Da sinistra, il ministro russo degli Esteri Sergej Lavrov e il segretario di Stato americano John Kerry.
: ReutersDopo un incontro fiume durato 14 ore, il ministro russo degli Esteri Sergej Lavrov e il segretario di Stato americano John Kerry hanno annunciato di aver finalmente raggiunto un’intesa sulla questione siriana. Il 12 settembre inizierà il cessate il fuoco e verrà costituito un centro comune di cooperazione sui problemi dell’opposizione moderata e della limitazione del terrorismo. Inoltre Mosca e Washington coordineranno le consegne di aiuti umanitari e gli interventi contro i gruppi combattenti.
I risultati dell'incontro tra Lavrov e Kerry, il quinto dall'inizio dell'anno, sono stati definiti “una svolta”. Tra la Russia, che nella guerra civile siriana sostiene il Presidente Bashar Assad, e gli Stati Uniti, che sono fautori di un cambio di regime nel Paese, non è infatti stato facile trovare un accordo e la stretta di mano è arrivata solo dopo lunghe e complesse trattative.
Sergej Karaganov, preside della Facoltà di Economia e politica mondiale dell’Alta Scuola di Economia di Mosca, ritiene che l’accordo possa segnare una tappa importante nella soluzione della crisi siriana. “La Russia aveva ribadito più volte la necessità di coordinare le azioni in Siria, ma gli Stati Uniti avevano respinto tale opportunità. Non esisteva tra i due Paesi neppure uno scambio di informazioni. Ma ora per la prima volta si parla di un’intensa attività di coordinamento anche a livello militare”, sostiene Karaganov.A detta del politologo, oggi Mosca e Washington hanno adottato una linea più seria di quella di un tempo e sembrano orientati a cooperare. Ciò significa che l’accordo ha maggiori chance di concretizzarsi e garantire un vero cessate il fuoco rispetto ai precedenti tentativi russo-americani (l’ultima tregua era stata dichiarata il 27 febbraio 2016, ma ben presto la situazione era degenerata facendo riprendere i combattimenti).
Gli esperti rilevano che l’accordo tra Russia e Stati Uniti, malgrado la sua importanza, non può garantire una fine della guerra civile in Siria che coinvolga in molteplici forme i diversi attori del conflitto: Turchia, Iran, Arabia Saudita, formazioni curde e così via. “Per il momento non si sono avute attestazioni di accordi raggiunti tra le parti in conflitto che confermino l’intenzione di accettare quanto è stato deciso da noi con gli americani”, sottolinea l’arabista Vladimir Akhmedov, ricercatore dell’istituto di Studi orientali dell’Accademia russa delle Scienze.
Akhmedov sostiene che il prossimo passo indispensabile sia quello di cementare gli accordi raggiunti tra Mosca e Washington facendo approvare al Consiglio di sicurezza dell’Onu una risoluzione che venga appoggiata anche dagli Stati mediorientali coinvolti nel conflitto.
“Se saranno solo Russia e Stati Uniti ad agire bilateralmente, il processo di pace potrebbe trascinarsi a lungo”, afferma Akhmedov. A detta dell’esperto, sarebbe un errore ritenere che Mosca e Washington, in due, senza il coinvolgimento degli attori della regione, possano risolvere la crisi siriana.
Sergej Karaganov, dal canto suo, ritiene che le trattative con le parti del conflitto saranno lunghe e complesse. “In ogni momento potrebbero esserci risvolti imprevedibili”, osserva l’esperto.
Vladimir Akhmedov individua come aggravante ulteriore nella guerra siriana la campagna militare della Turchia nel Nord del Paese e anche l’intervento di truppe iraniane, Hezbollah e altri reparti militari stranieri. A suo avviso, gli sforzi russo-americani dovrebbero essere finalizzati non solo ad annientare i terroristi, ma anche al ritiro dal Paese di tutte le formazioni militari straniere.Un altro fattore che potrebbe influenzare l’esito del conflitto siriano è il cambio ai vertici dell’aministrazione americana dopo l’uscita di scena di Obama. La nuova amministrazione, osserva Sergej Karaganov, si andrà costituendo dopo una campagna elettorale costruita per la prima volta nel XXI secolo in larga e significativa misura sulla contrapposizione con la Russia. Ciò potrebbe, specialmente nel caso di una vittoria di Hillary Clinton, rendere più difficile il dialogo tra Mosca e Washington sulla questione siriana. “Non è escluso che questo bizzarro conflitto sul fattore russo possa giocare un ruolo non secondario sulla linea politica della nuova amministrazione rispetto alla Siria”, sostiene Karaganov.
Anche Vladimir Akhmedov sembra condividere la stessa opinione. A suo avviso, la politica estera degli Stati Uniti dopo le elezioni potrebbe cambiare e se gli accordi sulla Siria non verranno rafforzati a livello giuridico, potrebbero anche essere “dimenticati”.
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