Icone Santa Caterina d’Alessandria martire e Decollazione di san Giovanni Battista
Ufficio stampaNasce a Firenze il Museo delle Icone Russe, una straordinaria mostra permanente allestita nelle sale affrescate di Palazzo Pitti, da poco restaurate, che presenta al pubblico 78 immagini sacre realizzate in Russia fra il tardo ’500 e la metà del ’700, e collezionate nel corso del XVIII secolo dalle famiglie dei Medici e dei Lorena. L’esposizione, inaugurata il 2 gennaio, è la più antica raccolta di icone al mondo fuori dai confini russi e, così come ha detto l’ambasciatore della Federazione Russa in Italia Sergej Razov, “diventerà un evento di grande valore per il nostro intenso dialogo nel campo della cultura”.
Espressione della spiritualità ortodossa per eccellenza, le icone sono nate e si sono diffuse in Russia durante il processo di cristianizzazione della popolazione dell’antica Rus’, e dal XVI secolo sono entrate nelle case russe, appese alle pareti o disposte sopra una mensola.
Le opere esposte oggi a Firenze appartennero ai granduchi della casata dei Medici e furono menzionate già nella metà del ‘600 negli inventari degli arredi della Cappella delle Reliquie di Palazzo Pitti. Il gruppo più numeroso arrivò a Firenze durante il regno di Francesco Stefano di Lorena (1737-1765).
Le icone più antiche della raccolta, eseguite fra XVI e XVII secolo, sono riconducibili a pittori che lavoravano per la corte degli zar nel Palazzo dell’Armeria del Cremlino a Mosca, principale centro di riferimento per l’arte e la produzione di questo tipo di opere prima della fondazione della nuova capitale, San Pietroburgo. Anche molte delle icone dei primi decenni del ’700 si ispirano a modelli della scuola moscovita, ma furono verosimilmente realizzate in botteghe provinciali della Russia centrale. Si tratta perlopiù di icone di medie e piccole dimensioni, destinate alla devozione domestica e personale. Ve ne sono anche alcune la cui esecuzione è probabilmente attribuibile ai maestri di Kostroma e Jaroslavl, antiche città sul fiume Volga a nord di Mosca.
Per pochi anni, alla fine del Settecento, l’intera raccolta fu esposta nella Galleria degli Uffizi come testimonianza della pittura bizantina, nell’ambito della riscoperta delle antichità cristiane. Nel 1796 molti esemplari furono tuttavia rimossi dal percorso espositivo e relegati in gran parte nella villa medicea di Castello, dove sono rimasti fino all’inizio del XX secolo.
Tra le opere più pregiate della collezione ci sono due pannelli che compongono il Menologio, il calendario delle festività religiose ortodosse divise per semestri: ogni pannello si compone di venti file orizzontali con scene sacre e figure di santi, ciascuna identificata da un’iscrizione.
L’icona con Santa Caterina d’Alessandria, è databile al 1693-1694 grazie al punzone nella oklad di argento dorato (il rivestimento metallico che copre alcune parti delle icone). La principessa martire è raffigurata con attributi molto simili a quelli rappresentati nell’arte occidentale: la palma e la ruota del martirio, i libri e la sfera armillare che alludono alla sua vasta conoscenza. L’opera è attribuita all’atelier del Palazzo dell’Armeria, la bottega che lavorava alla corte dello zar nel palazzo del Cremlino a Mosca, ed è affine allo stile di Kiril Ulanov, uno dei più noti maestri fra XVII e XVIII secolo.
Solo di un esemplare della collezione fiorentina si conosce l’autore, Vasilij Grjaznov, che firma l’icona della Madre di Dio di Tichvin, datata 16 luglio 1728. Si tratta di una replica dell’immagine miracolosa che secondo la tradizione apparve nel 1383 a Tichvin, nel territorio di Novgorod. Nel dipinto, la data è indicata secondo il sistema occidentale, introdotto in Russia dallo zar Pietro il Grande (1672-1725) insieme ai numeri arabi e al calendario giuliano, in sostituzione di quello bizantino fino ad allora in uso.
Icona Madre di Dio di Tichvin
Ufficio stampaGli esemplari più antichi della collezione sono l’icona raffigurante la Madre di Dio, del tipo detto “In te si rallegra ogni creatura”, e quella con la Decollazione del Battista. Il loro arrivo a Firenze è legato al collezionismo dei Medici. Le due icone facevano infatti parte degli oggetti liturgici conservati nella cappella delle Reliquie a Palazzo Pitti già nel 1639, al tempo del regno di Ferdinando II de’ Medici e della sua consorte Vittoria della Rovere.
Icona “In Te si rallegra ogni creatura”
Ufficio stampa“La raccolta di icone fiorentina si distingue dalle altre per il fatto di esser composta prevalentemente da esemplari di piccole e medie dimensioni, destinate alla devozione privata delle famiglie e ad essere portate in viaggio - ha detto il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt -. La vicinanza delle icone russe alla Cappella Palatina diventa metafora di un ponte confessionale tra Ortodossi e Cattolici che richiama le comuni radici spirituali e i frequenti scambi culturali tra Italia e Russia avvenuti nei secoli e tuttora perduranti”.
Icona Menologio
Ufficio stampaL’esposizione a Palazzo Pitti è accompagnata dalla mostra virtuale “La Luce del Sacro: Icone russe a Palazzo Pitti”, visitabile sul sito degli Uffizi e curata da Daniela Parenti.
Infine, sul sito web degli Uffizi è stata pubblicata un’interessante testimonianza video di Zelfira Tregulova, direttrice della Galleria Tretyakovskaya di Mosca, il museo che vanta la più grande collezione di icone russe al mondo.
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