"Il Pushkin a Venezia guarda alla contemporaneità"

Marina Loshak

Marina Loshak

Olga Melekestseva
Marina Loshak, direttrice del museo moscovita, presenta la mostra “Man as bird, images of journeys” che dal 13 maggio verrà allestita a Palazzo Soranzo nell’ambito degli Eventi collaterali della Biennale

La direttrice del museo Pushkin di Mosca Marina Loshak. Fonte: Olga MelekestsevaLa direttrice del museo Pushkin di Mosca Marina Loshak. Fonte: Olga Melekestseva

Il 13 maggio alla 57esima edizione della Biennale di Venezia s’inaugura, a Palazzo Soranzo, nell’ambito degli Eventi collaterali, la mostra “Man as bird (images of journeys)”. L’esposizione è curata dal Museo di Stato di Belle Arti A. S. Pushkin, nella cui sede sono conservate le prestigiose collezioni di opere degli impressionisti di Shukin e Morozov, che di recente alla Fondazione Luis Vuitton di Parigi hanno riscosso un clamoroso successo di pubblico. La mostra, che viene presentata alla Biennale, riunisce i lavori di 14 artisti provenienti da Russia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Argentina, Italia e Giappone, e rappresenta una sorta di manifesto programmatico del museo sul suo nuovo focus d’attività sull’arte dei nostri giorni e un’occasione per presentare a un pubblico internazionale il progetto “Pushkin XXI”. A illustrare la mostra e l’origine di questa passione per l’arte contemporanea è la direttrice del museo, Marina Loshak.

Come mai avete deciso di realizzare il progetto proprio a Venezia?

Abbiamo deciso che tutte le nostre dichiarazioni d’intenti sulla direzione da prendere in futuro, sui progetti nel campo dell’arte contemporanea e sulla nostra visione della presenza di un’“arte viva” in un museo tradizionale erano già stati accolti dal nostro pubblico abituale di visitatori di Mosca che ha l’occasione di interagire con queste insolite pratiche artistiche attraverso le mostre e le iniziative da noi organizzate, come nel caso di Wim Delvoye, Yasumasa Morimura o Irina Nakhova. Tuttavia, dai nostri partner e dalla comunità internazionale questa attività del museo viene probabilmente ancora recepita come una sorta di manifesto programmatico e non come un’azione concreta, dal momento che sono in molti a venire da noi, ma non ancora tutti. Perciò abbiamo pensato che Venezia fosse il luogo giusto per muovere i primi passi, essendo la città un punto di raccolta di tutti i principali attori che operano nel settore, che si occupano di “arte viva” e che la promuovono nello spazio internazionale.

Leonid Tishkov, &ldquo;Viaggio della luna privata negli Urali&rdquo;, 2015. Per gentile concessione dell&#39;artista\nMuseo statale di Belle Arti Pushkin di Mosca<p>Leonid Tishkov, &ldquo;Viaggio della luna privata negli Urali&rdquo;, 2015. Per gentile concessione dell&#39;artista</p>\n
Yurij Kalendarev &ldquo;Angel&rdquo;, 1993, installazione audiovisuale. Per gentile concessione dell&#39;artista\nMuseo statale di Belle Arti Pushkin di Mosca<p>Yurij Kalendarev &ldquo;Angel&rdquo;, 1993, installazione audiovisuale. Per gentile concessione dell&#39;artista</p>\n
Marnix de Nijs, &ldquo;Exploded views 2.0&rdquo;, 2013, installazione interattiva. Per gentile concessione dell&#39;artista\nMuseo statale di Belle Arti Pushkin di Mosca<p>Marnix de Nijs, &ldquo;Exploded views 2.0&rdquo;, 2013, installazione interattiva. Per gentile concessione dell&#39;artista</p>\n
 
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Lei ha usato la definizione “arte viva”…

Si tratta di una definizione che ho coniato io e che forse non è così felice, ma mi sembra che possa risultare molto più chiara perché quando si parla di “contemporary art” si percepisce quasi una connotazione burocratica in questa espressione.

In base a quali criteri avete scelto gli artisti?

Si tratta di artisti molto diversi tra loro e li abbiamo scelti in base al principio della loro organicità al tema del progetto.

Alcune opere sono state realizzate appositamente per la mostra, altre esistono da tanto tempo e sono entrate già a far parte della storia, come per esempio il progetto di Leonid Tishkov con la luna ormai da manuale, ma che qui ci appariva necessario.

Vi sono poi artisti come Martin Honert che io amo molto e che vorremmo veder coinvolti nei progetti del nostro museo. La mostra è il primo passo di una collaborazione futura.

Tra l’altro, la prima volta che ho visto Honert è stato a una mostra alla Banhof di Berlino e da allora ho sempre sognato che la sua voce risuonasse anche nel nostro coro. Alla Biennale presentiamo un suo lavoro raro che proviene da una collezione privata europea: ci è sembrato indispensabile con il suo afflato di solitudine e la capacità di rappresentare la nostra vita assolutamente incapsulata.

Masaki Fujihata &ldquo;Private TV/Room&rdquo;, 2009-2010, installazione mixed-media\nMuseo statale di Belle Arti Pushkin di Mosca<p>Masaki Fujihata &ldquo;Private TV/Room&rdquo;, 2009-2010, installazione mixed-media</p>\n
Video installazione, &quot;Eternit&agrave;&quot;, 2011-2017\nMuseo statale di Belle Arti Pushkin di Mosca<p>Video installazione, &quot;Eternit&agrave;&quot;, 2011-2017</p>\n
 
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Quali sono le opere di arte contemporanea che ama di più e cosa le piacerebbe vedere appeso sulle pareti del museo?

Tutto ciò che ora desidereremmo vedere già lo vediamo. Certo ci sarebbero molti altri lavori ancora, ma non abbiamo la possibilità fisica di esporre tutto. Perciò speriamo davvero di poter avere un nuovo spazio deputato solo all’arte contemporanea.

Ci piacerebbe lavorare con gli artsiti contemporanei e anche con gli artisti da poco scomparsi, ma che ormai sono diventati dei classici del XX secolo. Ve ne sono parecchi e molto eterogenei.

Per esempio, Christian Boltanski è un artista che sentiamo assolutamente nostro, così come Anselm Kiefer e anche l’americana Jenny Holzer. Tra l’altro, è venuta da noi due volte e vogliamo realizzare con lei un’installazione per la facciata di due dei nostri edifici.

Un nuovo spazio espositivo sotto l’egida del progetto “Pushkin XXI?”

Sì, è assolutamente necessario, anche se sono previsti per noi numerosi spazi espositivi all’interno del progetto della “cittadella museale”. Tuttavia, questo dovrebbe essere un luogo a parte per cui occorre creare materialmente l’atmosfera giusta e noi abbiamo la concreta consapevolezza che si debba fare.

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