“In Russia tutti vogliono essere ricchi, ma detestano coloro che lo sono diventati”, sostiene la scrittrice Tatjana Tolstaja, osservando: “Nella mente dei russi, i soldi sono un male, ma un male assai desiderato”.
Per il popolo russo, i soldi sono diventati una specie di codice culturale. I tormenti di chi soffre per la loro assenza, l’invidia e l’odio per i ricchi hanno alimentato la fantasia di molti scrittori e registi. In molti libri di Dostoevskij i soldi sono causa di gravissimi crimini. In Russia, gli usurai, da sempre, sono un sinonimo del male. Il denaro ha fatto nascere innumerevoli proverbi, parte dei quali dice che la persona intelligente, anche se ricca, non sperpera il suo denaro, mentre l’altra parte insegna che i soldi non fanno la felicità.
Fermo immagine dal film “Ivan Vasilevich menjaet professiju” (ossia: “Ivan il Terribile cambia mestiere”)
Leonid Gajdai/Mosfilm, 1973E nella lingua russa ci sono moltissimi sinonimi per dire “soldi”, “danaro”, “quattrini”… Ecco alcuni dei più usati.
Dipinto di Boris Kustodiev (1878-1927) “Il mercante (vecchio con denaro e abaco)”
SputnikIl rublo è la valuta ufficiale della Russia, ma il vocabolo viene usato anche come termine comune per dire “soldi”, soprattutto nei proverbi: “L’amore non si compra con i rubli”. “Meglio avere cento amici che cento rubli” ecc.
Molte banconote, di vario taglio, hanno dei soprannomi popolari, molti dei quali vengono dal mondo della malavita.
Fermo immagine dal film “Oleko Dundich”, una coproduzione sovietico-iugoslava del 1958
SputnikInizialmente, questa parola faceva parte del gergo dei commercianti e probabilmente fu mutuata dai tedeschi che paragonavano le banconote arrotolate alle foglie del cavolo. Questa parola era largamente usata durante il periodo sovietico. A partire dalla metà del XX secolo, molte parole del gergo della malavita e del linguaggio dei carcerati entrarono a far parte della lingua russa, forse perché in quel periodo molte persone tornarono a casa, uscendo dai lager staliniani. Nel 1980, lo scrittore Sergej Dovlatov osservava: “Nel passato, la parola ‘kapusta’ poteva essere usata soltanto dai fartsovshchik” (borsaneristi, speculatori).
Questa parola è tornata a essere largamente usata, specie se riferita ai dollari Usa, nella Russia degli anni Novanta, quando parecchie persone si misero a “tagliare i cavoli” (in russo, “rubit kapustu”), cioè guadagnare in tutti i modi.
Banconote e monete di epoca sovietica
Vladimir Vdovin/SputnikAnche questi vocaboli furono molto usati negli anni Novanta, soprattutto dagli uomini d’affari, rimasti nella storia come “nuovi russi”. Di queste persone si diceva “il babló non gli manca”, per dire che avevano molti soldi. Tuttavia, queste parole hanno una netta connotazione negativa: “Prodalsja za bablo” (“Ti sei venduto per soldi”); “Tolko o babkakh i dumaesh” (“Pensi solo alla grana”. Insomma, quando si dice “bablo”, si tratta spesso di soldi disonesti.
La seconda parola, “babki”, in russo significa anche donne anziane, vecchiette. Che cosa c’entrano le povere vecchiette con i soldi? Ci sono diverse ipotesi in merito. Secondo una delle versioni, la parola “babki” proviene da un gioco d’azzardo, nel quale si faceva un lancio per colpire le figurine che si chiamavano babki (molto diffusa è l’espressione “zashibat [cioè, picchiare] babki” che significa “far soldi a palate”).
C’è però anche una versione secondo cui la parola “babki” avrebbe la stessa origine di “katenka”, cioè la banconota del XVIII secolo, sulla quale era raffigurata l’imperatrice Caterina II che, per taluni, era una “baba” (donna) o una “babka” (vecchia).
“Gran soldi”, foto di autore ignoto scattata nella Leningrado (oggi San Pietroburgo) del 1990-1991
Collezione di Anton Potapov/MAMM/MDFSecondo alcuni ricercatori, la parola “lave” è una versione storpiata dell’inglese “love”. Tuttavia, è più probabile che la parola abbia origini zigane. Proprio con la parola “lave” chiamavano il denaro gli zigani che nel XIX secolo e all’inizio del XX secolo erano partecipanti immancabili dei divertimenti dei ricchi russi. Negli anni 1990-2000, la parola è tornata di moda.
Fermo immagine dal film “Lopukhi” (2009) del regista Sarik Andreasjan
SputnikNegli anni Novanta, i dollari hanno cominciato a confluire in Russia in enormi quantità. Le banconote americane venivano chiamate “zelen” (“verdoni”), per il colore della valuta statunitense, mentre “buck”, in America, è un sinonimo di dollaro. La parola è piaciuta anche ai russi, che l’hanno storpiata in “baksy”.
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