“Padri e figli”: ecco perché dovete leggere quanto prima questo romanzo

Cultura
VIKTORIA DREJ
Non solo perché sta per scattare il duecentesimo anniversario dalla nascita del suo autore, Ivan Turgenev, ma perché è una delle opere più belle della letteratura russa e ci dice molto sull’eterno conflitto intergenerazionale

Da un lato ci sono i padri: nobili, conservatori, che vivono senza faticare troppo nelle loro tenute lussuose. Dall’altro i figli, che guardano avanti, scegliendo il duro lavoro, e che non vogliono dipendere dalla loro epoca, “Che sia piuttosto l’epoca a dipendere da me”, dice Evgenij Bazarov, il protagonista. Ecco la realtà della Russia del XIX secolo, piena di contraddizioni, che Ivan Turgenev (1818-1883) descrive nel suo romanzo “Padri e figli” (1862).

“Padri e figli” non è certo l’unico libro di Turgenev degno di essere letto. Negli anni Sessanta del XIX secolo si era guadagnato la reputazione di scrittore con la esse maiuscola con libri come “Memorie di un cacciatore” (1852), “Mumu” (1854), “Asia” (1857) e altri racconti molto popolari e acclamati dalla critica. Ma fu “Padri e figli” (1862) che alla fine fece salire il nome di Turgenev alla pari con grandi scrittori russi come Aleksandr Pushkin, Mikhail Lermontov e Nikolaj Gogol. Per quali motivi?

Fece diventare di moda il rifiuto di ogni autorità

Turgenev sentiva che il volto dell’aristocrazia terriera russa stava cambiando rapidamente, e a molti parve poi che il suo personaggio avesse persino predetto l’ascesa del movimento socialista. Una delle innovazioni di “Padri e figli” era il nuovo tipo di personaggio: un nichilista, ossia “una persona che rifiuta qualsiasi autorità”. L’incarnazione di questo modello era Bazarov: uno studente di medicina con un approccio pragmatico a tutto.

Non c’era nessuno come Bazarov in precedenza nella letteratura russa: lui respingeva tutte le assunzioni comuni sulla politica, i valori della famiglia, la gerarchia sociale, l’ortodossia e quasi ogni aspetto della vita del XIX secolo. E metteva in gioco il concetto stesso di amore, anche se alla fine questo avrebbe prevalso su di lui.

All’inizio del 1860 nacque il movimento nichilista russo e “Padri e figli” di Turgenev fu uno dei suoi capisaldi, insieme alle opere di Nikolaj Chernyshevskij, Dmitrij Pisarev e altri. Nel 1862, dopo la pubblicazione del romanzo, Turgenev arrivò in una San Pietroburgo in fiamme. Gli storici ritengono che alcuni movimenti radicali possano aver incendiato la città. Turgenev ricordò la prima cosa che si sentì dire da un suo amico: “Guarda i tuoi nichilisti: stanno bruciando Pietroburgo!”

Sollevò il problema dei conflitti generazionali

Ivan Turgenev è stato anche il primo autore della letteratura russa a sollevare il tema del conflitto tra le generazioni in modo così esplicito. “Aristocrazia, liberalismo, principi… Pensa solo a quante parole straniere e inutili! Per un russo non servono a nulla!”, ecco cosa pensa il giovane nichilista Bazarov della generazione più anziana e del suo modo conservatore di intendere la vita. Il titolo del romanzo, in russo “Ottsy i deti”, divenne un tormentone, un’espressione che è ancora ampiamente utilizzata.

E non si tratta solo delle comuni tensioni quotidiane tra genitori e figli, ma anche dei due tipi di intellighenzia russa del XIX secolo: i “padri” nobili e molto conservatori con camicie inamidate e i “figli” rivoluzionari che non sono più disposti a vivere come i genitori benestanti, che non sanno cosa significhi lavorare e difendono idee ormai arcaiche.

Turgenev fondamentalmente catturò lo spirito turbolento del suo tempo, ma non a tutti i critici questo piacque. La maggior parte rimase colpita dall’approccio innovativo di “Padri e figli” e dallo sguardo neutro sulla vita moderna della Russia del XIX secolo, ma un sacco di critici accusarono Turgenev di calunniare le giovani generazioni e di offendere la vecchia.

Ci furono così tante reazioni controverse al romanzo che alla fine lo stesso Turgenev decise di rispondere ai critici. Il suo obiettivo principale era descrivere la realtà senza prendere le parti di nessuno. Turgenev pensava che le reazioni negative fossero dovute al fatto che il suo personaggio principale, Bazarov, era completamente un inedito per la letteratura russa. Il pubblico si aspettava che l’autore giustificasse il protagonista o lo giudicasse, senza vie di mezzo. Ma Turgenev respinse entrambi questi approcci, limitandosi a raffigurare il suo nichilista nel modo più realistico e oggettivo possibile.

C’è una leggenda secondo la quale uno dei conoscenti di Turgenev gli avrebbe suggerito di cambiare il titolo del romanzo in “Né padri né figli”. Colse nel segno. Turgenev non giustifica la causa di nessuna generazione, mostra solo i cambiamenti maturati nella Russia conservatrice del XIX secolo. Il nichilismo divenne una tendenza rivoluzionaria che non tutti nella Russia zarista erano pronti ad accettare, e Turgenev riassunse nella persona Bazarov tutti i tipi di negazione dell’esistente: “Noi agiamo in forza di ciò che riconosciamo utile. Ai giorni nostri, la cosa più utile di tutte è la negazione: noi neghiamo. Tutto”.

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