Come i bio hacker russi si trasformano in cavie per vivere in eterno

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I topi di laboratorio sono cose del passato per queste persone, disposte a prendere decine di farmaci ogni giorno e a sperimentare sul proprio corpo cure che, secondo loro, dovrebbero garantire salute e longevità

“Mi piace molto paragonare la medicina classica a un’autofficina, che interviene solo per riparare qualcosa che si è già rotto. La prima domanda che di solito il medico ti fa è ‘cosa le fa male?’. Noi, invece, siamo come quelle officine dove si fa il tuning delle auto, rendendole più belle e sportive”, sorride il ventottenne Denis Varvanets, un ragazzone bruno che porta una maglietta con la scritta “Academy 83” sul petto. “Noi ci occupiamo di migliorare persone già in salute”.

Dicendo “noi” Denis intende la comunità dei biohacker. In tutta la Russia ci sono solo una ventina di persone che possono seriamente fregiarsi di questo termine. In precedenza preferivano farsi chiamare transumanisti, e quello che li interessava girava intorno all’idea di “imbrogliare l’invecchiamento”, usando le scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive e migliorare quegli aspetti della condizione umana considerati indesiderabili, come la malattia e l’invecchiamento. Ma la tecnologia si è evoluta e gli accoliti russi del transumanismo sono passati alla parola “biohacking”. È accaduto non senza l’influsso dei “colleghi” americani (nell’ottobre 2017 lo statunitense Josiah Zayner si è iniettato il proprio Dna modificato attraverso la tecnica Crispr). Ma il nome è l’unica cosa in comune che hanno i biohacker russi e quelli americani.

Denis Varvanets

I biohacker russi credono di essere del tutto speciali. “Di solito per ottenere un farmaco, devi avere la ricetta del medico. In Russia è tutto al contrario. Da noi praticamente ogni medicina può essere acquistata in farmacia. Per questo, abbiamo grandi possibilità”, spiega Denis. E se in Occidente il biohacking è, di norma, questione di gadget tecnologici (saune a infrarossi, purificatori osmotici di acqua, inalatori di idrogeno…), rifiuto dello zucchero e riduzione dello stress, il biohaking russo ha il culto del “check-up continuo” (un monitoraggio costante degli indicatori biochimici del corpo) e degli esperimenti con i farmaci.

Fino a due anni fa l’unico sport che faceva Denis era stare seduto in poltrona. Poco movimento, al massimo un po’ di jogging, ma molto di rado. Aveva qualche problema di salute e non lavorava. Oggi è cofondatore del Laboratorio di biohacking presso il fitness club moscovita “Atmosfera Private Fitness”, che occupa due interi piani nella Imperium Tower nella City di Mosca, e ha più di dieci clienti tra i super ricchi dell’elenco dei Paperoni di Forbes. Il tutto si basa su numerosissime visite mediche e su un’ultra moderno mix di sport e terapie. Quando Denis ha iniziato ad allenarsi e a lavorare sul suo corpo, i suoi indicatori corporei hanno raggiunto in appena sei mesi il livello di uno sportivo professionista. È stato un successo.

Ma se i media si occupano dei biohacker, ne parlano praticamente sempre in tono molto negativo: come di freak senza la minima preparazione medica, che portano il caos nel mondo scientifico e si ammazzano con stupidi esperimenti.

Loro invece ritengono che non moriranno, almeno non entro il prossimo secolo.

L’elisir di giovinezza

– Lei ha intenzione di morire?

– Sì, prima o poi…

– Ma non adesso, no? Anche io in linea di principio non dico che se mi sparano addosso un intero caricatore di fucile automatico non muoio. E se mi investe una macchina, pure, probabilmente muoio. Ma in ogni caso non ho intenzione di morire.

A parlare è un uomo con un bel completo blu scuro. Tira giù un bel sorso di acido ascorbico diluito in un bicchiere.

Zona est di Mosca, un grigio edificio di cinque piani, due controlli delle guardie private da superare. All’interno c’è la sede di una compagnia internazionale di outsourcing. Siamo nell’ufficio del direttore finanziario. Ha 35 anni, si chiama Stanislav Skakun ed è un biohacker. Le pareti sono ricoperte di tutti i possibili diplomi e certificati. No, non diplomi in biohacheraggio, ma nel campo della finanza aziendale. Qui che lui sia un biohacker lo ricordano solo una lattina di taurina e un paio di preparati medicali nell’angolo vicino alla stampante. Per il resto tutto è consuetudinario: una poltrona di pelle, un grande schermo, una scrivania sgombra: niente di superfluo.
Questa persona, lavorando sul suo corpo per tre anni e mezzo ha condotto probabilmente il più grande esperimento al mondo di digitalizzazione di se stesso, per il quale è già paragonato alla stella americana del biohacking Chris Dancy.
Ma se Dancy è praticamente un cyborg, Skakun è agli antipodi. Ogni giorno assume 35 farmaci e per quattro ore legge articoli scientifici. Ha un grande foglio Excel su più pagine, con una gigantesca tabella in cui sono elencati circa 760 indicatori della salute corporea e 8.000 valori e marker (come emoglobina, colesterolo ecc.) Ha letto e sintetizzato circa 15 mila articoli scientifici, Quello che fa si chiama “quantified self”, un termine inventato nel 2007 da due redattori del giornale americano Wired, Gary Wolf and Kevin Kelly. Le persone si segnano ogni giorno dati su cosa mangiano, sulla qualità dell’aria circostante, l’umore, i livelli di ossigeno nel sangue e molto altro. Secondo questa teoria, il corpo è una macchina biochimica e, assumendo alcuni farmaci, si possono ottenere alcuni ottimi risultati. Durante il periodo di sperimentazione, Stanislav ha condotto circa 120 esperimenti, usando se stesso come cavia per diversi preparati chimici in diverse dosi.

Stanislav Skakun

“Ad esempio, ho assunto metformina. È un farmaco per il trattamento del diabete di tipo 2”. Stanislav apre la sua tabella di dati con un elenco di indicatori biochimici che va dai lipidi alle proteine, agli enzimi e agli oligoelementi. Fino al numero di sfarfallii degli occhi: la parte nella zona grigia è la norma, quella segnata in giallo è “a rischio”, occasionalmente c’è una zona rossa (qualcosa è andato storto).

Il fatto è che Stanislav non ha il diabete. Ma nella comunità biohacker mondiale è molto diffusa l’idea che la metformina allunghi la vita. per questo la assumono. “I diabetici che la prendono vivono in media sette anni in più delle persone sane che non ne fanno uso. Questo ha dato la base per presupporre, che la metformina sia il primo antidoto contro la vecchiaia”, dice Stanislav. Ma c’è un effetto collaterale: guarisce il diabete ma può provocare demenza senile precoce e persino il morbo di Parkinson o di Alzheimer. Tutto ciò perché blocca la vitamina B, che è indispensabile per il corretto funzionamento del cervello.

Cosa fare, allora? Stanislav, osservando i dati della tabella si è accorto di cosa stava succedendo e ha aggiunto alla sua dieta di farmaci una dose di vitamina, compensando l’effetto collaterale. Contemporaneamente, sostiene di aver ridotto anche il rischio di insorgenza di cancro, perché il miracoloso farmaco per i diabetici, a quanto pare, influirebbe anche su questo. “La metformina fa diminuire le probabilità di formazioni tumorali, perché riduce la velocità della divisione cellulare nell’organismo. A me si è abbassato questo indicatore e allo stesso tempo ho evitato il possibile effetto collaterale della demenza senile. Ritengo dunque che sia un esperimento riuscito”, dice Stanislav.

È convinto, a dispetto dei 35 anni dell’anagrafe, di avere un’età biologica di 26 anni e che il suo esperimento gli permetterà di non invecchiare. Con mia grande sorpresa se ne esce con questa frase: “Sconsiglio assolutamente alle persone di provare a praticare il biohackeraggio”.

Come non morire

Ad aprile scorso i media di tutto il mondo hanno scritto della morte del ventottenne biohacker americano Aaron Traywick in una vasca di deprivazione sensoriale: un contenitore chiuso con una soluzione ipersatura di solfato di magnesio (sul quale il corpo galleggia), dove si creano il silenzio e il buio assoluto. La percezione dei confini corporei in genere svanisce, per cui la persona che vi è immersa non sente più di possedere un corpo che la confina. Nel suo caso si è trattato solo di un incidente e non è stato il risultato di uno dei tanti esperimenti di biohackeraggio, ma il caso ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica. Sulla rete iniziarono ad apparire commenti caustici: “Il biohacker stavolta non ha ingannato l’organismo”. Un mese prima Traywick aveva mostrato in diretta come si iniettava in una gamba un vaccino sperimentale contro l’herpes.

Denis prende le distanza: Traywick è morto in America, dove amano assumere sostanze psichedeliche: “Nella vasca di deprivazione sensoriale era sotto ketamina, si è addormentato, girato su se stesso ed è affogato. Non c’è nessun collegamento con le iniezioni contro il virus”.

Di russi, per fortuna, per ora non ne sono morti. Può essere, ritiene Skakun, perché hanno un approccio meno spavaldo, e dall’iniettarsi vaccini sviluppati da soli in una gamba ancora sono ben lontani. Qui è tenuta più in alta considerazione la scientificità dei processi e il controllo assoluto. Ma anche in questa situazione, il biohackeraggio ricorda più la roulette russa che la medicina ufficiale. O il poker. “Il 99 per cento dei giocatori di poker perdono ed escono dalla partita. Il biohacking non è scienza, ma un hobby. Tutti i risultati sono ottenuti solo su un singolo individuo. E quindi tutto quello che vedo su di me, non supera il livello dell’ipotesi. In ogni momento qualcosa può andare storto”, dice.

Vivere cinquemila anni

Una volta Stanislav ha promesso di invecchiare in diretta tv. Voleva pubblicare tutti i dati del suo esperimento. Una delle cause era la sua volontà i fondare un nuovo servizio, qualcosa come una start up del biohakheraggio. Volrrebbe che tutte le informazioni sull’organismo fossero disponibili in un solo posto. Così come tutte le informazioni su un’azienda possono essere riassunte in un report di dieci pagine. Ma Stanislav non lo farà, finché resterà direttore finanziario. Alla domanda perché in Russia un direttore finanziario non possa essere al contempo biohacker la risposta è semplice: per la reputazione dell’azienda. Non è chiaro come la cosa sarebbe presa da clienti e azionisti.

“Tutti pensano che i biohacker siano tipi che ingollano continuamente pillole, si operano da soli, si infilano in corpo dei gadget tecnologici e che tutta la loro giornata trascorra in questo modo. Sciocchezze!”, dice Stanislav. “Il 90 per cento del tempo degli esperimenti io sono comunque davanti al mio computer”.

Gli scienziati possono già allungare la vita dei vermi piatti di dieci volte, e dei topi da laboratorio di due volte. Anche se questo non apparirà forse così incoraggiante come vorrebbero i biohacker. Loro sono convinti che già entro questo secolo l’uomo supererà il limite biologico dei 120 anni di vita.

Chiedo a Stanislav, quanti anni vorrebbe vivere. Vedo dal suo volto che la domanda non gli fa piacere. Come se dopo aver tanto spiegato e parlato, ancora nulla mi fosse chiaro. “In fin dei conti non è importante”, risponde. “Mi interessa vivere solo hic et nunc con pienezza la mia vita. Se un giorno aprirò gli occhi e capirò che sono passati 5.000 anni, non sarà un problema. In fondo abbiamo solo due alternative: possiamo morire combattendo o morire in ginocchio”.

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