1 / Rodion Raskolnikov di “Delitto e castigo” di Fjodor Dostoevskij
Tecnicamente, Rodion Raskolnikov è un cattivo. Il suo più grande crimine sembra essere quello di commettere un omicidio per un esperimento di tipo morale. “Sono una creatura tremante o ne ho il diritto”, si chiede arditamente, cercando di capire se è “un pidocchio, come tutti, o un essere umano” e se possa fare il gran passo di uccidere. Dopo aver commesso il suo sventurato crimine (Raskolnikov ammazza l’avida signora del banco dei pegni, Aljona Ivanovna, e sua sorella Lizaveta, che è incinta), il protagonista deve sopportare l’incubo emotivo nella sua ricerca della libertà morale. Raskolnikov fa il suo dovere e paga per il suo crimine per il resto della sua vita. “Non ho ucciso la vecchia, ho ucciso me stesso!”, riconosce il giovane in “Delitto e castigo”, analizzando l’impatto del suo crimine. L’autore di “Invito a una decapitazione” Vladimir Nabokov, che spesso criticava Dostoevskij con una punta di sarcasmo, riteneva che Raskolnikov avrebbe dovuto essere portato non da un detective della polizia, ma, prima di tutto, da uno psichiatra.
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2 / Arkadij Svidrigajlov di “Delitto e castigo” di Fjodor Dostoevskij
Arkadij Svidrigajlov è un cattivo perfetto che nasconde i suoi demoni sotto la maschera della benevolenza. C’è ovviamente “qualcosa di terribilmente sgradevole” in quest’uomo che commette gravi peccati, e non sceglie mai la strada giusta. Cinico e meschino, Svidrigajlov è responsabile del suicidio di una ragazza sorda di 14 anni e, forse, dell’avvelenamento della moglie gelosa, Marfa. Ex giocatore di carte, Svidrigajlov è descritto come “un cattivo, vuoto e insignificante” i cui occhi erano “in qualche modo troppo blu e il loro sguardo era in qualche modo troppo pesante e immobile”. Il nobile, che non ha ancora cinquant’anni, personifica la dissolutezza, la lussuria e l’ozio. È interessante notare che, nel romanzo di Dostoevskij, Svidrigajlov è associato al motivo della dualità e della resurrezione di Raskolnikov. Egli è ciò che Raskolnikov sarebbe potuto diventare, se non avesse trovato la forza di pentirsi.
3 / Grigorij Pechorin di “Un eroe del nostro tempo” di Mikhail Lermontov
Grigorij Pechorin distrugge la vita degli altri con la stessa facilità con cui le onde distruggono i castelli di sabbia. Fa soffrire il prossimo senza sforzo, e rimane totalmente indifferente alle conseguenze delle sue azioni. Una fiera bellezza caucasica o una nobildonna dalla pelle diafana: al venticinquenne Pechorin non importa chi sarà la sua prossima conquista. Eppure, se una di loro, Bella, non avesse incontrato Pechorin, sarebbe rimasta viva! Ma le donne nella sua vita vanno e vengono, come marionette di uno spettacolo da quattro soldi, mentre Grigorij cerca di trovare un nuovo rimedio contro la noia, senza successo. Il giovane ufficiale immorale si annoia di tutto ciò che fa e alla fine è deluso dalla vita. Pechorin è spesso visto come un personaggio in cui confluiscono tutti i vizi della società degli anni Trenta dell’Ottocento, ma è anche quello in cui i giovani moderni possono riconoscere tratti umani universali. È indifferente, stanco del mondo, cinico e sarcastico.
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4 / Taras Bulba dell’omonimo libro di Nikolaj Gogol
Se fosse vissuto oggi, Taras Bulba sarebbe stato sicuramente costretto a seguire una terapia di gestione dell’aggressività. Ahimè, in un impeto di rabbia e delusione, Bulba, un tipo davvero irascibile, uccide suo figlio Andrij. “Ti ho messo al mondo e ti ci levo!”, conclude notoriamente l’irriducibile cosacco. Uomo vendicativo e rude, massacra suo figlio, quando quest’ultimo tradisce i cosacchi e si unisce ai polacchi. Dopo il brutale omicidio, l’uomo dai capelli grigi, che è anche un ardente credente ortodosso, fissa a lungo “il cadavere senza vita” del figlio ucciso. Fisicamente forte e possente, anche i cosacchi trovano eccessiva la sua “spietata ferocia e crudeltà”, ma Bulba è testardo come un bue. Insulta e picchia sua moglie e la brutalità è un suo tratto fondamentale.
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5 / Katerina Izmajlova di “Una Lady Macbeth del distretto di Mtsensk” di Nikolaj Leskov
Katerina Izmajlova è stata a lungo un simbolo della passione sinistra di Shakespeare condita dalla cupa realtà della vita russa. Inizia come una giovane contadina, ma poi diventa la moglie di un mercante e soffre disperatamente di noia. Nella sua passione cieca e incontrollabile per il suo nuovo amante presuntuoso (l’impiegato Sergej), la donna dal sangue caldo si trasforma in un vero mostro, e uccide suo marito, il suo anziano suocero e il piccolo nipote di suo marito, Fedja, che soffoca con un cuscino. Anche se si può supporre che i primi due omicidi siano stati commessi per amore, il terzo è impossibile da giustificare. Il ragazzino non interferiva con la vita amorosa di Katerina. Lei ha ucciso il minore per non dividere con lui l’eredità. E questa non è l’ultima morte nel cupo romanzo di Leskov.
Lo scrittore stesso aveva riconosciuto di essersi sentito spesso inquietante mentre scriveva il suo “Una Lady Macbeth del distretto di Mtsensk”. Il romanzo è un tentativo di esplorare cosa succede quando la gente comune cade preda di quelle che Leskov ha descritto come “passioni oscure”. Il punto chiave è che un crimine vile e malvagio viene sempre punito.
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