Nell’aria c’è un forte odore di pneumatici bruciati. Due Toyota Mark II tuning si avvicinano alla linea dello start. Una folla di tifosi circonda le macchine.
Il presentatore fa conoscenza con i piloti e li annuncia al pubblico. Poi tutti, tranne una ragazza, si spostano dietro una linea di sicurezza. “Sei pronto?”, chiede a un pilota alla volta la ragazza. Entrambi fanno cenno di sì, sfanalando. Lei all’improvviso alza in alto le braccia e dà il segnale di start.
Migliaia di piloti più o meno improvvisati fanno parte del movimento di Street racing di Mosca. Studenti su vecchie zhigulì e figli di papà su Porsche e Bmw si riuniscono una volta a settimana per l’adrenalina della velocità. I membri di questa comunità semi illegale possono essere riconosciuti dall’adesivo sul paraurti posteriore.
Nella notte prima della gara centinaia si macchine si riuniscono sulla Collina dei Passeri e si dispongono in file lungo il Viale Kosygin. Ci sono tanto costose auto di fabbricazione straniera come economiche Vaz russe, spesso modificate fino a essere quasi irriconoscibili.
In testa a questa colonna ci sono due enormi amplificatori. Tra di loro viene steso lo striscione del club dei “piloti” da strada di Mosca, lo “Speedhunters”. Un emoticon nero su sfondo arancione dall’aria sfrontata simboleggia il coraggio e il gusto ribelle di questi appassionati di corse, sempre pronti ad andare contro le regole, a caccia di adrenalina.
Vicino agli amplificatori c’è un uomo che grida nel microfono: “Non tirare dritto! Mettiti alla prova nelle corse su strada! Ottieni un mare di emozioni positive e di adrenalina!”. È un tipo massiccio, e vicino a lui c’è una biondina che a gesti cerca di attirare le auto di passaggio a unirsi alla corsa. Non sono pochi quelli che si fermano.
“Stavamo semplicemente passando di qui, abbiamo sentito cosa diceva il tizio al microfono e abbiamo deciso di fermarci a vedere di cosa si trattava”, dicono due studenti su una Toyota dal tuning grossolano. Lo spoiler gigante, l’assetto ribassato, la carrozzeria a colori vivaci mi fanno però pensare che i ragazzi cerchino di fregarmi, e non siano certo qui solo di passaggio, ma semplicemente non abbiano voglia di parlare delle loro cose con uno sconosciuto.
L’imbonitore che grida al microfono è conosciuto da tutti come “Garpukha”. Il suo vero nome è Andrej, ed è lo showman di Speedhunters.
“Con gli sbirri non abbiamo noie. Che pensi, se le corse si fanno ormai da nove anni, dal 2010, e se finora non le hanno vietate, che significa? A volte qualche problema nasce, ma lo risolviamo in fretta”, dice Andrej.
Garpukha fa un po’ il gradasso, ma gli organizzatori delle corse, in realtà, cercano di non dare troppo nell’occhio. “A noi i giornalisti non piacciono”, taglia corto l’organizzatore e chiude il finestrino della macchina, mettendo subito fine al nostro breve dialogo.
Meno escono notizie sulle corse, meglio è per gli organizzatori. Troppa visibilità può portare non solo nuovi membri, ma anche nuovi problemi con le autorità cittadine. E questo, come è evidente, non giova a nessuno.
Speedhunters è l’ultimo baluardo dei fanatici “Fast and Furious” di Mosca. “In passato si riunivano al VdnKh, ma adesso là non c’è più nessuno”, dicono tre ragazzotti, che sono arrivati sulla Collina dei Passeri su una Kia truccata. La musica dalla loro macchina è così assordante che può essere sentita in tutto l’enorme quartiere che ospita la principale università del Paese.
“Correte oggi?”, chiedo.
“Noi pratichiamo un altro sport”, dice uno dei tre, e apre lo sportello della Kia, mostrandomi che al suo interno sono montati ben dieci altoparlanti di varie dimensioni. E anche gli altri sportelli sono equipaggiati allo stesso modo.
Quando mancano pochi minuti all’una di notte, gli organizzatori cominciano a smontare la tenda, e i “piloti” iniziano a cercare di indovinare dove si terrà la corsa di oggi. Il luogo della gara è tenuto segretissimo fino all’ultimo minuto. Tutti attendono pazientemente, ascoltano la musica, fumano i narghilè piazzati nel bagagliaio e chiacchierano del più e del meno.
All’una esatta, l’auto degli organizzatori passa a tutta velocità e dà il segnale di mettersi in coda. Tutti corrono al volante e si precipitano in fila.
La colonna procede a file di due o tre macchine, lasciando la corsia più a sinistra dell’enorme stradone a disposizione del normale traffico. Tutti avanzano con le quattro frecce accese. L’interminabile serpente di auto, illuminato dalle frecce lampeggianti, è chiaramente visibile anche quando si allontana per diversi chilometri lungo Corso Lenin. Gli organizzatori lo guidano verso la Regione di Mosca, fuori dalla città.
A un certo punto, le luci lampeggianti si ammassano e si forma un ingorgo. Dietro a una svolta c’è il paradiso per i corridori di oggi.
Una piccola discesa conduce a una strada perfettamente dritta e larga. È chiusa a tutti tranne che agli street racer. Sono un 400 metri di asfalto libero e liscio. Qui si terrà la gara di velocità.
Gli organizzatori riscuotono 500 rubli (6,90 euro) a macchina per l’ingresso. Da una sola serata di corse possono incassare anche 250 mila rubli (3.443 euro), a contare il numero di macchine presenti oggi (almeno 500 vetture).
A quanto dice uno street racer che vuole restare anonimo, tutti i soldi vengono spesi per le ballerine di Go-go dancing, le attrezzature musicali, l’organizzazione dei fire show e il “contratto” (leggasi, le bustarelle) con la polizia stradale. “Agli organizzatori, tolte le spese, restano sì e no i soldi per la benzina”, dice il “pilota” al giornale “MK”.
A chi ha pagato, viene attaccato sul parabrezza un piccolo pezzo di carta di un certo colore, diverso ogni volta. Quindi allo start è possibile identificare chi fosse riuscito a imbucarsi.
Con i furbi, che cercano di aggirare il pagamento, gli organizzatori sono estremamente duri. Due che ci hanno provato, sono costretti a fuggire in tutta fretta, per evitarne l’ira. E probabilmente, con questa bravata, si sono privati della possibilità di partecipare alle corse per tutta la vita.
Gli street racer in regola entrano nella strada chiusa e parcheggiano i loro veicoli lungo la strada. Ci sono così tante macchine che per arrivare alla linea dello start bisogna camminare cinque minuti. La passione ormai ribolle.
Una fila infinita di auto si allunga fino alla linea di partenza, dove viene montato un sistema tecnologico per rilevare le eventuali false partenze. I piloti possono scegliere se partire al segno di un semaforo o di una ragazza non troppo vestita.
A entrambi i lati della linea di partenza si ammucchiano gli spettatori. Qui vendono tè e caffè e preparano persino gli shashlik. Per chi oggi non guida, c’è pure il whisky a disposizione. Si riprende a fumare il narghilè dai bagagliai delle macchine. Per gli street racer più amati si fa il tifo gridando felici. C’è l’atmosfera della festa. Mentre più lontano dalla start si cercano accordi.
“Che motore hai? Che tipo di cambio? Che testata?”, gli street racer cercano un avversario della loro categoria. Si tende a voler mettere una contro l’altra macchine paragonabili per potenza: le turbo corrono solo tra di loro, e chi ha il cambio manuale non si batte con chi ce l’ha automatico.
“Io partecipo a ogni corsa”, dice Anton, che guida una Kia Rio. “Quest’anno ci sono già state quattro uscite e tutte le volte, tranne una, ho vinto. Da quando l’ultima volta ho perso, provo un bruciante sentimento di sconfitta. Oggi voglio cancellare lo smacco con una bella vittoria”.
Scommesse qui non ne fanno né i piloti né gli spettatori. Lo spirito di competizione deve reggersi solo sull’interesse sportivo e su nient’altro. Anche se niente proibisce ai piloti di mettersi d’accordo in privato su una ricompensa in denaro, eludendo il controllo degli organizzatori.
Due macchine si avvicinano lentamente alla linea di partenza. “Ancora, ancora, ancora”, gridano gli organizzatori, per piazzarle precisamente alla pari, al centimetro. “Sei pronto?”, chiede la ragazza al primo uomo al volante. Lui in tutta risposta sfanala. Con il secondo succede lo stesso. Lei alza le braccia al cielo, poi le allarga ai lati e dà il segnale del via. Le gomme stridono sull’asfalto, rombano i motori, e i due avversari si allontanano all’orizzonte.
Al mattino, gli street racer si incolonnano nel traffico moscovita. Come tutti gli altri guidatori se ne staranno imbottigliati negli ingorghi, e non potranno superare i 60 chilometri all’ora. E solo dall’adesivo arancione sul paraurti posteriore questi piloti a caccia di forti emozioni notturne potranno riconoscersi tra di loro, fermi a un semaforo.
Quelle folli corse in auto nei Gran Premi della Russia Imperiale
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