapia intensiva, e altri due per i pazienti meno gravi, ha spiegato il virologo. I posti letto sono 142, 72 dei quali destinati alla terapia intensiva e sub-intensiva, e i restanti a chi sta uscendo dalla fase critica. Qui lavorano più di 200 specialisti, italiani e russi, così come si legge anche sul sito del Ministero russo della Difesa. I primi pazienti sono stati accolti e curati da 32 fra medici e infermieri militari russi, divisi in 8 squadre.
Gli specialisti russi si alternano in tre turni per garantire l’assistenza ininterrottamente, 24 ore su 24.
“I medici russi hanno accolto i primi quattro pazienti e stanno portando avanti le cure”, ha fatto sapere alla Tass l’ufficio stampa del Ministero russo.
E così come raccontato da Aleksandr Semenov, uno dei pazienti italiani si è già innamorato di un’infermiera russa. “È addirittura pronto a sposarla - ha scritto Semenov su Facebook -. L’interprete ha confermato le intenzioni dello ‘sposo’. Ma era tutto chiaro anche senza traduttore: uno così non sembra avere nessuna intenzione di arrendersi facilmente”.
Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email