Cani in gabbia all'interno di un canile
Ria Novosti/Evgeniy Biyatov“Soffro di sonnambulismo e quando sono stressata comincio a vagare di notte per l’intera casa”. Mai Olesia Moskovskaya avrebbe pensato che il suo gatto le avrebbe salvato la vita. “Una volta mi sono svegliata nel cuore della notte mentre mi stavo pericolosamente sporgendo fuori dal balcone. Il mio gatto stava soffiando rabbioso e mi graffiava le gambe. Ancora poco e non so cosa sarebbe accaduto”.
Non esistono dati sul numero di animali abbandonati in Russia. E gli esperti, se interrogati su queste cifre, non possono far altro che spalancano le braccia, disarmati: “Sono milioni…”.
Nonostante siano in aumento le persone che adottano animali al canile, così come fece Olesia Moskovskaya, la quantità di animali randagi non diminuisce. Anzi, è in continua crescita. Lo testimoniano i dati del Centro per la tutela dei diritti degli animali Vita.
Cuore di cane |
I dog hunter
Nella Russia post-sovietica vennero effettuati dei tentativi per regolamentare in modo umano il numero di animali randagi, introducendo per esempio la sterilizzazione obbligatoria e proibendo l’eutanasia. Tuttavia, nessuna di queste iniziative venne mai portata a compimento.
L’inerzia del governo fece sì che i cittadini tentarono di risolvere il problema da soli. Il discorso allude al fenomeno dei dog hunter - diffuso soltanto in Russia, Ucraina e Bulgaria - vale a dire lo sterminio animali allo stato brado (non soltanto cani, ma topi, cornacchie e gatti) nei centri abitati a opera di volontari. Spesso i dog hunter utilizzano sistemi che possono risultare nocivi anche per gli animali domestici, disseminando, per esempio, cibo avvelenato per i parchi.
Secondo i dati dell’indagine effettuata dal Fondo “Opinione pubblica” nel 2013 a sostenere l’attività dei dog hunter era il 9% dei cittadini russi contro il 72% (il 19% degli intervistati si diceva incerto). La maggioranza schiacciante degli intervistati (il 48%) però riteneva che i dog hunter non andassero incoraggiati. Ciò nonostante, la gran parte dei cittadini russi tiene degli animali domestici non tanto per buon cuore, quanto per una questione di prestigio sociale o per divertimento, affermano al Centro Vita. Da qui l’incremento continuo del randagismo: una bestiola che ha difficoltà nel mangiare viene tranquillamente abbandonata per strada.
Una campagna di utilità sociale
La presidente del Centro per la tutela dei diritti degli animali, Irina Novozhilova, rileva che oggi si parla più di un tempo del problema degli animali randagi in Russia, anche se il fenomeno andrebbe molto più pubblicizzato. A osservare dei miglioramenti sono anche i volontari che prestano servizio nelle strutture di accoglienza degli animali randagi.
“Cinque anni fa quasi nessuno parlava degli animali randagi. Quando abbiamo cominciato a rendere pubblico questo problema, ad allestire delle mostre, la gente restava molto stupita. Oggi, la situazione è decisamente migliorata”, racconta Natalya Chaplin, artefice e curatrice per la città di Mosca del progetto di volontariato “Un regalo del destino”.
I gatti da guardia del museo |
Gli sforzi delle Ong
Tuttavia il problema, secondo gli esperti, non si risolve con il solo sforzo sociale dei volontari, ma è necessaria un’interazione con lo Stato. A detta di Anton Tsvetkov, membro della Camera Pubblica della Federazione Russa, la Russia necessita di una struttura, nella cui attività devono essere coinvolte associazioni no profit controllate, con un consiglio d’amministrazione che monitori i propri funzionari.
La presidente del Centro diritti degli animali, Svetlana Ilinskaya, ritiene che si debba innanzitutto sfatare il pregiudizio molto radicato in Russia secondo cui “privare della vita un animale è crudele, mentre abbandonarlo per strada è umano poiché la strada è il loro ambiente naturale”. Secondo la Ilinskaya, è esattamente l’opposto. La strada è un ambiente aggressivo dove gli animali soffrono e non riescono a vivere a lungo e dove i gatti muoiono in massa. La Ilinskaya propone di reintrodurre la cattura degli animali con tutti i mezzi possibili, inclusa la caccia, e di costringere le strutture di accoglienza a ospitare gli animali per non più di due settimane e quindi ad “addormentarli” o a mantenerli con il denaro degli sponsor.
Tuttavia, la presidente del Centro Vita, Irina Novozhilova, ritiene che non si debbano combattere le conseguenze, ma prevenire la causa: la proliferazione incontrollata degli animali. E propone di risolvere il problema con sistemi economici: chi non sterilizza i propri animali, deve pagare un’ammenda elevata, che deve diventare ancora più elevata nel caso degli allevatori, e occorre inoltre estendere il numero di coloro che prendono gli animali direttamente dalle strutture di accoglienza.
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