Sergej Rakhmaninov si è fatto principalmente conoscere come grande compositore, ma è stato altrettanto grande come pianista e direttore d’orchestra. “Non sono mai riuscito a capire quale sia la mia vera vocazione; chi sono, se un compositore, un pianista o un direttore d’orchestra… A volte mi sembra di essere, prima di tutto, un compositore; a volte penso di essere capace solo di suonare il pianoforte. Ora che la maggior parte della mia vita è ormai alle spalle, sono costantemente tormentato dal dubbio che, essendomi cimentato in molti ruoli, forse non ho vissuto la mia vita nel modo migliore. Ho cercato di prendere due piccioni con una fava e…”, affermò Rakhmaninov.
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Sergej Rakhmaninov nel 1896
SputnikNato il 1° aprile 1873 in una famiglia aristocratica, Rakhmaninov iniziò a suonare il pianoforte all’età di quattro anni. Aveva la musica nel sangue. Il nonno di Sergej, Arkadij Rakhmaninov, era un musicista professionista, che aveva studiato pianoforte con il compositore irlandese John Field, l’inventore del “notturno”. Quando Sergej aveva nove anni, la sua famiglia si trasferì dalla regione di Novgorod a San Pietroburgo, dove il ragazzo si iscrisse al conservatorio. Rakhmaninov imparava in fretta, ma spesso saltava le lezioni, così fu deciso di mandare il ragazzo a Mosca e di metterlo in un collegio privato. Lì, sotto il famoso pianista e insegnante Nikolaj Zverev, che imponeva una rigida disciplina, Rakhmaninov si esercitava ogni giorno al pianoforte per ore e ore. La cosa funzionò e il giovane in breve si diplomò con lode al Conservatorio di Mosca.
Uno dei più grandi violinisti di tutti i tempi, Fritz Kreisler, una volta eseguì una sonata di Cesar Franck con Sergej Rakhmaninov alla Carnegie Hall di New York. Il talentuoso violinista suonò con sicurezza senza spartito fino a quando, all’improvviso, la sua memoria lo abbandonò. Kreisler si avvicinò a Rakhmaninov e guardò nervosamente le note del suo partner, cercando di individuare il punto dove erano arrivati a suonare.
“Dove siamo?! Dove siamo?!”, sussurrò Kreisler disperato.
“Alla Carnegie Hall”, rispose Rakhmaninov, senza pensarci due volte.
“Rakhmaninov è stato creato in acciaio e oro: acciaio nelle sue mani e oro nel suo cuore”, disse una volta il geniale pianista polacco Józef Hofmann. Anche se la sua descrizione potrebbe sembrare un’esagerazione, si può affermare senza tema di smentita che Rakhmaninov aveva dita molto lunghe e mani enormi, forse il più grande paio di mani in tutto il mondo della musica classica. Il pianista, che era alto 1,98 m., aveva un’apertura di mano di circa trenta centimetri. Grazie anche a questa dote fisica, Rakhmaninov padroneggiava l’arte di suonare il pianoforte a tal punto che, quando appariva sul palco, suonava come se avesse dieci mani.
Nei primi anni del Novecento, Rakhmaninov si esibì regolarmente in Europa come pianista e direttore d’orchestra. Nel 1907, prese parte a concerti storici organizzati dall’impresario russo Sergej Djaghilev a Parigi e, nel 1910-1911, tenne concerti nel Regno Unito e in Germania.
Durante tutta la sua vita, il compositore soffrì di una permanente mancanza di fiducia in se stesso. Era terribilmente autocritico.
Anche dopo che il suo “Preludio in do diesis minore”, scritto nel 1892, quando aveva solo 19 anni, lo ebbe catapultato alla fama mondiale, il compositore rimase intrappolato in un ciclo di dubbi e autocritica. “Sono stanco, a volte è insopportabilmente difficile per me. In uno di quei minuti, mi romperò la testa”, disse una volta. Nel 1903, Rakhmaninov sposò Natalja Satina, che era sua cugina di primo grado, e le cose cominciarono a migliorare. “La moglie di un artista deve dire a suo marito tre cose: che è un genio, che è un genio e che è un genio”, osservò Rakhmaninov, con una punta di ironia.
Incline ai dubbi e ai sensi di colpa, Rakhmaninov perse la fiducia in se stesso dopo la prima della sua “Sinfonia n. 1”, nel marzo del 1897. Il direttore d’orchestra, Aleksandr Glazunov, era ubriaco durante la serata di apertura e rovinò la performance. La sinfonia di Rakhmaninov ottenne recensioni negative e il compositore sprofondò nella depressione. Non scrisse musica per tre anni, essendosi convinto di essere un buono a nulla. Fortunatamente, Rakhmaninov accettò di contattare un noto medico moscovita di nome Nikolaj Dal, che lo aiutò ad affrontare l’ansia e la depressione. L’ipnoterapia fece miracoli e il dubbioso artista riuscì a superare le sue paure e ricominciò a comporre musica.
Il “Concerto per pianoforte e orchestra n. 3” è, secondo rinomati concertisti come Nikolaj Luganskij e vari musicologi di tutto il mondo, il “più grande concerto per pianoforte mai scritto”.
Composto nel 1909, fu eseguito per la prima volta a New York durante il tour di Rakhmaninov negli Stati Uniti. “Sono un compositore russo e la mia patria ha lasciato un’impronta nel mio carattere e nelle mie opinioni. La mia musica è il frutto del mio carattere e, quindi, è musica russa”, dichiarò Rakhmaninov.
Rakhmaninov era un grandissimo appassionato di auto. Il compositore ricevette la sua prima auto – una Loreley rossa – come regalo da sua moglie e dalle sue due figlie. Rakhmaninov soprannominò la sua auto sportiva “Laura”.
Sergej Rakhmaninov con la famiglia nella Regione di Tambov, 1912
SputnikSecondo i ricordi di un amico del compositore, il pianista Aleksandr Goldenweiser, Rakhmaninov era un pilota virtuoso. Aveva anche una teoria tutta sua: “Un buon direttore d’orchestra deve naturalmente essere un buon guidatore. Sia l’automobilista che il direttore d’orchestra hanno bisogno di una volontà di ferro, di un’attenzione concentrata e di una costante presenza di spirito. A queste qualità il direttore d’orchestra deve solo aggiungere qualche conoscenza della musica”, disse una volta.
A causa di numerosi problemi tecnici, la Loreley cadde in disgrazia e Rakhmaninov si procurò una Mercedes. Aveva buon gusto per le auto e gli piaceva guidare veloce. Tutte le sue macchine erano assicurate contro quasi tutto, inclusi incendio, collisione e vandalismi. Mentre viveva nella sua residenza estiva, Villa Senar, in Svizzera, Rakhmaninov e la sua famiglia facevano lunghi viaggi in auto: a Bayreuth, sul fiume Roter Main (Meno Rosso) in Baviera, e persino a Parigi. Anche durante le cure in un sanatorio a Baden-Baden, in Germania, Rachmaninov non si separò dalla sua auto. Andando ad Aix-les-Bains, in Francia, con sua moglie Natalja, Rakhmaninov disse: “Sono solo 344 chilometri di distanza. Andiamoci in macchina, così, se succede qualcosa, ce ne andremo in un attimo”.
Rakhmaninov accolse la cosiddetta Rivoluzione di Febbraio del 1917 senza grande ottimismo. Temeva che, a causa del crollo del vecchio sistema, la sua attività artistica di pianista e compositore potesse avere problemi, così approfittò dell’offerta che gli venne dalla Svezia di eseguire un concerto a Stoccolma.
Nel dicembre 1917, Rakhmaninov partì per una tournée in Scandinavia, da dove non tornò più in Russia. Nel 1918, la sua famiglia si stabilì definitivamente negli Stati Uniti. Il talento di Rakhmaninov fu molto apprezzato oltreoceano. In America era considerato un pianista di livello mondiale e poteva facilmente guadagnarsi da vivere con i concerti. Eppure, nonostante l’enorme successo, si sentiva in una terra straniera e il suo lavoro come compositore fu messo in pausa per un po’. Non compose nulla per quasi otto anni.
“Sono nato come buono a nulla e, quindi, sopporto le difficoltà che sono inseparabili da questo titolo. Cinque anni fa, quando ho iniziato a suonare, pensavo che avrei potuto ottenere soddisfazione nell’ambiente del pianoforte: ora sono convinto che questo sia impossibile”, scrisse Rakhmaninov nel 1923.
Solo nel 1926 uscì dalla sua penna il “Concerto per pianoforte e orchestra n. 4”. La nostalgia per la patria, per la sua nativa Russia, diede origine a una tremenda potenza tragica, che raggiunse il suo apice nelle “Danze sinfoniche”, il suo ultimo grande pezzo musicale, composto negli Stati Uniti nel 1940.
Quando la Grande Guerra Patriottica scoppiò nel 1941 e Rakhmaninov vide quanto la Russia stava soffrendo per l’invasione nazista, si preoccupò enormemente per il popolo russo. Il compositore inviò almeno quattromila dollari (l’equivalente di circa 74.000 dollari attuali) all’Armata Rossa. Con questi soldi vennero costruiti aerei da combattimento. Il pianista esortò anche gli emigranti russi all’estero a unire i loro sforzi e ad aiutare l’Unione Sovietica nella sua lotta contro il nazifascismo, e per questo si guadagnò persino il soprannome di “Rakhmaninov il rosso”. La mossa cambiò anche l’atteggiamento del governo sovietico verso di lui. Le relazioni divennero molto più calde. Rakhmaninov, che non aveva accettato la cittadinanza americana mentre viveva in America, fece visita all’ambasciata sovietica e scrisse una richiesta formale affinché gli permettessero di tornare in patria il prima possibile. Non ricevette però alcuna risposta. Solo allora, sentendosi poco bene e lottando contro il cancro, prese finalmente la decisione di diventare cittadino americano, per poter meglio provvedere alla sua famiglia.
La casa di Sergej Rakhmaninov a Beverly Hills
SputnikPurtroppo, Rakhmaninov non poté più rivedere la Russia e morì nel 1943 a Beverly Hills, in California.
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