Perché la hostess russa che ha salvato 43 vite non è ancora stata premiata?

Zvezda TV
A differenza dei suoi colleghi del volo atterrato in un campo vicino a Mosca il 15 agosto scorso, Elena Laputskaja, che a fine giugno aveva agito eroicamente durante un altro incidente aereo, non ha ricevuto nessuna medaglia. Perché è donna o perché il suo eroismo è avvenuto non alle porte di Mosca ma nella lontana provincia russa?

“I minuti prima della tragedia aerea”. Questo video ha fatto il giro dell’Internet russo nell’ultimo mese e mezzo. In esso, un piccolo aereo passeggeri di un volo interno di linea in Russia è costretto a effettuare un atterraggio di emergenza. Ripreso da un passeggero, vi si vede il velivolo sorvolare aree abitabili, quindi sfrecciare a velocità folle sulla pista, per poi essere fermato dall’impatto contro un edificio. L’autore del video avrebbe potuto rimanere ucciso, se non fosse stato per gli sforzi di una donna. 

Elena Laputskaja, 41 anni, si è rotta diverse costole, ma ciò non le ha impedito di darsi coraggio e diventare l’unica persona a mettere in atto procedure di emergenza, salvando 43 vite a bordo dell’aereo. “Ha fatto l’impossibile”, hanno detto i media. Ma poi è stata subito dimenticata. 

Ironia della sorte, il suo eroismo è venuto finalmente a galla solo tempo dopo, ed è stato per una ragione completamente diversa.

“Ho capito che il mio equipaggio era morto” 

L’aereo AN-24, operato dalla compagnia aerea Angara, era in rotta dal capoluogo della Buriazia, Ulan-Udè, alla piccola località di Nizhneangarsk (5.500 chilometri a est di Mosca) il 27 giugno 2019. Il volo stava procedendo come previsto, poi i problemi sono iniziati poco prima della discesa: un motore si è spento a circa 30 chilometri dalla meta.

I passeggeri e l’equipaggio hanno capito in breve cosa stava accadendo, e un passeggero in seguito ha raccontato che tutti erano consapevoli della situazione, ma nessuno fu preso dal panico. “E quando l’aereo è finalmente atterrato, c’è stato un senso di sollievo, ma poi…”

L’AN-24 si è diretto a destra rispetto alla pista su un campo, attraversando altri 100 metri e andando a sfondare l’edificio di un impianto di depurazione. Il motore destro ha preso fuoco. Il capitano, Vladimir Kolomin, e il tecnico Oleg Bardanov sono morti sul colpo. Il secondo pilota è uscito dalla botola di sicurezza della cabina di pilotaggio avvolta dalle fiamme ed è sopravvissuto. C’era una sola assistente di volo per i 43 passeggeri: Elena Laputskaja.

“Non appena l’aereo è atterrato, ho capito che la situazione era grave, che dovevo agire in fretta. E quando si è spostato dalla pista, ho capito che le cose stavano andando male. Poi c’è stato un forte impatto. È stato allora che ho capito che probabilmente i membri del mio equipaggio erano già scomparsi. Ma non mi sono fatta prendere dal panico, sapevo cosa dovevo fare”, ha ricordato Elena in un’intervista alla Komsomolskaja Pravda

Ancora prima che l’aereo andasse in fiamme, è riuscita ad aprire le porte di emergenza. È così che si è rotta tre costole e si è ferita una gamba. Le ci sono voluti solo cinque minuti per evacuare l’intero aereo, compresi i disabili. È stata l’ultima a uscire.

Evidente ingiustizia 

A seguito dell’incidente, la compagnia aerea ha scritto al Ministero dei Trasporti chiedendo che Elena venisse premiata per il suo coraggio e il suo sacrificio. Ma la decisione è stata rimandata. Ciò che ha fatto ricordare a tutti di lei è stato l’altro recente “miracolo”, quello del 15 agosto, quando due giovani piloti sono riusciti a far atterrare un aereo passeggeri in un campo di grano a Mosca con i serbatoi pieni di carburante, salvando 233 vite a bordo. Loro sono stati immediatamente insigniti dell’ordine di Eroi della Federazione Russa, e anche il resto dell’equipaggio ha ottenuto delle medaglie al valore.

Ed è allora che questo lieto fine è servito da trampolino di lancio per ricordare alle persone la storia della Laputskaja. Ma anche dopo che gli altri piloti e assistenti di volo hanno ottenuto le loro medaglie, Elena non ha ancora ricevuto nulla.

“Sullo sfondo della ricompensa senz’altro giusta all’equipaggio di Ural Airlines, la situazione della Laputskaja appare un’ingiustizia lampante. Sembra che se si verifica un’emergenza vicino a Mosca, gli eroi vengano premiati, mentre se l’eroismo viene compiuto a Nizhneangarsk, è troppo lontano e chi se ne frega!”, ha scritto online un giornalista di Rossiya-1. E il suo commento è solo uno delle centinaia di questo tipo.

Il malcontento pubblico si è trasformato presto in una campagna, ed è stata persino scritta una lettera al presidente Vladimir Putin affinché si occupi della questione.

Elena ha trascorso tre settimane in ospedale, le sue costole non sono ancora guarite in questo momento, e l’ematoma sulla sua gamba si rifiuta di andare via. In un’intervista ha affermato di non attendersi medaglie per le sue azioni, e che il merito di aver salvato vite non è da ascrivere solo a lei: “Penso che [i piloti] abbiano indirizzato deliberatamente l’aereo verso quella struttura di depurazione. Il velivolo non si stava fermando, e avremmo continuato la nostra corsa verso una zona con molte persone…”. Elena è in aviazione da 18 anni e non ha intenzione di fermarsi.

 

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