Il regista Andrei Konchalovsky, ospite alla Milanesiana il 9 luglio 2015 e all’Arena del Teatro Sociale di Como il 20 luglio 2015 (Foto: ufficio stampa)
Tra i protagonisti della Milanesiana (www.lamilanesiana.eu), il festival di letteratura, musica, cinema, scienza, arte, filosofia, teatro ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi, spicca in questa 16a edizione il regista Andrei Konchalovsky. Uomo di aristocratica eleganza, unici vezzi un bel panama sul capo e un grande anello con pietra al mignolo, affascina il pubblico per l’ironia disincantata con cui sembra guardare al mondo odierno. L’occasione di conoscerlo è un incontro pubblico sul tema del festival, “ossessioni e manie”, accanto ad un’altra protagonista della cultura russa: la novantenne autrice, sceneggiatrice e storica del cinema Maya Turowskaya, con Aliona Shumakova e Elena Kostioukovich a moderare il dibattito. La Milanesiana offre inoltre l’oppurtunità di vedere i primi film sovietici del regista: l’osteggiato Storia di Asja Kljacina che amò senza sposarsi e il letterario Nido di nobili, oltre all’esordio americano Maria’s Lovers (oggi, 9 luglio, al cinema Mexico di Milano a partire dalle ore 14.00, www.cinemamexico.it).
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Un po’ intimiditi dalla premessa di Konchalovsky di non amare discorsi sul cinema bensì sulla filosofia, la letteratura, la sociologia, si riesce comunque ad avere la sua visione della settima arte. “Non sono proprio un fautore del grande schermo” esordisce spiazzante, “che identifico con un luogo dove si sgranocchiano pop-corn. Io facevo film per un altro pubblico ma oggi tutto è cambiato: la cultura, la visione del cinema, gli stessi spettatori. Così finisce che i produttori mi chiedano film a volume sempre più alto, forse proprio per coprire il rumore di chi mastica in sala. Non capisco perché al cinema sia permesso, visto che non lo è a teatro o nelle sale da concerto…”
Anche sui suoi vecchi film, ormai classici del cinema russo e americano, il regista ha una sua posizione: “Sono ormai bambini cresciuti, che magari non vedo da vent’anni o più, con una propria vita e i loro problemi. Se mi disturba che vengano proiettati oggi sui piccoli schermi televisivi? No, sarebbe stupido offendersi: non si può protestare contro il progresso della civiltà” sottilinea con un sorriso amaro.
“Bisogna continuare a fare le cose che si sanno fare, e nel modo migliore. Il cinema oggi è cambiato anche demograficamente: è composto per lo più da teen-agers e molti registi sanno fare benissimo film per loro. Altri invece si ostinano a fare film per gli chi legge e va a teatro. È come quando si siede a un banchetto festivo di 200 persone: non si riesce a parlare con nessuno. Per parlarsi a una tavola si deve al massimo essere in 6, pochi ma buoni: io sono convinto che voi siate tali”.
Quanto a se stesso la definizione di regista tra due mondi sembra andargli stretta: “Russia o America, non importa per me. Ci sono registi che amano insegnare le esperienze apprese e vogliono condividerle, altri ai quali semplicemente piace imparare facendo film: io sono tra questi. Il mio principio è che la vita è breve e bisogna fare in tempo a commettere tutti gli errori possibili.”
Un paio di domande ancora, alle quali risponde con modi gentili tra i selfie dei fans, fissano le sue manie e ossessioni attuali. “Ammiro l’Italia, abbiamo una casa in Toscana e lavoro con i teatri italiani, in tante città. Sì, ho nuovi progetti da voi, ma poiché sono molto superstizioso non ne parlerò… Qual è la cosa più interessante che mi piace fare adesso? Vivere. Io vivo. E guardo e ascolto…”
Poi si dilegua nella torrida notte milanese, lasciandoci con un altro appuntamento italiano, al quale sarà presente: la proiezione del suo ultimo film,Le notti bianche del postino, Leone d’argento per la regia alla Mostra del Cinema di Venezia 2014, lunedì 20 luglio ore 21.30 all’Arena del Teatro Sociale di Como (www.lakecomofilmfestival.com)
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