Il 10 ottobre l’Accademia Svizzera annuncerà il vincitore del Premio Nobel per la Letteratura. E, secondo noi, Lyudmila Ulitskaya ha tutte le carte in regola per aspirare all’ambito riconoscimento.
A giudicare dalle previsioni dei bookmaker, Ulitskaya occupa il quinto posto tra i favoriti del 2019, preceduta dalla canadese Anne Carson, dalla francese Maryse Condé, dalla cinese Can Xue e dallo scrittore giapponese Haruki Murakami al primo posto. Ecco perché potrebbe essere lei la vincitrice.
1/ Ulitskaya affronta tematiche attuali con un linguaggio che ricorda quello di Tolstoj
L’obiettivo di Alfred Nobel era quello di premiare uno scrittore che avesse avuto il merito di creare un’opera stupefacente. E cosa c’è di meglio di un bel romanzo russo del XIX secolo per riflettere sul senso dell’esistenza?
Dareste il Nobel a Lev Tolstoj? Siamo sicuri di sì... ma per qualche strana ragione, lo scrittore russo non lo ricevette mai. Ma c’è chi si rallegrerebbe nel sapere che anche oggi, nel XXI secolo, in Russia esiste un “Tolstoj”: stiamo parlando di Lyudmila Ulitskaya, capace di parlare del passato e del presente con un linguaggio moderno, comprensibile sia per i giovani, sia per gli adulti.
Spesso nei suoi romanzi segue le vicende di più generazioni appartenenti a una stessa famiglia. Nei suoi libri “Medea and her children” o nel suo ultimo lavoro “Jacob's Ladder”, Ulitskaya svolge un profondo lavoro di ricerca sull'anima e sulla psicologia dei personaggi. Da grande narratrice quale è, Ulitskaya è profondamente legata al tempo presente.
Anche lei affronta l’eterna questione già trattata in “Padri e figli” di Turgenev (e qui vi abbiamo elencato i motivi per cui dovreste leggere “Padri e figli”), ovvero il legame che esiste tra generazioni; con i suoi lavori Ulitskaya suggerisce ai propri lettori di scrollarsi di dosso il “senso di colpa” che spesso i figli provano nei confronti dei propri genitori.
2/ Cerca di evitare che si ripetano gli errori del passato
“I giovani di oggi, da quanto ho potuto capire grazie a molte conversazioni, incolpano quella generazione (la generazione degli anni ’60, ndr) dell’ordine di cose vigente e il processo di ‘stalinizzazione’ che osservo ogni giorno è la prova che le lezioni del potere sovietico e delle sue cruente repressioni non sono state assimilate”, aveva dichiarato Ulitskaya in un’intervista del 2013 a Russia Beyond.
Lei, come scrittrice, sente infatti il dovere di spiegare alle giovani generazioni che cosa furono gli anni ’60 in URSS. Non parla degli oscuri e sanguinosi anni di Stalin, ma di un decennio rivelatosi molto più sicuro per la vita delle persone, nonostante i gravi problemi personali che comportò.
In “The Big Green Tent” (tradotto in italiano come “Una storia russa”, edito da Bompiani) parla dei samizdat e di come la gente si vide obbligata a recuperare e a diffondere in modo illegale i libri considerati materiale antisovietico, e per questo vietati dai burocrati sulla base di criteri insensati.
Il romanzo ripercorre le storie di decine di persone le cui vite vennero rovinate dal potere sovietico. Non potevano lavorare rincorrendo i propri interessi e utilizzando la propria intelligenza, a causa del terrore costante di essere arrestati.
3/ Una scrittrice interculturale
Uno dei suoi migliori romanzi, "Daniel Stein, Interpreter”, non è altro che un tentativo di riconciliare il cristianesimo con l’islam e l’ebraismo. E mostra come le questioni politiche intacchino anche la vita delle persone comuni.
Il romanzo è basato sulla storia vera di Oswald Rufeisen. Il personaggio principale è un uomo “unico”, un ebreo polacco che ha nascosto le proprie origini e ha prestato servizio per la Gestapo durante la Seconda guerra mondiale, riuscendo a salvare numerose vite.
Daniel dà asilo e sostegno agli emarginati e alle persone in difficoltà: fra loro vi è un arabo cristiano. Il protagonista cerca di far riavvicinare gli ebrei e i musulmani locali, sforzandosi per migliorare i rapporti fra di loro.
Daniel lavora come interprete non solo perché conosce molte lingue, ma perché si sente un interprete fra culture e religioni.
Non a caso, Lyudmila è un’ebrea russa convertita al cristianesimo.
4/ L’umanesimo come tema centrale
Ulitskaya è un’attiva sostenitrice dei diritti umani. Si considera un’intellettuale e liberale, e ha partecipato alle proteste dell’opposizione una decina di anni fa.
È inoltre una portavoce abituale dell’associazione Memorial, che difende la memoria delle persone represse durante l’epoca di Stalin. I suoi nonni vennero arrestati in quello stesso periodo. Per questo la scrittrice cerca di diffondere il più possibile l’attività dell’associazione.
Partecipa inoltre attivamente a progetti sociali. Ha creato la Fondazione Lyudmila Ulitskaya per sostenere iniziative umanitarie.
5/ È uno dei più grandi autori viventi
Ulitskaya ha 76 anni e ha già annunciato che non tornerà a scrivere grandi romanzi. Un compito che richiede troppo tempo ed energie: Lyudmila, infatti, ha detto di voler dedicare maggior tempo alla sua famiglia. Ma per il momento continua a scrivere.
Biologa di professione, ha iniziato la carriera di scrittrice alla fine degli anni ’80, quando aveva già superato i 40 anni. Da allora ha scritto una ventina di brillanti libri e 7 romanzi davvero straordinari. Sono stati realizzati anche dei film, tratti dalle sue opere. Ha vinto due grossi premi letterari russi: il Gran Libro e il Premio Booker Russo.
Inoltre è uno degli autori russi contemporanei più conosciuti all’estero. I suoi libri sono stati tradotti in 25 lingue e vengono costantemente ristampati. Nel 2009 è stata tra i pochi autori russi a essere nominati per il Premio Man Booker; ha inoltre vinto decine di prestigiosi riconoscimenti letterari all’estero, fra cui il Premio Grinzane Cavour in Italia.