I dieci furti d’arte più clamorosi ai danni dei musei russi (FOTO)

Kira Lisitskaya /Legion Media
A sparire sono state tele, icone, vestigia di antiche civiltà… Spesso rubati in modo rocambolesco, alcuni capolavori sono stati ritrovati – più o meno in buono stato – ma di altri si sono perse le tracce. Altri ancora hanno fatto una triste fine, come gli ori dei sarmati, fusi in lingotti

Frans Hals 

“San Luca” del pittore olandese Frans Hals (1580-1666)

Il furto del quadro di Frans Hals dal Museo Pushkin di Mosca fu talmente clamoroso che in seguito fu persino girato sull’episodio un film, intitolato “Il ritorno di San Luca” (“Vozvrashchenie Svjatogo Luki”, 1970). Nel 1965, a Mosca furono esposti due quadri di Hals del suo ciclo dedicato agli evangelisti: “San Luca” e “San Matteo”. Un giorno, quando la mostra era chiusa, il ladro ritagliò dalla cornice uno dei quadri. L’assenza del quadro fu scoperta soltanto 24 ore dopo. Il capolavoro seicentesco del pittore olandese fu ritrovato per caso: sei mesi dopo il furto del “San Luca”, di fronte a un negozio in via Arbat, nel centro della capitale, un uomo vestito bene fu avvicinato da un tizio che gli propose di comprare un quadro “degno di Rembrandt” per 100.000 rubli. Il potenziale compratore, che in realtà era un ufficiale del Kgb, capì subito che c’era qualcosa di losco. Il criminale fu arrestato. Si trattava di Valerij Volkov che lavorava al Museo Pushkin. Al museo occupava la posizione di assistente del falegname restauratore. Volkov non aveva studiato e voleva ottenere la laurea in cambio del quadro rubato. Tuttavia, quel suo primo piano non funzionò e allora tentò di vendere il quadro per soldi, ma fu arrestato.

Jean-Léon Gérôme

“La piscina dell’harem”, dipinto di Jean-Léon Gérôme (1824-1904)

La passione di alcuni ladri per le opere d’arte è talmente forte che agiscono in pieno giorno, praticamente allo scoperto. Così è stato con il quadro “Piscina nell’harem” (1876) di Jean-Léon Gérôme. Nel 2001, approfittando del giorno in cui la sala dell’Ermitage con i dipinti del pittore francese era chiusa al pubblico, i criminali, con molta disinvoltura, scavalcarono la recinzione. Il resto fu questione di un minuto: il quadro fu ritagliato dalla cornice e portato via. I ladri non furono mai scoperti, ma nel 2006, un anonimo consegnò il dipinto alla sala di ricevimento del presidente del Partito Comunista della Federazione Russa, alla Duma.

Negli anni trascorsi dal furto, il quadro aveva subito dei seri danni, pertanto fu subito passato ai restauratori. Tre anni dopo, “Piscina nell’harem” ritornò al museo. 

Icone e gioielli

Gioielli, icone, manufatti vari decorati con pietre preziose: in totale, più di 200 oggetti, dal valore complessivo di 150 milioni di rubli, furono sottratti al museo dell’Ermitage. Il furto fu scoperto nel 2006. I sospetti caddero su Larisa Zavadskaja, che lavorava al museo, e sui membri della sua famiglia. Infatti, fu accertato che i criminali sostituivano gli oggetti rubati con altri, di valore più basso, vendendo poi gli originali tramite i loro complici. 34 oggetti furono restituiti al museo, ma il destino degli altri resta ignoto. 

“Chitarrista Solitario”

“Chitarrista solitario“, dipinto di Vasilij Perov (1834-1882)

In una notte di primavera del 1999, due criminali entrarono nel Museo Russo, rompendo il vetro di una finestra al piano terra dell’edificio, e rubarono il dipinto “Chitarrista Solitario” di Vasilij Serov e un lavoro preparatorio per il suo quadro “Trojka”. Suonato l’allarme, la security si lancio all’inseguimento, ma i ladri riuscirono a fuggire. Più tardi però furono rintracciati. I dipinti rubati, che erano stati nascosti nel deposito bagagli della stazione Varshavskij di San Pietroburgo, furono restituiti al museo. 

L’Oro dei sarmati

Nel 1971, spinto dalla “febbre dell’oro”, un criminale derubò il museo di storia locale di Rostov sul Don. Entrato nel museo attraverso una finestra, l’uomo spaccò la vetrina e rubò le falere – dischi d’oro usati in antichità per ornare le bardature di cavalli, scoperti nel 1962 in un tumulo sarmata (i sarmati erano un antico popolo iranico). La storia non interessava il malvivente, voleva semplicemente vendere l’oro. Purtroppo, riuscì a fondere i preziosi dischi, trasformandoli in lingotti. Il tesoro fu perso per sempre. 

“Aj-Petri. Crimea”

“Aj-Petri. Crimea”, dipinto di Arkhip Kuindzhi (1841-1910)

Il 27 gennaio 2019, in pieno giorno, quando la Galleria Tretjakov era piena di visitatori, un uomo, sotto gli occhi di tutti, estrasse dalla cornice un dipinto di Arkhip Kuindzi, “Aj-Petri. Crimea” e lo portò via. I visitatori del museo pensarono che fosse un dipendente del museo incaricato di portare il quadro chissà dove. L’allarme fu dato soltanto un’ora e mezzo dopo. La polizia ci mise poco a rintracciare il criminale e il quadro che l’uomo aveva nascosto in un cantiere di Odintsovo, nei pressi di Mosca.  

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Rembrandt, Tiziano, Correggio e altri 

“Ecce homo”, dipinto del Tiziano (1488/1490-1576)

Arrivando al lavoro la mattina del 25 aprile 1927, gli impiegati del Museo Pushkin rimasero di stucco: nelle sale del museo mancavano quadri di Rembrandt, Tiziano, Correggio, Pisano e Dolci. Durante la notte di Pasqua, mentre suonavano le campane, un criminale aveva forzato la finestra e rubato i capolavori. La polizia, giunta sul luogo del crimine, era disperata: tutti gli indizi erano scomparsi insieme alle schegge di vetro già spazzate da qualcuno, mentre le impronte digitale sul biglietto lasciato dal ladro, non si potevano più rilevare, perché il foglio era passato più volte di mano in mano. A caldo fu ritrovato soltanto il dipinto di Giovanni Pisano “Flagellazione di Cristo”. Tuttavia, in seguito (nel 1931), nel mirino della polizia finì un certo Fedorovich, impiegato del Commissariato del popolo alle poste e ai telegrafi, che in precedenza aveva fatto parte di una banda che rapinava i musei. Durante gli interrogatori, l’uomo negò tutto, ma alla fine fu tradito da un suo amico. Così si seppe che aveva pianificato il furto già nel 1924. I quadri rubati, sepolti in casse di legno dentro un buco scavato nella terra, furono ritrovati, ma erano gravemente danneggiati, soprattutto “Ecce Homo” di Tiziano che il ladro aveva arrotolato sopra il “Cristo” di Rembrandt.          

Pavel Filonov

“Teste”, dipinto di Pavel Filonov (1883-1941)

Che ai dipinti di Pavel Filonov, appartenenti al Museo Russo, stessero succedendo delle cose strane, questo la polizia lo sapeva già da tempo – sin da quando, negli anni Ottanta, all’improvviso, il Centro Georges Pompidou di Parigi aveva annunciato l’acquisizione di alcune opere dell’artista, sebbene Filonov non avesse mai venduto dei suoi dipinti all’estero. Anzi, si trattava degli stessi dipinti che facevano parte della collezione, donata al Museo Russo dalla sorella del pittore, Ekaterina Glebova. Allora venne fuori che durante tutto questo tempo a Pietroburgo erano state conservate delle copie con cui qualcuno aveva sostituito gli originali…
Nuovi dubbi circa l’autenticità delle opere di Filonov sorsero nel 1992, quando a una rappresentante del museo, che in quel momento si trovava all’estero, fu chiesto di autenticare un disegno dell’artista che ufficialmente si trovava nel Museo Russo. Un’altra volta nei depositi del museo fu scoperta una copia. Alla fine, la polizia riuscì a risolvere entrambi i casi e a identificare i criminali che rubavano le opere originali che venivano poi copiate. Nel 2000, sette dipinti di Filonov tornarono da Parigi a Pietroburgo.

Repin, Shishkin, Kramskoj 

“L’angelo della morte uccide i primogeniti d’Egitto”, dipinto di Ilja Repin (1844-1930)

Le ricerche dei 16 quadri, rubati dal museo dell’Accademia Russa di Belle Arti nel dicembre del 1999, durarono diversi giorni. Sebbene l’allarme avesse suonato, la pattuglia di polizia, giunta al museo, non vide nulla di sospetto: le serrature non erano state forzate, i vetri delle finestre non erano rotti. I ladri, a quanto pare, avevano programmato tutta l’operazione e si erano nascosti in anticipo in uno dei locali dell’accademia per aprire poi il museo e rubare i quadri. Portarono via delle opere di Repin, Kramskoj, Khrutskij, Maljavin e Tropinin: in tutto 16 dipinti che valevano più di un milione di dollari. Per fortuna, i quadri rubati furono ritrovati in pochissimo tempo. 

Levitan e altri

“Vladimirka”, diponto di Isaak Levitan (1860-1900)

A volte le rapine ai musei assomigliano ai film d’azione di terza categoria. Per esempio, per rubare un dipinto di Vjacheslav Bychkov, “Il mercato”, i ladri fecero un buco nel soffitto del museo di Kineshma (regione di Ivanovo), mentre a Vjazniki (regione di Vladimir) tre delinquenti si nascosero in anticipo nel museo locale, poi si coprirono la faccia con una maschera, legarono il custode e rubarono “Foresta. Gli abeti” di Shishkin, “Il pescatore” di Korovin e “La prima neve” di Zhukovskij per un valore complessivo di 3 milioni di dollari. A Pljos, sul Volga, senza troppe precauzioni, i criminali sporcarono con vernice gli obiettivi delle videocamere e spaccarono con delle mazze un vetro blindato per rubare cinque tele di Isaak Levitan. Quando, alcuni anni dopo, i quadri furono ritrovati a Nizhnij Novgorod durante una retata di polizia, si seppe che le rapine a Kineshma, Vjazniki e Pljos erano opera della stessa banda.

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