La churchkhela è un delizioso dessert fatto di noci tostate immerse in un succo d'uva dolce, che viene fatto bollire fino a ottenere una crema.
La parola “churchkhela” è piuttosto antica e consiste di due radici: “chur” che significa “freddo”, e “chkhel” che viene tradotto come “caldo”. Questa combinazione di parole non è casuale perché coincide con il processo di cottura: prima di tutto, la churchkhela viene immersa in una massa calda di succo e farina, poi viene fatta raffreddare appesa a dei fili.
Pur essendo un dolce della tradizione georgiana, è molto popolare anche sulla costa russa del Mar Nero. La ricetta, così come la forma, è rimasta invariata fin dall’XI-XII secolo. In quei tempi lontani, le casalinghe cucinavano la churchkhela per i loro mariti quando partivano per la guerra. Si riteneva infatti che la churchkhela fosse uno spuntino super sostanzioso… e non a torto! Le noci sono alimenti ricchi di nutrienti, e due churchkhela erano sufficienti a fornire energia per sopportare lunghe e dure giornate di combattimenti. Inoltre, la churchkhela può essere conservata a lungo, perciò si poteva portare in guerra in grandi quantità.
Questo dolce, poi, è incredibilmente sano: è fatto solo con ingredienti naturali; ma bisogna fare attenzione a non mangiarne troppa, soprattutto se si ha problemi di obesità o diabete.
Nella mia famiglia, questo dolce è associato soprattutto alle gite estive al mare; e la parola “churchkhela” mi ricorda vividamente le località del Mar Nero. Chiunque sia stato in questi luoghi può confermare che su ogni spiaggia ci sono chioschi dove si possono acquistare queste leccornie.
Ecco la ricetta per preparare la churchkhela a casa vostra.
Per prima cosa, cominciamo con l'impasto: prendete un bicchiere di succo (io ho utilizzato un mix di succo d'uva e di melograno, ma potete scegliere quello che più vi piace) e mescolatelo bene con la farina, evitando di lasciare grumi.
Trasferite la pastella su una padella; mescolate costantemente cuocendo a fuoco basso, aggiungendo gradualmente il succo rimanente. Mescolate accuratamente.
Quando la massa comincia a bollire, continuate a mescolare con energia per almeno altri 10 minuti. Durante questo tempo, porteremo la massa a uno stato di gelatina densa, ma prima di spegnere il fuoco assicuratevi che non sappia di farina.
Dovrete ottenere una miscela addensata che assomiglia a quella della foto qui sotto. Si chiama “tatara”.
Nel frattempo, mettete le noci su una padella calda e tostatele a fuoco medio per 2-3 minuti, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Fate attenzione a non bruciarle.
Finché l’impasto si raffredda, passiamo alla parte più facile: prendete l'ago e il filo (di 40-50 cm di lunghezza) e infilate la quantità necessaria di noci; io ho infilato circa 15 mezze noci, ottenendo un “ghiacciolo” di 20-22 cm. Ma sentitevi pur liberi di variare nella lunghezza.
Dovreste ottenere circa 7-8 fili di noci. Se vivete in campagna, lasciate asciugare i fili di noci al sole per un paio di ore o più per evitare la formazione di muffe. Ma se vivete in città come me, saltate questo passaggio e passate alla fase successiva.
Ora bagneremo con cura i fili di noci nell’impasto ricavato dal succo. Immergete bene le noci nella “tatara”; se la pastella è ben fatta, la churchkhela non dovrebbe gocciolare.
Dopo l’immersione, appendete immediatamente ogni churchkhela; il posto ideale dove appendere gli spaghi è tra due sedie o nel forno. Io ho scelto quest'ultimo, e il risultato lo potete vedere nella foto qui sotto.
Lasciate asciugare la churchkhela per un paio di giorni: saranno pronte quando la pastella che ricopre le noci non sarà più appiccicosa.
La churchkhela può essere mangiata non appena si asciuga, ma può essere conservata in un luogo buio, avvolta in un canovaccio. Buon appetito!
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