Il quadro, grande 2.1 x 3.7 m, fu la prima opera di Vasilij Surikov (1848-1916) sul tema della storia russa e il suo primo grande dipinto presentato al pubblico. “Il suo ingresso nel mondo dell’arte fu stravolgente. Nessuno aveva mai esordito in questa maniera. Senza riflettere a lungo né provare, con questa sua opera, si impose come un colpo di fulmine”, ricordava Aleksandra Botkina, figlia del collezionista Pavel Tretjakov (fondatore della celebre Galleria moscovita, che porta il suo nome).
Il quadro fu esposto per la prima volta nel 1881 a San Pietroburgo, nell’ambito della IX mostra dei pittori del gruppo “Peredvizhniki” (“Pittori itineranti”). Durante la mostra, Pavel Tretjakov lo comprò per la sua collezione.
Chi erano gli strelizzi?
Gli strelizzi (in italiano a volte anche strelzi o strelizi; in russo “стрельцы”; “streltsý”, talvolta traslitterato strel’cy; ossia “tiratori”) costituivano un corpo speciale dell’esercito regolare russo, creato nel XVI secolo, ai tempi di Ivan il Terribile. Gli strelizzi venivano reclutati tra i cittadini liberi delle campagne e dei sobborghi urbani. Di solito si sceglievano le persone più abili, il che fruttò agli strelizzi la reputazione di truppe d’élite. Talvolta venivano paragonati ai giannizzeri ottomani o ai moschettieri francesi.
Il servizio era a vita, di padre in figlio. Gli strelizzi risiedevano in apposite borgate, a parte rispetto al resto della popolazione, e la loro fedeltà allo zar era generosamente ricompensata. Oltre allo stipendio, ricevevano anche diversi bonus: grano gratuito, tessuti, benefici fiscali e tariffe agevolate. La loro divisa era costituita da un lungo caffettano e un cappello con bordo di pelliccia; un altro segno distintivo era il fucile.
Gli strelizzi parteciparono a molte campagne militari, dalla presa di Kazan nel 1552 alla Grande guerra del Nord (1700-1721). Nel contempo erano il flagello delle popolazioni che osavano ribellarsi. Durante il regno di Alessio Mikhajlovich, quando, ormai, erano considerati il principale baluardo del vecchio sistema, gli strelizzi raggiunsero il massimo dei loro privilegi. Tuttavia, la situazione cambiò bruscamente durante il regno di Pietro I (il Grande).
Perché gli strelizzi furono giustiziati?
La fine del XVII secolo fu accompagnata da numerose rivolte. La causa del turbamento sociale erano le riforme, avviate da Pietro il Grande. I radicali cambiamenti, portati avanti col pugno di ferro, investirono tutti gli strati della società russa, e gli strelizzi non furono un’eccezione.
Quando cominciarono le riforme, lo stipendio degli strelizzi già era fortemente diminuito. La situazione era aggravata dal fatto che Pietro I, volendo europeizzare il Paese, mise al comando delle truppe degli stranieri aventi il grado di colonnello. Secondo gli strelizzi, questi stranieri opprimevano e disprezzavano i russi, e, intenzionalmente, erogavano gli stipendi con grande ritardo. Le forze d’élite adesso erano i reggimenti di nuovo tipo, creati da Pietro I, mentre agli strelizzi, oramai, erano di fatto affidate le funzioni di polizia locale.
Gli strelizzi scrissero una protesta ufficiale, minacciando di uccidere i loro comandanti, se la loro situazione non fosse stata risolta dai vertici. Tuttavia, non ci fu alcuna reazione. Nel 1698, mentre Pietro I si trovava in Europa, quattro reggimenti (in totale, circa 2.200 persone) si ribellarono, ma la rivolta fu sedata dai “nuovi” reggimenti dello zar.
La reazione dell’imperatore fu molto dura, perché la rivolta fu da lui giudicata non tanto come una protesta contro le condizioni sociali ed economiche, quanto come un tentativo di colpo di stato da parte di sua sorella Sofia, che in precedenza era stata la reggente di Pietro. Lo zar era convinto che fosse stata Sofia ad aizzare gli strelizzi. Decise che non ci doveva essere nessuna pietà. Durante gli interrogatori, Pietro partecipò di persona alle torture per ottenere delle prove contro la sua odiata sorella. Dopo le torture, 799 strelizzi furono giustiziati, di cui una parte sulla piazza Rossa di Mosca.
Che cosa è rappresentato nel quadro?
Surikov dipinse una scena immediatamente precedente all’esecuzione degli strelizzi nell’autunno del 1698. Il tutto si svolge nella piazza Rossa di Mosca. I condannati sono già stati portati in piazza, lungo le mura del Cremlino si vedono delle forche. Da una parte c’è una folla di familiari e curiosi, radunati attorno agli strelizzi che stanno per essere giustiziati (questi ultimi vestono le camicie bianche dei condannati a morte), dall’altra ci sono Pietro il Grande e i soldati del suo nuovo esercito.
“Nel mio quadro il sangue non si vede, l’esecuzione non è ancora iniziata”, diceva Surikov. Il pittore, volutamente, non disegnò nemmeno un impiccato, per non distrarre l’attenzione dalla solennità del momento; insieme ai ribelli, che stanno vivendo gli ultimi momenti della loro vita, se ne va per sempre anche l’antica Rus’. Sta nascendo l’Impero russo.
Che cosa ha di speciale questo quadro?
Nel XIX secolo la pittura storica era popolare, ma peccava di troppo accademismo, i quadri erano solenni e pomposi. Surikov era contrario a tale formalismo accademico, era più propenso al realismo, e con la sua maniera realistica si distingueva da molti altri pittori.
Nel dipingere il suo quadro, si informava scrupolosamente sui vestiti e su altri oggetti d’epoca, parlava con storici e leggeva i diari dei testimoni. In particolare, per ricreare l’atmosfera storica, Surikov si rivolse al diario di Iohann Georg Korb, segretario dell’ambasciata austriaca, che assistette all’esecuzione degli strelizzi. Pietro I fu disegnato sulla base di un ritratto dello zar, mentre per tutti gli altri personaggi furono trovati dei modelli che posarono all’artista.
Un particolare importante sono le candele accese che gli strelizzi tengono in mano. Come confessava Surikov stesso, per lui la candela accesa si associava alla tragedia, alla morte e alla totale assenza della speranza (quando è giorno le candele vengono accese soltanto ai funerali, in memoria della persona defunta). L’immagine della candela lo perseguitò per alcuni anni, prima che si trasformasse nel quadro. “Volevo che le luci delle candele si vedessero subito, per questo la tonalità del quadro nel suo insieme è parecchio più scura”, scriveva il pittore. Proprio le candele, accese la mattina presto, suscitavano l’ansia nel pubblico.
Nel quadro c’è poca aria, quasi l’80% della tela è occupato dalla folla. Potrebbe sembrare un errore del pittore, tuttavia, il personaggio centrale e’, appunto, la folla. Nella terminologia di Surikov, i quadri di questo tipo erano opere “corali”. Nella parte sinistra del quadro, sopra la folla s’erge la chiesa di San Basilio, simbolo della vecchia Rus’; nella parte destra una fila di soldati, schierati a regola, e lo zar, perfetta espressione della disciplina e del potere dello Stato. La crepa tra la società e lo Stato è accentuata dal duello di sguardi tra lo zar e lo strelizzo con il cappello rosso.
Altri personaggi chiave sono lo strelizzo che si sta dirigendo verso il patibolo e il soldato che lo sorregge, vestito con l’uniforme dell’esercito imperiale. Secondo il critico Ilja Dorontsenkov, se questi due potessero “uscire” dal quadro, sembrerebbero un paio di amici che stanno tornando a casa, di cui uno, in maniera assai umana e amichevole, sorregge l’altro. Questa sensazione del popolo che è stato diviso dalla storia, ma nel contempo resta unito, “è una caratteristica straordinaria del quadro surikoviano”.
Come Surikov ha creato il suo quadro?
Secondo il pittore stesso, la prima idea gli venne durante il viaggio dalla Siberia, suo luogo di nascita, a Pietroburgo. Quando poi si fermò a Mosca, e passeggiò sulla piazza Rossa, vide tutti i personaggi nei minimi particolari: “Ero fermo vicino al Lobnoe mesto, incantato dalla silhouette della chiesa di San Basilio; poi, all’improvviso, nella mia mente è esplosa la scena dell’esecuzione degli strelizzi, la sensazione era talmente forte che il mio cuore ha accelerato il battito. Ho capito che se l’avessi dipinto, sarebbe stato un gran quadro”.
Per tre anni, Surikov si dedicò interamente a questo nuovo dipinto, senza distrarsi per altri progetti. La stanza dove vi lavorò, nel suo appartamento in Zubovskij boulevard, nel centro di Mosca, era talmente piccola che la tela era installata in diagonale lungo la stanza, pertanto Surikov, quando dipingeva la parte sinistra del quadro, non vedeva la parte destra. Per vedere il quadro nel suo insieme, doveva guardarlo dalla stanza adiacente. Di notte era perseguitato da incubi dell’esecuzione, tanto le scene sembravano reali.
I critici accolsero il quadro con molto favore, dando così al pittore lo stimolo per continuare la rielaborazione dei temi inerenti ad avvenimenti drammatici della storia russa. Negli anni Ottanta dell’Ottocento, successivamente a “Il mattino dell’esecuzione degli strelizzi”, creò altre due opere monumentali, che talvolta vengono riunite in una “trilogia storica di Surikov”, e cioè, “Menshikov a Berjozovo” (1883) e “Bojarina Morozova” (1887). A quest’ultimo quadro abbiamo dedicato un articolo a parte.
LEGGI ANCHE: Il celebre dipinto “Bojarina Morozova” di Vasilij Surikov spiegato bene
Cari lettori,
a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a:
- Iscrivervi al nostro canale Telegram
- Iscrivervi alla nostra newsletter settimanale inserendo la vostra mail qui
- Andare sul nostro sito internet e attivare le notifiche push quando il sistema lo richiede
- Attivare un servizio VPN sul computer e/o telefonino per aver accesso al nostro sito se risultasse bloccato nel vostro Paese