Era la calda e solatia estate del 2015. Una vera rarità per San Pietroburgo. Aleksandra Kudelina, per gli amici Sasha, compiva 20 anni, attendeva l’inizio della sessione estiva degli esami e intanto, per guadagnare due soldi, si era trovata un lavoretto notturno alla reception di un albergo. I suoi piani erano quelli di tutti: laurearsi quanto prima, uscire con gli amici, conoscere qualche ragazzo… godersi la giovinezza, insomma. Ma poi accadde qualcosa di assolutamente inaspettato.
“Non sapevo di cosa si trattasse. Iniziarono a farmi male il basso ventre e la zona dei reni. Quando mi capitava, dovevo correre alla toilette. E capitava anche venti volte al giorno! Perdevo molto sangue.”
Arrivò la diagnosi: colite ulcerosa. Dopo quattro anni di sofferenze le hanno asportato completamente l’intestino crasso. L’operazione, che si chiama colectomia, è la misura estrema, quando nessuna cura è efficace. Dopo questa brutta esperienza, Sasha ha aperto la pagina Instagram Sasha_govorit (“Sasha parla”), dove ha iniziato a raccontare la sua vita prima e dopo l’intervento chirurgico. Pubblica foto felici, e nella descrizione del blog si legge che “una diagnosi non è una condanna”.
Ma quando alcuni mass media hanno iniziato a raccontare la storia di Sasha, ci sono state anche reazioni di segno negativo: “Sul mio profilo Instagram non vedo commenti contro di me, ma sui portali ho visto reazioni molto contrariate. Le persone scrivono “Perché devo vedere una cosa del genere?” o “perché spaventate i bambini?”. Il commento negativo più frequente è “metti in imbarazzo chi ti sta vicino”.
“Mi sono seduta sul pavimento e ho iniziato a gridare”
“Non ricordo di essermi resa conto di quello che mi stava succedendo. Ho capito che era una qualche malattia spiacevole. Ora cerco di ricordare quello che ho provato quando mi è stata comunicata la diagnosi… Credo che la reazione sia stata: ‘Ok, va bene. Vuol dire che vivrò in questo modo.’ Non sapevo ancora che mi avrebbero rimosso l’intestino crasso e che io, una ragazza giovane, avrei dovuto camminare con una sacca esterna”, racconta Sasha a Russia Beyond.
La colite ulcerosa è una malattia autoimmune. Ne soffre meno dello 0,1% della popolazione: a seconda dei Paesi, ogni 100 mila persone colpisce da 35 a 100 persone. Di norma, la predisposizione genetica e l’ambiente sfavorevole sono le cause. Per qualcuno, la malattia può essere innescata assumendo antibiotici, per qualcuno la causa è l’amore per i cibi grassi. Per Sasha la causa scatenante fu probabilmente lo stress: un conflitto sul lavoro; un sovraccarico di fatica dovuto al turno di notte. La maggior parte delle persone attraversa periodi di “remissione”, ossia di miglioramento in termini medici. Ma a volte la remissione dura poco e tutto ricomincia.
“Ora ricordo: il 9 luglio, lunedì, mi dimettono dall’ospedale; tutto è a posto, c’era un po’ meno sangue, anche se non se ne era andato completamente. Il 15 luglio, progettavamo di uscire con gli amici per assistere alla finale dei Mondiali. Fuori, il tempo era incredibilmente soleggiato, indossavo un vestito sottile e di colore chiaro e dei sandali.
Vado in metropolitana con un amico e sento che lo stomaco comincia a farmi male. Mi accorgo di dover andare subito in bagno. Salgo la scala mobile con gli occhi fuori dalle orbite, debole e con le vertigini. Salto fuori dalla metropolitana nel centro della città e la prima cosa che trovo è un Kfc. Volo al piano di sopra e capisco che tutto è finito; non ce l’ho fatta a resistere. Vado veloce, le lacrime scorrono dagli occhi e il sangue scorre lungo le gambe senza fermarsi. Mi trascino a malapena attraverso il Kfc; al gabinetto c’è una fila gigante e solo due posti. Passo avanti a tutti. Le porte sono chiuse, mi siedo per terra e comincio a urlare forte perché non sapevo cosa fare. In tutto questo vedo una donna delle pulizie che mi dà un rotolo di carta. Mi sono tolta il vestito e ho cominciato a pulirmi alla meglio.”
Questo caso non è stato l’unico. Ce ne furono molti. Dopodiché, non sorprende che l’operazione per rimuovere l’intestino e la prospettiva andare avanti con la stomia (un’apertura praticata sull’addome che permette la fuoriuscita di feci in una sacca artificiale esterna) per il resto della vita non sia la peggiore. “Non è stata una decisione difficile. Non mi importava più”, dice.
Non è così spaventoso come sembra
Sasha non ha avuto problemi a decidersi per la stomia. Neanche i suoi genitori e gli amici stretti. Tutti gli altri sì. Ha iniziato a ricevere chiamate da parenti e conoscenti che sapevano della cosa: “Mi dicevano ‘pensa a come sarai senza un organo, ti sfigurerai’. E mi ripetevano che nessun ragazzo mi avrebbe più voluta e che non avrei potuto avere bambini in quelle condizioni.
“In Russia, c’è un atteggiamento complesso nei confronti delle persone con uno stoma, perché di solito non viene visto; tutto rimane sempre accuratamente occultato sotto i vestiti. È ancora considerato indecente da mostrare. Per ora, per esempio, non sono moralmente pronta a comparire in costume da bagno su una spiaggia russa. Le persone semplicemente non sanno cosa sia e come funzioni. Pensano che vedranno qualcosa di terribile uscire da me. O che io puzzi. Ma le persone con problemi di vista non hanno vergogna a indossare gli occhiali. Perché dovrei vergognarmi di camminare con un costume da bagno due pezzi e la mia sacca color pelle?”.
Nei quattro anni con la colite ulcerosa Sasha viaggiava di tanto in tanto. Farlo con una diagnosi del genere è difficile. Molti medici in Russia hanno un’opinione chiara su questo. “Quando ho ricevuto il riconoscimento della disabilità e i medici hanno appreso che ero in viaggio, mi hanno detto che era da pazzi viaggiare con una diagnosi del genere; persino andare alla dacia. Sì, sfortunatamente, a causa del fatto che posso viaggiare, che sorrido e che sono ancora una ragazza carina le persone a volte provano un profondo fastidio”.
A Sasha non piace farsi quella domanda che spesso si fa chi ha malattie debilitanti: “Perché proprio a me?”. Dice che lei la evita, che è un pensiero inutile e distruttivo. Molte persone stomizzate hanno gravi problemi ad accettarsi. “Ho aperto un blog per aiutare chi sta già vivendo o dovrà vivere in questo modo. Non sto mica facendo propaganda alla colectomia! Voglio solo dire che vivo felicemente, e che non bisogna avere paura.”
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