Super Mário: come un ragazzo brasiliano è diventato il quasi eroe russo

Reuters
Mário Fernandes vive a Mosca da sei anni (gioca nel CSKA) e anche se la lingua per lui è ancora ostica, ormai è russo a tutti gli effetti, ed è una pedina inamovibile della Russia, per la quale ha trovato il gol del 2-2 ai supplementari che ha rimesso in corsa la nazionale per la semifinale, sbagliando poi però uno dei tiri nella lotteria dei rigori che ha condannato la squadra all’eliminazione

La nazionale russa ha le carte in regole per essere ritenuta la sorpresa più grande di questo Campionato del Mondo 2018. All’inizio del torneo era, tra le 32 squadre della fase finale, quella con il Ranking Fifa più basso: un misero settantesimo posto, quando persino una debuttante assoluta come Panama era al 55º posto. Passo dopo passo ha invece ottenuto una storica qualificazione ai quarti di finale, dove ha combattuto fino all’ultimo con la Croazia, cedendo solo ai rigori. Tra i giocatori che hanno contribuito a questo miracolo sportivo ce n’è anche uno che non è nato a Mosca o in Siberia, ma a San Paolo del Brasile (São Caetano do Sul). E che nel 2014 ha persino giocato una partita amichevole (contro il Giappone) con la maglia della nazionale verdeoro. Stiamo parlando del terzino destro Mário Fernandes, classe 1990, uno dei migliori uomini agli ordini di Stanislav Cherchesov.

Come ha ottenuto la cittadinanza russa

“[Ho iniziato la pratica per l’ottenimento della cittadinanza russa] nel 2015. Parlai con Roman Babaev (il direttore generale della CSKA Mosca, club nel quale milita, ndr), ma poi mi chiamarono per giocare nella nazionale brasiliana. Dopodiché, per un po’ di tempo, non parlammo più del tema della mia nazionalità. Tornammo a farlo nell’autunno di quello stesso anno, prima del match di Champions League contro il Wolfsburg. Ho detto di voler ottenere il passaporto russo. In famiglia mi hanno appoggiato tutti. Mio padre mi disse che gli sembrava un’ottima idea. Così tornai subito in ufficio da Babaev, parlai con lui, e iniziammo la procedura”. Così Fernandes ha descritto l’inizio del suo processo di naturalizzazione in una intervista con Rossiskaja Gazeta.

Alla fine Mário ha ottenuto la cittadinanza nell’estate del 2016, e con procedura semplificata, senza dover dare gli esami di lingua russa e altre formalità; è solo dovuto andare a ritirare il suo passaporto. A quel momento, nessuno parlava della possibilità che giocasse nella nazionale russa. Della sua cittadinanza si era interessato solo il suo club, unicamente per i suoi interessi. In quel modo, infatti, lo toglieva dal numero dei tesserati stranieri, che ha limitazioni. Quanto alla nazionale, sulla fascia destra (Mário è un terzino con caratteristiche molto offensive, e spesso gioca come esterno di centrocampo) era già ben messa, e lui non era certo uno dei favoriti per occuparla, ma solo una delle possibili, teoriche, varianti.

Ma pian piano tutta la concorrenza è stata oscurata da un Fernandes che nel CSKA continuava a giocare bene e con grande continuità. Con il nuovo ct Cherchesov, che ha preso le redini della nazionale nell’agosto del 2016, dopo il disastroso Europeo di Francia, sono iniziate le convocazioni nella “sbornaja” (la “selezione”). Avrebbe potuto debuttare con la maglia della Russia già lo scorso anno, ma non andò alla Confederations Cup. Dopo la fine della stagione con il suo club, decise infatti di operarsi al naso, e Cherchesov fu malcontento di conoscere i piani del calciatore troppo tardi. Ma in ogni caso non fece l’offeso. E, dall’autunno scorso, Mário Fernandes è diventato un titolare pressoché inamovibile”.

“Io non sono in niente migliore [degli altri calciatori della nazionale]. E non ho nessun privilegio. Non vorrei che qualcuno pensasse che, dato che mi hanno naturalizzato, ora devo sempre giocare. Non è così. Al contrario, io devo lavorare ancora di più per conquistarmi questo onore”, ha detto a proposito del suo status nella squadra russa.

Come si è ambientato in un Paese nuovo

Mário Fernandes vive in Russia ormai da sei anni, e racconta volentieri di come il passaggio al CSKA abbia cambiato in meglio la sua vita. Se in Brasile (giocava nel Grêmio) aveva la fama di buon difensore, ma con l’inclinazione a darsi alle bevute sfrenate, a cadere in depressione, a non presentarsi in nazionale e a perdere gli aerei perché non sentiva la sveglia, a Mosca è diventato tutto un altro uomo. Ha smesso di bere e ha iniziato ad andare in chiesa con regolarità. Non è sposato, ma conduce una vita molto morigerata.

In sei anni non ha però imparato il russo: capisce ormai parecchio, ma di parlare si vergogna. Per le squadre di club la cosa è normale, ma per la nazionale è una novità assoluta. E qui certo non gli hanno preso un traduttore. Così lo aiuta un altro brasiliano, Paulino Granero, che è nello staff tecnico sia del CSKA che della nazionale.

Con gli altri calciatori Mário è in buoni rapporti, ma niente di più. Ha invece stretto una forte amicizia con Denis Cheryshev, centrocampista del Villareal, che fin da bambino vive in Spagna (anche il padre Dmitrij era calciatore e passò, nel 1996, quando lui aveva sei anni, dalla Dinamo Mosca allo Sporting Gijón) e che per i compagni di squadra, almeno a livello di mentalità, è straniero. Per cui, in questo Mondiale, Fernandes e Cheryshev sono quasi sempre assieme, il che a quanto pare giova a entrambi”.

“Avevo il sogno di giocare ai Mondiali e l’ho realizzato con la Russia. La Federcalcio russa mi ha aperto quelle porte che, con molta probabilità, sarebbero per me rimaste chiuse in Brasile. Ringrazio Dio per come è andata la mia carriera. Sono un uomo felice”, ha confidato recentemente Mário Fernandes in un’intervista al quotidiano Izvestija. E non solo ha giocato, ma ha pure fatto bella figura, brillando anche davanti a stelle di squadre più quotate, come Uruguay e Spagna, tanto che dopo il torneo ci sarà probabilmente la fila negli uffici del CSKA per comprare questo giocatore. Nel 2012 la squadra moscovita lo ha pagato 15 milioni di euro, l’acquisto più costoso nella storia del club. E quindi lo lascerebbero andar via solo a fronte di un’offerta molto importante. Ma la domanda vera è se lui voglia lasciare il Paese che è diventato la sua seconda patria.

Suo fratello Joe ribadisce: “La Russia gli ha cambiato la vita. Dice di essere molto felice qui, e che il trasferimento in Russia è stata la migliore decisione della sua vita. I russi lo trattano molto bene e gli hanno permesso di diventare uno di loro. Ripete sempre di aver trovato il suo posto nel mondo”.

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