Yurij Gagarin (1934-1968), il primo uomo nello spazio.
: Aleksandr Mokletsov/RIA NovostiLeningrado, 12 aprile 1961. Nella scuola N.216 di Vladimirskij Prospekt, l’insegnante di aritmetica tiene la sua lezione ai ragazzi della prima elementare. Parla, mentre gli studenti dietro ai banchi dormicchiano rigorosamente. Un compagno bighellona facendo stupide faccine. La classe scoppia a ridere. E lui viene cacciato fuori. Dopo pochi minuti, all’improvviso, ripiomba in aula, gridando che un astronauta era stato lanciato nello spazio.
Iniziano più o meno così i ricordi di Aleksandr Rakitskij, ex ingegnere civile, che in quella mattina d’aprile di 55 anni fa era seduto sui banchi di scuola di quella classe di prima elementare. “In quel momento ero a lezione - racconta -. Dopo che il nostro compagno era stato cacciato dall’aula per la seconda volta, è entrato il preside per annunciarci che l’Unione Sovietica aveva lanciato nello spazio il suo primo astronauta: Yurij Gagarin. E che le lezioni di quella giornata erano annullate”.I ragazzi corsero fuori verso la Prospettiva Nevskij. La gente cantava e ballava. Tutti facevano festa e versavano lacrime di gioia. “Mio padre la sera mi disse che una cosa del genere era successa solo il 9 maggio 1945, con la fine della Grande guerra patriottica”, spiega Rakitskij.
"Per me e i miei colleghi, il 12 aprile 1961 e gli eventi ad esso correlati sono rimasti la cosa più indimenticabile della nostra vita", racconta invece Anatolij Solodukhin, che in quegli anni lavorava come collaudatore di sistemi spaziali al cosmodromo di Bajkonur.
L'operatore del pannello di controllo del razzo centrale, girando una chiave speciale, accende il lancio automatico del razzo. E infine il comando: "Decollo!"
I supporti cedono e si staccano dalla rampa di lancio. Il bunker inizia a tremare per il frastuono crescente dei motori. Il rumore è assordante.
“An-dia-mo!” si sente la voce di Yurij Gagarin negli altoparlanti.
“Quando uscimmo dal bunker il chiaro sole di aprile colpì i nostri volti e il ruggito crescente del razzo che si disintegrava portando l'astronave con il primo uomo nello spazio raggiunse le nostre orecchie - prosegue Solodukhin -. Il razzo si alzava lentamente aumentando sempre più la sua velocità. Così in questo indimenticabile 12 aprile 1961 la Terra vide l'alba dell'era spaziale!”.
u201cIncantati, restammo in piedi fuori dal bunker con la testa rivolta verso l'alto, seguendo Gagarin che scompariva in cielo. Tutti avevano le lacrime agli occhi. Lacrime di gioiau201d.
Rumia Nurskanova nel 1961 aveva 5 anni. Insieme alla nonna fu la prima a incontrare Yurij Gagarin dopo il suo atterraggio vicino alla città di Engels. Vivevano in un villaggio e il 12 aprile stavano piantando le patate.
"Guardavo sempre il cielo - racconta -. Vidi due puntini rossi, ma mia nonna mi sgridò e mi disse di continuare a piantare le patate. Mi concentrai sul lavoro e me ne dimenticai, ma poco dopo vidi a terra tante corde, dalle quali si sollevò un mostro arancione che veniva nella nostra direzione. Così dissi a mia nonna: ‘Vedi, non volevi che guardassi il cielo ed ora viene verso di noi’. Lei lo vide, si alzò, mi prese per mano e cominciò a pregare. Io ovviamente ero spaventata e mi attaccai a lei”.
“Poi ci voltammo correndo verso dove era avvenuto l'atterraggio, vicino a casa nostra. Allora egli gridò: “Signora sono dei vostri”. Lei si fermò e lui si avvicinò a noi. Mia nonna lo aiutò a togliersi il casco. Così si vide il suo volto sorridente.Mia nonna gli chiese: ‘Da dove vieni, chi sei?’. Noi non sapevamo nulla del lancio perché in casa non avevamo la radio. Lui rispose che veniva da una nave. Mia nonna, confusa, chiese quale nave dato che non c'era acqua lì intorno. ‘Vengo dallo spazio’, rispose l’astronauta. In quel momento tornai a controllare le patate, perché un vitello si era avvicinato al secchio e aveva iniziato a mangiarle. A quel tempo le patate erano più importanti di Gagarin. Mia nonna andò a vedere la navicella spaziale. Ero così spaventata che iniziai a piangere”.
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