Aleksej Fedorchenko: “Anna’s war” è il film definitivo sulla Seconda guerra mondiale

Sergei Okladnikov / 29 February Film Company
Russia Beyond intervista il regista russo alla vigilia della première mondiale della sua nuova pellicola, al Festival di Rotterdam. È la storia di una bambina ebrea nell’Ucraina invasa dai nazisti

Aleksej Fedorchenko, nato nel 1966, è uno dei più noti registi russi contemporanei. Nel 2004 ha vinto il premio nella sezione “Orizzonti” al Festival del Cinema di Venezia per il suo mockumentary “Pervye na lunè” – “First on the Moon”. Anche gli altri suoi film, “Silent Souls” (2010), “Spose celestiali dei mari di pianura” (2012) e “Angeli della rivoluzione” (2014), sono ben noti agli amanti del cinema. 

Vojna Anny” (titolo per il mercato estero: “Anna’s War”) di Aleksej Fedorchenko è presentato in anteprima mondiale al Festival Internazionale del Cinema di Rotterdam, il 28 gennaio 2018. Si tratta di un dramma di guerra claustrofobico, che si svolge sul territorio occupato dalla Germania nel 1941. Il protagonista principale, una ragazza ebrea di sei anni di nome Anna, si nasconde dai soldati tedeschi, e lo spettatore vede gli orrori della guerra attraverso i suoi occhi. 

Russia Beyond ha parlato con il regista prima della proiezione del film a Rotterdam. 

Dopo lannuncio che Annas Warera stato incluso nel programma del Rotterdam Film Festival, era emerso che lei non aveva abbastanza soldi per finire il film. Poi come ha risolto?

Abbiamo chiesto finanziamenti sulle piattaforme di crowdfunding. Questa è una situazione normale nel nostro Paese, per i film d’essai che non ricevono il sostegno finanziario dallo Stato. Fin dall’inizio, “Anna’s War” non ha cercato di ottenere fondi pubblici: i produttori del film hanno deciso così. Dovreste chiedere a loro il perché. Per me, non era una questione di principio. 

Quello di Rotterdam èun festival di film desordio. Lei ha realizzato sei lungometraggi e ricevuto premi in prestigiosi festival cinematografici europei. Non èsorpreso che Annas Warsia stata inclusa nel programma di questo festival?

No, sarà interessante per me andare a un festival che ha la reputazione di essere uno dei più prestigiosi d’Europa. Ma in generale non cerco mai di far accettare i miei film per una determinata piazza. Naturalmente, per i produttori è importante che un film sia selezionato da un noto festival e sono anche contento che i miei film siano apprezzati all’estero. Ma questa non è la cosa più importante per me, e non ci penso. Se deve essere Rotterdam, Rotterdam sia. 

Questo èil suo secondo film sulla Seconda guerra mondiale, il primo fu il documentario desordio del 2004, David. C’èun collegamento tra i due? 

Probabilmente c’è, dato che entrambi i film parlano di bambini in guerra. E, implicitamente, mentre lavoravo ad “Anna’s War”, è possibile che in fondo alla mia mente ci fosse l’idea che avevo già esperienza nel raccontare storie del genere. Tuttavia i due film sono molto diversi, sia nel concept che nella realizzazione. 

Quando ha deciso di realizzare Annas War? 

Nel 2011 un testo pubblicato su Livejournal ha attirato la mia attenzione. Raccontava la storia di una ragazza ebrea proveniente da un orfanotrofio della regione di Poltava. Durante la guerra la ragazza fu costretta a nascondersi dai nazisti. Ho immediatamente pensato che la storia potesse essere la base per una sceneggiatura. Ma all’epoca era solo una vaga idea. Una delle tante che vengono sempre ai registi. Più tardi ne metti la maggior parte nel dimenticatoio e restano lì. Ma questa storia non mi lasciava in pace. E circa un anno dopo ho scritto l’inizio e il finale, e gradualmente ho iniziato a lavorare sulla sceneggiatura. 

Significa che il finale del film èdiverso da come finisce la storia delleroina nella vita reale? 

Sì, nella vita reale la ragazza di cui ho letto la storia è cresciuta nell’orfanotrofio e poi è rimasta a lavorare all’orfanotrofio. La nostra storia è diversa. 

Natalia Meshchaninova, il cui film desordio Kombinat Nadezhda’”(The Hope Factory), èstato pure presentato a Rotterdam in passato, èco-autrice della sceneggiatura. Quando si èunita al progetto?

Quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura, è diventato chiaro che nella storia mancava un punto di vista femminile. Avevo appena letto le storie che Natasha aveva pubblicato su internet. A quel tempo si era già diplomata nel laboratorio di Marina Razbezhkina (la documentarista russa contemporanea più conosciuto all’estero, ndr), ma non aveva ancora realizzato il suo primo lungometraggio. 

Ho consultato Marina e lei mi ha detto: “Natasha è la persona di cui hai bisogno”. Dopo di che non avevo più dubbi. Ma, inaspettatamente, Natasha rifiutò la mia offerta. Probabilmente all’epoca non era del tutto sintonizzata sul tema e, essendo una persona responsabile, non voleva lavorare su materiale che non conosceva bene. Ma per qualche motivo ero fiducioso che prima o poi avremmo lavorato insieme su “Anna’s War”. Ed è quello che è successo: un anno dopo mi ha chiamato lei stessa e mi ha offerto il suo aiuto. Nel frattempo, Natasha aveva studiato a fondo le fonti, e ha iniziato a lavorare completamente preparata sul tema. 

La sua eroina si chiama Anna. Conoscendo il luogo della prima mondiale del film, ci sono inevitabili associazioni con Anna Frank. Èun collegamento accidentale?

Sì, perché quando ho dato il nome all’eroina, non ho pensato per niente ad Anna Frank. Perché allora l’ho chiamata Anna? Non so nemmeno io cosa dire. C’erano altre ipotesi, ma per qualche ragione, il nome Anna mi sembrava il più appropriato. Sai, è come scegliere il nome per il tuo bambino; i genitori non sempre sanno perché scelgono un nome per i loro figli e non un altro.

Il film si svolge sul territorio dellattuale Ucraina. Allo stato attuale, a causa delle complicate relazioni tra Russia e Ucraina, qualsiasi affermazione di un regista russo sul Paese vicino viene praticamente esaminata al microscopio.  Èpronto ad affrontare accuse di tipo politico? 

Sto già leggendo un sacco di cose interessanti su questo aspetto su Facebook. La mia risposta è: il mio film non mostra nulla che non sia realmente accaduto sul territorio occupato dai tedeschi. “Anna’s war” non è un tentativo di accusare nessuno di niente. Sì, il film si svolge in Ucraina e in “Anna’s war” si può sentir parlare in ucraino, russo, romeno, tedesco… E da questo coro a più voci emerge il linguaggio universale della guerra, che non ha nazionalità. 

Nellultimo decennio sono uscite decine di film sulla Seconda guerra mondiale, in Russia. Si potrebbe dire che il tema della guerra èstato accuratamente esplorato dai registi. Secondo lei, cosa aggiunge il suo film al genere? 

Ad essere onesti, non ho visto molti nuovi film russi sulla Seconda guerra mondiale. Mi vengono in mente solo “Stalingrad”

di Fjodor Bondarchuk e “Resistance - La battaglia di Sebastopoli” di Sergej Mokritskij. Ma sono film commerciali; blockbuster. Anche dal punto di vista formale, “Anna’s war” aveva un obiettivo molto diverso. Ho cercato di realizzare un film interiorizzato, in cui tutta l’azione si svolge in uno spazio ristretto e dove il protagonista principale non dice una parola dall’inizio alla fine. E lei non è muta. E mi sembra che, di conseguenza, dopo “Anna’s war”, il tema della Seconda guerra mondiale nel cinema potrebbe essere esaurito, perché in realtà non c’è nulla da aggiungere a ciò che è già stato detto.

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