L’anno 2020 ha segnato il 100° anniversario della nascita di Isaac Asimov (2 gennaio 1920-6 aprile 1992), uno dei più grandi scrittori di fantascienza. Coloro a cui piace mettere subito le cose in chiaro stanno premendo per una risposta alla domanda: era russo? Tecnicamente no, ma “filosoficamente” parlando, in un certo senso sì. Dopo tutto, la cittadinanza formale e il luogo di vita dello scrittore sono solo una parte del quadro, e non l’essenza dell’identità culturale.
Asimov è stato largamente riconosciuto come una delle più grandi menti del XX secolo. Non solo ha coniato il termine “robotica”, ma ha anche inventato le tre leggi della robotica:
- Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
- Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.
- Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.
La biografia di Asimov sembra quella di un pioniere che ha fatto grandi scoperte nei settori della scienza, della robotica, della matematica, dell’astronomia e della sociologia, solo per dimostrare che le sue storie di fantasia non sono poi così fantastiche e apocalittiche come inizialmente sembravano. Insomma, lo scrittore era molto più avanti rispetto ai suoi tempi quando raggiunse i vertici della fantascienza.
Il luogo di nascita
Isaac Asimov nacque in una prospera famiglia ebrea dello shtetl (una cittadina a maggioranza ebraica) di Petrovichi, nella regione russa di Smolensk, il 2 gennaio del 1920, in piena Guerra civile. Il suo nome in russo era Isaàk Azìmov (Исаак Азимов). Quando aveva appena tre anni, con la famiglia partì alla volta degli Stati Uniti.
Suo padre, la cui famiglia possedeva un mulino e viveva a Petrovichi dalla metà del XVIII secolo, temeva che le conseguenze sociali della Rivoluzione guidata da Lenin avrebbero gravemente influenzato la sicurezza della sua famiglia, mettendola in pericolo. “Fino al 1922, nonostante gli sconvolgimenti della guerra, della rivoluzione e dei disordini seguenti, stava andando abbastanza bene in Russia, anche se, ovviamente, se mio padre fosse rimasto lì, chissà cosa gli sarebbe successo nei giorni ancora più bui della tirannia di Stalin, della Seconda guerra mondiale e dell’occupazione nazista”, scrisse Asimov nel suo libro di memorie.
Ebbe luogo una riunione familiare in cui tutti convennero che gli Stati Uniti fossero un rifugio sicuro per crescere Isaac e sua sorella, la neonata Marcia. Visto che la madre di Isaac aveva un fratellastro che viveva a New York, l’idea di riunirsi alla sua famiglia sembrava abbastanza buona. L’intera famiglia sbarcò a Ellis Island nel 1923. “Mio padre è venuto negli Stati Uniti con la speranza di dare una vita migliore ai suoi figli e ha sicuramente realizzato il suo sogno”, ha ricordato Asimov.
Suo padre, Judah (1896-1969), voleva rendere la vita di Isaac migliore della sua, e questo, una volta negli Usa, significò molto lavoro e tanti sacrifici. Accettò qualsiasi lavoro che riusciva a trovare, vendendo spugne, aspirapolvere, e lavorando in una fabbrica di maglioni. “In Russia, faceva parte di una famiglia di mercanti ragionevolmente prospera. Negli Stati Uniti si ritrovò senza un soldo. In Russia, era stato un uomo istruito, ammirato da coloro che lo circondavano per la sua cultura. Negli Stati Uniti si trovò a essere praticamente un analfabeta, perché non sapeva leggere e nemmeno parlare inglese. Inoltre, non aveva un tipo di istruzione che sarebbe stata considerata tale dagli americani laici. Era guardato dall’alto in basso come un immigrato ignorante”.
L’enorme sacrificio personale di suo padre lasciò un’impronta psicologica duratura su Asimov. Non aveva mai smesso di studiare e di imparare, nemmeno quando ormai era anziano e in pensione, come se cercasse in quel modo di integrarsi.
“C’è un culto dell’ignoranza negli Stati Uniti e c’è sempre stato”, osservò con amarezza Asimov in un saggio nel 1980.
La lingua russa
Asimov ricordò con orgoglio che suo padre, che alla fine era riuscito a mettere da parte abbastanza soldi per aprire un piccolo negozio di dolciumi a New York, poteva “parlare, leggere e scrivere in russo con grande scioltezza e conosceva bene la letteratura russa”.
Sua madre, Khana (Anna) Rachel Berman, “sembrava una tipica contadina russa”, disse. In realtà, era ben istruita e sapeva leggere e scrivere sia in russo che in yiddish.
Isaac aveva un rimprovero nei confronti dei suoi genitori. “Si parlavano in russo tra di loro quando volevano discutere in privato di qualcosa che le mie orecchie non dovevano sentire. Se avessero sacrificato questo banale bisogno di privacy e mi avessero parlato in russo da bambino, l’avrei appreso come una spugna e conoscerei una seconda lingua di importanza mondiale ”, si lamentò lo scrittore.
Tuttavia, Isaac compensò questa mancanza con altri eccellenti risultati. Era un bambino prodigio: a 5 anni aveva già imparato a leggere da solo, a 15 si diplomò al liceo, e a 19 si laureò alla Columbia University in chimica. Dieci anni dopo era già professore di biochimica alla Boston University School of Medicine.
Asimov iniziò a proporre racconti a riviste di fantascienza nel 1939. Scrisse e curò circa cinquecento libri, mescolando scienza con tecnologia, storia e cultura. Scriveva compulsivamente. “Se il mio medico mi dicesse che ho solo sei minuti di vita, non rimuginerei. Scriverei un po’ più velocemente”, scherzò una volta. L’autore dei tanti libri del “Ciclo della Fondazione”, del “Ciclo dei Robot” e dei racconti dell’“Antologia del bicentenario”, oltre che di fantascienza ha scritto una guida su Shakespeare, una su Lord Byron, una su John Milton e persino una sulla Bibbia (“Asimov’s Guide to the Bible”). Tema che lo appassionava, visto che scrisse anche “In principio: il libro della Genesi interpretato alla luce della scienza”. Stacanovista della scrittura, pubblicò circa dieci volumi all’anno per oltre trent’anni. Instancabile, si alzava alle sei del mattino per restare incollato alla sua macchina da scrivere per 15 ore di seguito.
La religione
Sebbene Asimov abbia trascorso tutta la sua vita negli Stati Uniti, il suo luogo di nascita rimase sempre molto importante per lui. Lo scrittore calcolò la posizione geografica esatta del suo shtetl ebraico natale, Petrovichi, (53° 58′ N, 32° 10′ E) per farne una menzione speciale nella sua autobiografia.
Asimov, il cui padre aveva ricevuto in Russia un’educazione da ebreo ortodosso, credeva che ogni individuo, indipendentemente dall’etnia, dall’istruzione e dalla cittadinanza, avesse diritto alle proprie convinzioni e alla propria spiritualità.
“Ciò a cui sono contrario è il tentativo di collocare il sistema di credenze di una persona all’interno della nazione o del mondo in generale. Sai, protestiamo dicendo costantemente che l’Unione Sovietica sta cercando di dominare il mondo, di rendere comunista il mondo. Beh, quanto agli Stati Uniti, spero che stiano cercando di democratizzare il mondo. Ma certamente sarei decisamente contrario al tentativo di cristianizzare il mondo, o di islamizzarlo, o di giudaizzarlo, o qualcosa del genere. E la mia obiezione ai fondamentalisti non è sul fatto che siano fondamentalisti loro, ma che essenzialmente loro pretendano che anch’io sia un fondamentalista”, affermò in un’intervista dai toni profetici nel 1988.
Le accuse di spionaggio
Sebbene Asimov non parlasse russo, si espresse positivamente sul Disgelo in campo culturale degli anni di Khrushchev e sui risultati scientifici sovietici. All’inizio degli anni Sessanta, curò anche diverse antologie di fantascienza sovietica.
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All’inizio, le sue opinioni “dubbie” non interessarono più di tanto i servizi di intelligence statunitensi. Ma poi, nel 1960, un anonimo scrisse una lettera a J. Edgar Hoover (1895-1972), il primo direttore dell’Fbi, chiedendo di indagare su Asimov per le sue presunte simpatie comuniste, mettendo in dubbio la posizione dello scrittore “rispetto al fatto che i sovietici avevano avuto la prima centrale nucleare”.
Hoover, che non era nato ieri ed era rimasto in carica per quasi cinquant’anni, scrisse a margine della lettera: “Non abbiamo particolare interesse per le sue osservazioni”.
Le cose presero una svolta molto più seria nel 1965, quando l’Fbi aprì un’indagine su Asimov, sospettato di essere una spia sovietica con il nome in codice di “Robprof”. L’agenzia ricevette una lista di nomi del Partito Comunista degli Stati Uniti che conteneva il nome di Asimov. All’epoca Asimov lavorava alla Boston University. L’Fbi esaminò il suo lavoro accademico per scoprire se l’acclamato scrittore statunitense nato nella Russia sovietica fosse effettivamente un informatore dell’Urss. Asimov fu scrupolosamente monitorato per due anni, fino a quando i sospetti caddero.
Le predizioni
Asimov fu un maniaco del lavoro e un perfezionista per tutta la vita. Predisse l’ascesa dei computer e della robotica, e che la tecnologia avrebbe avuto un impatto sull’istruzione (era sicuro che i bambini non avrebbero più avuto bisogno di insegnanti, un giorno).
“La comunicazione diventerà suono-visiva e oltre che sentire potremo vedere la persona a cui si telefona. Lo schermo potrà essere utilizzato non solo per vedere le persone che chiami, ma anche per consultare documenti e fotografie e leggere brani di libri. I satelliti sincroni, in bilico nello spazio, ci consentiranno di chiamare direttamente qualsiasi punto della terra, comprese le stazioni meteorologiche in Antartide”, scrisse in un saggio nel 1964.
Quanto alla televisione, “gli schermi piatti a muro sostituiranno i normali televisori; ma faranno la loro comparsa cubi trasparenti in cui sarà possibile la visione tridimensionale”.
“Saranno ideati strumenti da cucina che prepareranno da soli pasti e bibite, riscaldando l’acqua e convertendola in caffè; tostando il pane; facendo le uova fritte, bollite o strapazzate, il bacon alla griglia e così via. Le colazioni verranno ‘programmate’ la sera prima per essere pronte a un’ora specificata la mattina successiva. Pranzi e cene completi, con il cibo semi-preparato, saranno conservati nel congelatore fino al momento della lavorazione”, scrisse.
Come molti geni, Asimov era guidato tanto dalle aspirazioni quanto dalle fobie. L’uomo che ha scritto “Neanche gli dei” aveva paura di volare, e optava sempre per treni e navi da crociera. Asimov soffriva poi di claustrofobia, e non riuscì mai ad imparare a nuotare né ad andare in bicicletta. Soffrì a lungo di gravi problemi cardiaci e nel 1983 subì un triplo bypass. Le trasfusioni di sangue che ricevette durante l’intervento erano infette dal virus Hiv. Il pluripremiato scrittore morì, per insufficienza cardiaca e renale, nel 1992.
Nelle sue interviste, Asimov ha spesso ammesso ironicamente di aver scritto per lo stesso motivo per cui respirava: “Perché se non lo facessi, morirei”. Con una carriera durata mezzo secolo, ha lasciato una ricca eredità come scrittore americano, i cui libri hanno introdotto milioni di persone alla fantascienza. Ma sebbene abbia vissuto negli Stati Uniti praticamente per tutta la vita, Asimov affermò di non aver mai dimenticato del tutto dove era nato.
Del resto, come scrisse in “Io, robot”: “In molti casi la cosa più difficile è proprio rendersi conto di ciò che è ovvio. La gente dice: ‘È evidente come il tuo naso’; ma quanta parte del mio naso riesco a vedere, a meno che qualcuno non mi tenga davanti uno specchio?”.
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