Former Paris Opera Ballet star dancer Laurent Hilaire poses during a photo session in Paris on December 7, 2016. French dance star Laurent Hilaire is to serve as artistic director of Moscow's renowned Stanislavsky Music Theatre ballet troupe. The Stanislavsky Theatre is Moscow's second most prominent ballet and opera house after the Bolshoi, with a ballet troupe of 120.
AFPIl ballerino francese Laurent Hilaire, direttore del corpo di ballo del Teatro Musicale Stanislavskij e Nemirovich-Danchenko di Mosca. Fonte: AFP
Il corpo di ballo del Teatro Musicale Stanislavskij e Nemirovich-Danchenko di Mosca da quest’anno è diretto dal francese Laurent Hilaire. Si tratta del primo francese e del secondo straniero a cui nell’arco di un secolo sia toccata la fortuna di dirigere una compagnia di danza russa. Di recente ha presentato il suo programma, dal quale si evince che la troupe dovrà svolgere un lavoro incredibilmente intenso.
L’orientamento inglese, improntato dal precedente direttore Igor Zelenskij, sarà sostituito da quello francese. Già nel mese di luglio, nella serata dedicata ai balletti in un atto, la compagnia russa eseguirà “Suite en blanc”, leggendaria creazione dell’émigré russo Serge Lifar e icona dello stile francese.
Tra un anno andrà in scena a Mosca un’altra rarità: l’allestimento di un balletto di Rudolf Nureev, altra grande leggenda della danza russa. Per il primo incontro con il pubblico è stato scelto il balletto “Don Chisciotte”. In calendario ci saranno anche allestimenti di Forsythe, Kylián, Ekman e di altri prestigiosi coreografi.
Nel suo programma d’esordio ha deciso di affidare alla troupe degli allestimenti estremamente complessi come quelli di Lifar e Forsythe. È consapevole dei rischi a cui va incontro?
Mi hanno avvertito che correvo dei rischi, ma nulla accade per un colpo di bacchetta magica. È un errore sottovalutare i ballerini, ma è anche vero che non si devono sopravvalutare. Si può usare come termine di paragone il rapporto di coppia. Bisogna essere in grado di prendersi cura dell’altro, stimolarlo, farsi carico di una parte della fatica. Sono anch’io un ballerino, e ho alle spalle un percorso, ma so guardare avanti. Questa metafora la uso anche con la troupe. È un’entità importante, con una sua autonomia, le persone che lavorano qui sono una grande fonte d’ispirazione per me e mi accorgo che assimilano rapidamente ciò che cerco di trasmettergli.
Laurent Hilaire con una ballerina durante le prove dello spettacolo Giselle, Mosca. Fonte: AFP
Tra le prime in cartellone per la prossima stagione c’è il “Ballo degli spiriti” di Dmitrij Brjantsev, creato 20 anni fa per il corpo di ballo del Teatro Stanislavskij. La sua intenzione è quella di far rivivere la tradizione del teatro?
Sono venuto qui per approfondire la mia conoscenza della cultura russa che amo molto, ma anche per promuoverla. Conosco dei coreografi russi che devono ancora ritagliarsi un posto nel panorama coreografico e sono sicuro che ce ne sono ancora molti altri che non conosco. Sono aperto a tutto e guardo con attenzione a ciò che qui accade.
Il suo contratto moscovita dovrebbe avere una durata di cinque anni. Come definirebbe i suoi piani in una prospettiva a lungo termine?
Mi chiede quali sono gli obiettivi che intendiamo conseguire? Non dobbiamo competere con il Teatro Bolshoj. Abbiamo la nostra storia e le nostre splendide tradizioni fondate da Vladimir Burmejster. E abbiamo anche il nostro publico: ogni sera, a ogni spettacolo vedo la sala gremita di spettatori. Occorre fare in modo di conquistare la fedeltà di questo pubblico. E al tempo stesso bisogna capire come attirare il nuovo pubblico dei giovani, quello che verrà a teatro domani. Per conseguire questo obiettivo dobbiamo metterci davanti a un foglio bianco e cominciare a riempirlo. Occorre ampliare la gamma di potenzialità che già possediamo, attraverso l’introduzione di nuove tecniche e la messinscena di nuovi balletti. Credo che l’arte non debba essere solo un piacere, ma che debba porsi nuovi interrogativi, scoprire mondi inesplorati, senza temere l’inusitato. Certo, corro dei rischi, ma tutti i progetti ambiziosi sono un azzardo. Per esempio, i primi allestimenti di Preljocaj sono stati accolti con una certa freddezza, occorreva del tempo perché venissero capiti. Ma gli spettatori si sono evoluti insieme ai suoi balletti. Credo che gli spettatori debbano avere la possibilità di accostarsi alle nuove coreografie e che si debbano trasmettere loro chiavi diverse di fruizione.
Laurent Hilaire durante le prove dello spettacolo Giselle, Mosca. Fonte: AFP
Il mondo della danza è diviso in scuole: la scuola russa, francese, americana, danese. A suo avviso, queste scuole continuano a conservare anche oggi le loro peculiarità? E lei cerca di infondere nei ballerini di Mosca la lezione francese?
Ogni scuola ha le sue prerogative. Ma qual è la base fondamentale della danza? Sono le sue regole molto rigide. A ben vedere ciò che unisce tutte le migliori scuole e che le caratterizza è la precisione nell’esecuzione. Qualunque sia la scuola, nel balletto accademico partiamo tutti dagli stessi principi di base. E come ballerino ho sempre puntato a una performance pulita e a comprendere il significato essenziale e prioritario del movimento, il perché si produca proprio quel movimento e non un altro, le sue motivazioni.
Credo sia racchiusa proprio qui la risposta alla domanda sulla qualità di uno stile e sullo stile di un danzatore. Se si parla di unificazione degli stili, ritengo che la comune aspirazione debba essere quella di potenziare la qualità. Certo, quando si parla di “scuola russa”, abbiamo come riferimento la Plisetskaja, la Maksimova e la Zakharova e innanzi tutto le loro magnifiche gambe. Ma quando osservo i neodiplomati dell’Accademia Vaganova, non mi sembra che questa scuola stia scomparendo o che la sua lezione si stia perdendo. Tendere a un’unità non significa perdere ciò che fa parte della vostra tradizione. La globalizzazione è un’opportunità per assimilare tutto al meglio, nel mondo contemporaneo non si può rimanere immobili come statue, chiusi e insensibili ai cambiamenti. Anche i ballerini che danzano oggi sono dotati di una tecnica migliore di quelli che danzavano 50 anni fa. È il corso naturale delle cose. Ma in ogni epoca è sempre stato difficile essere un ballerino. Per conseguire degli obiettivi nel nostro campo ed essere soddisfatti di ciò che si fa occorre lavorare duramente, essere terribilmente esigenti verso se stessi, superare i limiti delle proprie capacità. Altrimenti ciò che si fa non è arte. Per uscitare nello spettatore delle emozioni l’artista deve sempre essere sul filo del rasoio. Se desidera una vita tranquilla, deve semplicemente cambiare professione.
Ha avuto delle difficoltà ad ambientarsi a Mosca? Non ha nostalgia della Francia?
Sono felice qui. Il lavoro mi dà grandi soddisfazioni: sento di poter fare qualcosa di utile qui, mi sento necessario e nel posto giusto.
A Mosca può contare sul sostegno di qualcuno della sua famiglia?
Purtroppo, nessuno della mia famiglia ha potuto ancora raggiungermi. Ho due figlie che studiano danza, la più grande fa parte della troupe dell’Opera. Sono adulte e hanno ormai una loro vita autonoma. E la mia compagna non può lasciare Parigi, anche lei è un’étoile dell’Opera, ormai non danza più, ma insegna. Il fatto che tutti noi in famiglia, esclusa mia madre, svolgiamo la stessa attività facilita la comprensione tra noi. Sono tutti felici che abbia ricevuto un incarico così importante per me. Questo rende più facile la nostra vita.
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