Quando inizia a far buio, lo sciamano comincia a fare i preparativi per il rito. Un lucchetto a forma di carpa, con la serratura occultata nell’occhio del pesce, viene aperto per accedere alla yurta, luogo in cui si svolgeranno i rituali sciamanici. Fa freddo là dentro, si fa il fumo dalla bocca.
Valentin Khagdaev
Arkadij Zarubin/WikipediaValentin Khagdaev è da molti definito il principale sciamano del Bajkal. Lui si ritiene un vero traghettatore verso il mondo degli spiriti, circondato da troppi ciarlatani. E il misterioso rito sciamanico che si prepara a mettere in atto dovrebbe dimostrarlo.
Un’ora prima del rito che evocherà gli spiriti del fuoco e degli antenati a proteggermi nel prossimo anno, Khagdaev siede nella sua cucina e parla dello sciamanesimo moderno. “Non mi fido dei neo-sciamani. Loro organizzano spettacoli”, dice. “Un vero sciamano dovrebbe avere un osso in più; la conferma del cielo.”
Alla mano destra lui ha sei dita. Sul tavolo della cucina ci sono briciole di pane sparpagliate e il vapore sale dai vermicelli in brodo versati in piccole ciotole. Khagdaev ha una pessima opinione dei suoi “colleghi”: “Un vero sciamano non chiede mai soldi; non ha tariffe! Quanto la persona può, tanto dà. E può portare prodotti alimentari”.
Mikhail Ogdonov
Archivio personaleNon fa nomi e non accusa nessuno apertamente, ma chi è un po’ addentro al tema capisce che fa allusioni al famoso sciamano Mikhail Ogdonov, attivo sull’isola di Olkhon, che ha anche aperto una vera e propria stazione turistica, e che è molto attento all’aspetto economico dell’attività.
Valentin sostiene di saper entrare in trance, parlare con le anime, vedere il futuro e individuare i problemi delle persone a un solo sguardo. “Uno sciamano tradizionale, erede di molte generazioni di sciamani (lui è alla diciannovesima, ndr) è un sacerdote, che svolge i rituali, uno stregone, che può prevedere il futuro, e un guaritore, in grado di liberare dalle malattie”, racconta Khagdaev.
Il linguaggio dello sciamano muta sotto i nostri occhi, non appena inizia a raccontare leggende: il modo di parlare, prima a scatti e non del tutto chiaro si fa limpido, la voce diventa bassa e felpata, quasi ipnotica: “La cupola del nostro tempio è un cielo alto. E la terra è la nostra casa, la natura è l’universo.”
Non ama la Chiesa ortodossa e l’Islam per il fatto che hanno imposto la loro fede, e disprezza i “nuovi” sciamani che, secondo lui, screditano i veri seguaci dello sciamanesimo: “I nuovi sciamani che vivono nelle città passano l’intera giornata a ricevere cittadini. Solo soldi, soldi, soldi, soldi…”
Khagdaev, a quanto racconta, è stato consacrato sciamano dagli anziani dopo la morte dell’ultimo sciamano nella sua famiglia: “Tutti ricordavano che mio nonno era uno sciamano”.
Gli sciamani tradizionali sono selezionati per questioni genealogiche, per segni che indicano l’intervento divino e per poteri soprannaturali. “Quelli nuovi, invece… pagano centomila rubli (1.333 euro, ndr) e diventano sciamani”, dice.
Sciamano e allo stesso tempo proprietario di un centro turistico sull’isola di Olkhon, il cinquantatreenne Mikhail Ogdonov afferma di essere stato scelto in seguito alla “malattia dello sciamano”. “Sono stato vittima di terribili incidenti stradali. Mi hanno sparato e mi hanno accoltellato”, racconta Ogdonov.
Prima di diventare sciamano, all’età di 38 anni, Ogdonov era un agente del Ministero degli affari interni. Questo lavoro rischioso poteva essere una spiegazione razionale a tutte le brutte avventure che gli erano capitate, ma lui è convinto che si trattasse della “malattia dello sciamano”.
Secondo una credenza molto diffusa sull’isola, le persone comuni non vogliono diventare sciamani. A prendere questa strada sono costretti dagli spiriti, che mandano loro disgrazie e malattie finché il futuro sciamano non capisce qual è la sua reale vocazione e prende la strada giusta.
La “malattia dello sciamano” è un concetto molto fumoso, riguardo al quale sull’isola di Olkhon non c’è un’interpretazione univoca, a parte la convinzione che certamente esista.
“Nessuno vuole diventare sciamano, perché è un’occupazione molto complessa. La persona è costretta a farlo. Capita che si ammali continuamente. O che poi inizi a sentire le voci degli antenati che gli parlano”, racconta Svetlana Shataeva, 46 anni, direttrice delle biblioteche di Olkhon. “I medici potrebbero forse dire che si tratti di schizofrenia. Ma i buriati vanno dagli sciamani e quelli dicono: gli antenati chiedono che la persona diventi sciamano, perché nella loro stirpe ci sia una guida in grado di mettersi in contatto con l’altro mondo”.
Ogdonov sostiene che a lui sia andata proprio così. Afferma di entrare in trance, di essere posseduto dagli spiriti degli antenati, di poter togliere malocchio e maledizioni, guarire malattie, tra cui il cancro, e far uscire dalle persone possedute gli spiriti maligni. “Capitano casi di possessioni. Quando nell’anima di una persona si è installata qualche forza impura: diavoli sotto forma di cani o renne. E la persona soffre”, dice lo sciamano.
Ogdonov sostiene di essere discendente di famosi “ongon” (spiriti degli antenati) e di essere diventato sciamano dopo un rito durato tre giorni in una zona assolutamente disabitata dell’isola e di aver portato come vittima sacrificale un montone. Non ha certo buoni sentimenti nei confronti di Khagdaev che, a sua volta, accusa di guadagnare soldi con i turisti che a folle intere si riversano qui, non tanto per la natura intatta del Bajkal, ma per il misticismo e l’energia soprannaturale di cui questo posto è pieno.
“Prendi del pane e tiralo al cane, poi corri al negozio. Compra carne in scatola, latte, sigarette, burro e tè”, ordina Khagdaev.
La venditrice mette sul bancone quanto richiesto senza battere ciglio, ma poi chiede: “Le serve per il rito?”. Nel piccolo negozio del villaggio in molti entrano con questo elenco. Tutti coloro che vivono permanentemente sull’isola e nei suoi dintorni credono nelle forze ultraterrene degli sciamani. Fanno eccezione solo pochi giovani, ma la gente del posto ha un modo per spiegare anche questo:
“Al giorno d’oggi i giovani non credono negli sciamani. Sono tutti atei. Anche quelli che sono entrati adesso”. Vladimir, un commesso di 46 anni, indica tre giovani ragazzi che hanno comprato della birra. “D’altra parte, quali sono i loro problemi? Non hanno ancora assaggiato la vita e non hanno avuto problemi seri, ed è proprio chi ne ha avuti, che va dagli sciamani”.
Khagdaev aspetta la spesa sotto il portico di una yurta di legno, che ha costruito appositamente per eseguire i rituali sciamanici. È in tenuta completa: una tunica rossa e blu, in grado di “riflettere” la cattiva energia e le forze del male, tra le mani ha un tamburello sciamanico decorato con disegni di animali, uccelli, persone, alberi e corpi celesti. Invita a entrare nella yurta per celebrare il rito.
Lungo le pareti ci sono dei divani, al muro una foto di Gengis Khan con un arco, frecce e una pergamena in mano. Ci sono un sacco di cose vecchie e di cianfrusaglie nella yurta: dipinti con motivi mistici e pelli di animali sono mescolati a cappelli sormontati da corna di cervo, cuscini impolverati, vecchi stracci e giornali. Lo sciamano ordina di accendere la stufa.
Il rito inizia solo quando il fuoco brucia forte e non c’è pericolo che si spenga. Khagdaev pone tre pietre delle dimensioni di un grande pugno sulla parete superiore della stufa di metallo, in modo che formino un triangolo capovolto, e ci tira sopra dell’erba secca.
“Prima pregherò gli spiriti del fuoco, poi invocherò gli spiriti degli antenati, e quindi invocherò la divinità del creatore”, spiega. “Quando alla fine dico la parola “sok”, congiungi i palmi delle mani, ponitele sulla fronte e di’ tre volte: “Ehi khuri! Hey khuri! Hey khuri! “
A sinistra dello sciamano su un foglio di giornale ci sono le cose che ho acquistato al negozio. Nello stesso posto, due cucchiai con pezzi congelati di grasso animale e due tazze sporche. “Versa la vodka in un bicchiere, nell’altro il latte., mi ordina” Inizio a temere che poi lo sciamano mi imponga di bere quella roba.
Prima di versare la vodka nel bicchiere è necessario rimuovere l’anello di metallo dal collo della bottiglia, “altrimenti sarà di ostacolo”. La lattina di carne in scatola deve essere aperta con un lungo coltello smussato, che è posto per questo scopo nel luogo della cerimonia. Il ferro cede e sulle mani mi schizza la gelatina. Lo sciamano ordina di sedersi accanto a lui e recita il suo mantra sotto il rombo di un tamburello: la chiamata degli spiriti è iniziata.
Si rivolge agli spiriti del fuoco: “Ehi, kherkan! Ehi, kherhan! Ehi, kherhan!” Il fuoco scoppietta. Dopo ogni parola “sok” si ripete l’amata frase “hey khuri” e il latte viene versato a gocce e rigorosamente in senso orario sulle pietre, prima il latte, poi la vodka, quindi il liquido gelatinoso della carne in scatola.
Le sigarette, il burro e il tè volano nella fiamma insieme alla plastica e alla carta in cui sono confezionati. Pezzi della carne in scatola, presi con un cucchiaio sporco fanno la stessa fine: gli spiriti li ricevono in dono.
Quando sono le sigarette a cadere sulla fiamma, lo sciamano ordina di piegarsi verso la stufa e inspirare le emanazioni del tabacco e dell’erba secca che ha già iniziato a incenerirsi sul metallo ardente. “Fai il giro intorno alla stufa tre volte”, è la nuova prescrizione.
La fiamma scenicamente divampa verso la cupola della yurta, quando lo sciamano versa la vodka direttamente sul fuoco. Il suo canto ipnotico, il monotono suono del tamburello, gli inebrianti fumi del tabacco e delle erbe sconosciute aprono le porte su un altro mondo e conducono chi cerca la verità nel mondo degli spiriti.
“Facciamo un giro. Seguimi così”, dice Khagdaev e inizia ad andare in cerchio attorno alla stufa in senso orario. All’improvviso si ferma bruscamente, si gira e dice: “Devi dare tremila rubli (40 euro, ndr)”.
Le parole inattese mandano in frantumi il misticismo del mondo degli spiriti agli occhi del cercatore della verità, costretto a tirar fuori il portafoglio. Khagdaev agita le banconote sul fuoco e poi le mette al sicuro nelle sue tasche. “Gli spiriti hanno ricevuto il tuo dono”, dice con sicurezza. E con questo il rituale finisce.
Aspettando la marshrutka dal villaggio di Elantsy, dove vive lo sciamano Khagdaev, per l’isola di Olkhon, territorio dello sciamano Ogdonov, alcune persone del posto se ne stanno sotto il cielo buio, disseminato di stelle luminosissime e discutono della fede nello sciamanesimo.
“Io credo negli sciamani. Mi sono rivolto personalmente a una buriata. Nella mia vita ho avuto problemi… non ho voglia di parlarne ora. Mi sono rivolto a lei, ho portato latte e sale. Anche lei mi ha chiesto dei soldi. Mi ha fatto le carte e leggendo i tarocchi mi ha detto molto dei miei problemi. Poi ha bruciato una qualche erba. E i miei problemi se ne sono andati”, dice uno.
“A me sembra tutto un gran circo per far soldi”, gli risponde l’altro.
Dodici foto d’archivio che mostrano la meraviglia e la storia del Lago Bajkal
Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email