Cosa ne pensano in Russia della privacy online?

Legion Media
Dopo lo scandalo che ha colpito Facebook, in tutto il mondo si discute del tema della difesa dei propri dati personali. Ma i russi, come sempre, a modo loro…

Facebook vive forse il momento peggiore della sua storia, dopo lo scoppio dello scandalo Cambridge Analytica, e in rete si rafforza la campagna #deletefacebook. Eppure, in Russia, appena quattro anni fa, tutti erano sicuri che il più grande tra i social network fosse la miglior garanzia per la privacy: “Tutti i miei dati personali su Facebook.com da tempo appartengono a Facebook Inc. Poco mi interessano i dettagli di questo possesso, perché io ritengo che l’interesse di mercato di Fb, che è quotato in borsa, sia una motivazione più che sufficiente per difendere i miei dati personali fino all’ultima pallottola”, scriveva sul suo account, nel 2014, Mikhail Gurevich, ex vicedirettore di Rbk, una delle più grandi media holding russe.

Da allora in Russia è entrata in vigore una legge che impone a tutte le compagnie straniere che operano sul web di conservare i dati personali dei cittadini russi all’interno dei confini del Paese, e la lotta per la privacy si è spostata soprattutto sui servizi di messaggistica istantanea. A metterci la faccia è stato Pavel Durov, fondatore del più popolare social network russo, Vkontakte, e del servizio di messaggistica Telegram, che, contrariamente a quanto stabilito dalla legge, si rifiuta di dare ai servizi di sicurezza del Paese le chiavi di accesso agli account. “Telegram salvaguarderà la libertà e il diritto degli utenti ad avere la loro vita privata”, ripete Durov, che vive all’estero. Adesso il servizio rischia di essere chiuso, ma il suo proprietario, come in precedenza, ritiene che la vita privata debba sempre rimanere tale. Ma cosa pensano di questo i russi?

Pavel Durov

Diritto naturale al segreto

Secondo i sondaggi sul tema, tra gli abitanti della Russia è più che altro diffusa l’opinione che lo Stato non dovrebbe poter accedere ai dati personali dei cittadini in nessun caso. “Non dovete consolarvi con il pensiero che della vostra umile persona non interessi nulla alla Lubjanka (la Lubjanka è la piazza di Mosca dove hanno sede i servizi segreti russi, ora Fsb, in passato Kgb; ndr). È vero, probabilmente alla Lubjanka non interessa. Ma per un maggiore della polizia possono essere molto interessanti. Magari gli hanno dato una bustarella i vostri concorrenti per avere informazioni che possano danneggiarvi o forse avete litigato con lui nel traffico cittadino”, ha detto il giornalista Dmitrij Kolezev su Znak.ru.

La segretezza della vita privata è difesa dalla Costituzione, e molti fanno riferimento a questo diritto alla riservatezza. “Per esempio, io non voglio che mi intercettino. Forse non ne ho il diritto? Non mi interessa se il fatto che sappiano tutto di me cambia qualcosa nella mia vita o meno. Semplicemente non voglio. E cerco di fare tutto quello che posso per complicare il lavoro a chi ci spia”, scrive l’utente Mazayats.

Sul forum del gruppo di information technology Habrahabr, l’utente Karamax racconta di non aver mai messo sue foto in rete, di non essersi fatto fotografare nemmeno per la foto di classe a scuola, e che l’unica sua foto esistente è quella sul passaporto, che comunque si è voluto scattare da solo. “E di tanto in tanto lascio il cellulare a casa, così che pensino che mi sono ammalato e non sono andato al lavoro, per dire. E a nome mio non ho nessuna sim attiva. Tutte quelle che ho o sono con dati non veritieri o sono neutre”.

Ma in verità quelli come lui non sono molti. Di solito quelli che vogliono difendere la loro privacy si limitano a coprire webcam e microfono del computer (che possono sempre essere attivati da remoto). Nel 2016 lo ha fatto almeno un quarto dei russi (mentre nel 2014, dopo lo scandalo di Edward Snowden, lo faceva oltre la metà della popolazione). “Dopo che un mio conoscente mi mostrò come, in modo molto semplice, riusciva ad accedere alle videocamere di tutti gli abbonati di un provider, io la copro sempre”, dice Nikolaj Shmidt sul sito The Question.

Pavel Durov

Controllo e sicurezza VS pubblicità molesta

Ma tra i russi sono popolari anche altre due idee: “Io non sono così importante perché lo Stato perda tempo e risorse per spiarmi” e “Io sono una persona perbene, non ho niente di cui vergognarmi”. Queste persone sono quindi disposte a sacrificare la loro privacy, principalmente in nome della sicurezza.

“Sono sicuro che è grazie al lavoro di certe persone se è stato possibile scongiurare alcuni attentati, e in questo è ovvio che è stata fondamentale l’opera di controllo. Non sono indifferente al fatto che forse sia vero che i social network e i motori di ricerca stiano passando dati alle forze dell’ordine, ma spero anche che questo aiuti a prevenire fatti gravi, dopodiché saranno del tutto irrilevante le notizie su chi va a letto con chi, o chi si masturba”, ritiene Nikita Gusakov.

La sicurezza era l’argomento principale anche nella discussione sul fatto se i dati personali dei russi fossero da conservare in server all’interno del Paese. “Se questi dati sono conservati stabilmente oltre confine, non è possibile controllare l’uso che ne viene fatto”, ha detto in un’intervista a Lenta.ru Aleksandr Zharov, direttore del Roskomnadzor (il Servizio federale russo per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa). Come esempio ha portato il modo in cui le compagnie usano i dati per la pubblicità targhettizzata. “E a me non piace, quando sulla mia posta elettronica arriva della réclame alla quale non sono per niente interessato. Non mi va giù”, ha concluso.

La privacy non esiste

In verità, a quanto pare, la maggioranza dei russi concorda su un fatto: la vera privacy nel mondo contemporaneo, e su internet soprattutto, non esiste. “Non volere che i miei dati personali siano disponibili in giro, significherebbe non poter usare tutte le comodità che la società tecnologica del mondo in cui vivo mi mette a disposizione”, chiosa l’imprenditore del web e capo di Radius Group Dmitrij Marinichev.

“Semplicemente non avete scelta. Google su Android a ogni piè sospinto chiede ‘Questo posto dove sei adesso è quello in cui vivi, lavori o ci hai solo parcheggiato la macchina? E qui non eri da solo: chi sono queste persone, amici tuoi?’ Una mia conoscente americana è arrivata in Russia. Ed ecco che Facebook ha subito spinto i suoi post in testa alle notifiche, e non perché scrivesse qualcosa sulla Russia, ma solo perché si trovava qui”, ha scritto (su Facebook) Jurij Sinodov.

 

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