Marlen Khutsiev (Foto: Dmitri Kochtcheev / RG)
Alcuni anni fa, nell'intervista a Rossijskaja Gazeta, alla domanda, quali fossero le qualità indispensabili per un regista, Marlen Khutsiev rispose: “L'assoluta certezza in quello che fai e i continui dubbi, nel contempo, sullo stesso proposito. Se uno di questi aspetti prevale sugli altri, non va bene. La persona sicura di sé decide che tutto ciò che fa è geniale. L'insicurezza pure, del resto, non porta da nessuna parte. Queste due qualità sono indispensabili al regista in maniera contempora”. La certezza e il dubbio: questa ricetta paradossale adottata da Khutsiev è divenuta fonte di quell'autentica sincerità che contraddistingue molti dei suoi film, famosi tanto in Russia, quanto all'estero, come per esempio “Pioggia di luglio”, “Primavera in via Zarechnaja” e altri.
L'amore per tutta la vita
Marlen Khutsiev nacque il 4 ottobre 1925 nella città di Tiflis (ora Tbilisi, capitale della Georgia). Suo padre, comunista con esperienza pre-rivoluzionaria, venne arrestato nel 1937 e processato per crimini controrivoluzionari; questa vicenda trova riflesso nei film del regista. Nel 1944, fallendo il tentativo di entrare all'Accademia di belle arti, Marlen Khutsiev cominciò a lavorare in una scuola di recitazione presso gli studi come assistente artista.
Il cinema, la più viva impressione per Khutsiev, divenne passione per tutta la vita. “Il mio film preferito era “Chapaev”. Fu il primo film che vidi nella mia infanzia. Ed è per sempre rimasto il film da me più amato”, racconta Khutsiev successivamente. Nel 1945, venne ammesso all'Università Statale pan-russa di cinematografia S.A. Gerasimov (VGIK). Nel 1950, debuttò come regista con il suo lavoro di diploma, il corto “Gradostroiteli” (Architetti urbanisti).
Sotto il segno del disgelo
A dargli la prima notorietà fu il film “Primavera in via Zarechnaja”, girato nel 1965 negli studi cinematografici di Odessa con l'ex compagno di corso Felix Mironer. La sottile trama lirica sulla generazione successiva alla guerra, sui suoi pensieri e i suoi sogni, sul primo vero amore venne sommamente apprezzata non solo dalla critica: a guardarlo furono più di 30 milioni di spettatori.
Nel film successivo “I due Fjodor”, recitò per la prima volta il suo primo ruolo da attore protagonista, il famoso scrittore sovietico , l'attore e regista Vasilij Shukshin. Il suo personaggio è un combattente del fronte tornato dal campo di battaglia per iniziare una nuova vita.
Il cine-racconto “Fortezza Il'ich”, dedica e manifesto degli anni Sessanta, è il riflesso dell'atmosfera di una grande epoca di speranze. La versione originale però poté essere vista dagli spettatori solo dopo la perestrojka. Nel 1962, la pellicola venne messa in soffitta per ordine del segretario generale del PCUS, Nikita Krusciov (egli riteneva che il film mettesse terribilmente in conflitto la gioventù con la generazione più anziana).
“Terminai Fortezza Il'ich. Il film venne accolto meravigliosamente dal ministro della cultura Furtseva, ed ella tentò di difenderlo, quando il soggetto venne sottoposto all'attenzione di Krusciov. Ma non ci fu nulla da fare! Lo attaccarono al punto ch'io dovetti ancora due anni lavorare sulle sue correzioni. Correva l'anno 1962. Fu allora che io compresi che il disgelo era terminato”, ricordava il regista. Nel 1965 il film comunque riuscì a essere pubblicato e mostrato in televisione con il titolo “Ho vent'anni”, se pur in versione censurata. Fu solo dopo due decenni che Khutsiev poté presentare la versione autorizzata del film.
La versione tagliata dell'originale venne del resto apprezzata da Federico Fellini. Giunto a Mosca, il maestro italiano volle incontrarsi con l'autore della pellicola, che si era rivelata essere molto vicina al suo gusto. “Sa, quando si va in un paese straniero, si ha sempre paura che la gente non condivida le tue motivazioni, non le sostenga, non le capisca. Ecco perché mi rallegra oltremodo questa coincidenza di motivi”, dichiarò allora il regista. Il talento del regista venne notato non solo da Fellini: il film “Io ho vent'anni” venne insignito di un premio speciale al festival del cinema di Venezia.
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Un'arte ottimista
Non è tanto l'ampiezza della filmografia di Khutsiev, quanto piuttosto il valore di ciascun suo lavoro. “Pioggia di luglio”, “Era il mese di maggio”, “La vela scarlatta di Parigi”, “Epilogo” e “Infinitas” che ha ottenuto due premi al festival del cinema di Berlino. Tutti i film del regista sono infusi di una fede genuina nell'uomo e nel suo futuro. “Io sono contro le tragedie, perché penso che la vita in qualsiasi caso non sia di un solo colore. Questa è in primo luogo. In secondo luogo, io ritengo che l'arte debba lasciare un messaggio di speranza”, ne è convinto il regista.
Fino a non molto tempo fa, Khutsiev insegnava allo VGIK, si occupava dei problemi del cinema all'interno dell'associazione dei registi russi. Ora il regista è pienamente concentrato sul suo nuovo lavoro: la pellicola “Nevechernjaja”, sugli incontri fra Lev Tolstoj e Anton Chechov, da lui ideato molti anni fa e che solo recentemente ha ottenuto finanziamenti.
Secondo le parole del regista, il suo nuovo lavoro scopre il mondo interiore dei grandi scrittori, mettendo in evidenza il loro rapporto con la vita circostante, i fenomeni sociali e le domande sui temi della morte e dell'immortalità.
Oltre a presentare i suoi lavori più importanti, la retrospettiva di Marlen Khutsiev al Festival del cinema a Locarno, dimostra anche la pellicola documentaria di Petr Shepotinnik sulla creazione di “Nevechernjaja”. Secondo le parole di Shepotinnik, si tratta di un “film-studio” che permette di sapere che cosa provi Marlen Khutsiev, e il legame di questi quadri con la sua opera precedente.
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