Un soldato delle forze governative siriane alle porte di Palmira, 24 marzo 2016.
: Valerij Sharifulin/TASSDopo la liberazione di Palmira, nel marzo 2016, la Russia e l’esercito di Bashar Assad si trovano di fronte alla necessità di operare una scelta per il futuro. Due sono le varianti possibili: attaccare la “capitale” dell’Is, Raqqa, a est del Paese, oppure concentrare tutti gli sforzi su Aleppo, la seconda città della Siria per grandezza e importanza, dopo Damasco. Dal 2012 sono in corso ad Aleppo combattimenti tra l’esercito siriano e le unità dei ribelli, che comprendono anche gli estremisti del Fronte Jabhat al-Nusra.
I fatti avvenuti nel corso dell’estate dimostrano che la Russia e i suoi alleati siriani hanno optato per la seconda variante. All’inizio di giugno l’esercito di Assad ha tentato di attaccare la provincia di Raqqa, ma è stato bloccato. Dopo di ciò Damasco e Mosca hanno concentrato tutti i loro sforzi unicamente su Aleppo, lasciando la presa di Raqqa alla coalizione occidentale e ai suoi alleati delle “Forze democratiche di Siria”, composte prevalentemente da curdi.
Evgenij Satanovskij, presidente dell’Istituto di Studi sul Medio Oriente, ritiene che la Russia e Assad abbiano operato la scelta giusta dato che Aleppo riveste un ruolo fondamentale per il controllo della Siria Settentrionale. “Aleppo rappresenta la chiave di volta della fine del conflitto”, dice Satanovskij. Dopo che Aleppo sarà stata presa, diventerà necessario ripulire la provincia di Idlib e combattere contro l’Is alle porte di Raqqa. In un certo senso è una situazione analoga a quella di Stalingrado durante la Seconda guerra mondiale. Si tratta di una battaglia decisiva che una volta vinta segnerà una svolta nella guerra contro gli islamisti”.
Dello stesso avviso è l’arabista Vladimir Akhmedov, ricercatore dell’Istituto di Studi orientali dell’Accademia russa delle Scienze, secondo cui quella di sospendere l’attacco contro Raqqa è stata una decisione assolutamente giusta per la Russia. “Dell’intervento militare a Raqqa devono farsi carico gli americani. Di fatto è uno strascico della loro guerra contro l’Is in Iraq”, sostiene l’esperto. “Con la loro irresponsabile invasione dell’Iraq nel 2003 gli Usa hanno inconsapevolmente provocato la creazione dell’Is perciò è del tutto legittimo che ora si preoccupino di risolvere la situazione anche a Raqqa”. A detta di Akhmedov, l’esercito siriano, che la Russia appoggia, non è attualmente in grado di sostenere la lotta su entrambi i fronti.Satanovskij è convinto che ad Aleppo a contrapporsi all’esercito di Bashar Assad siano fondamentalmente delle unità di terroristi che poco si distinguono dall’Is, in prima fila quelle del Fronte Jabhat al-Nusra. A condividere quest’opinione sono anche i rappresentanti del Ministero della Difesa che hanno ripetutamente criticato gli Stati Uniti per non aver fornito gli elenchi dei combattenti dell’opposizione moderata.
“Continuiamo a sperare di ricevere dai nostri colleghi americani le coordinate dei quartieri dove sono dislocate le unità dell’opposizione moderata”, ha ribadito il ministro della Difesa Sergej Shojgu in un comunicato del 28 luglio. “Vorremmo conoscere l’identità di tali formazioni”.
Intanto, l’esito della battaglia per Aleppo è ancora incerto. Verso la fine di luglio l’esercito di Assad era riuscito ad accerchiare i quartieri controllati dai ribelli e a tagliare le loro fonti di rifornimento. Tuttavia, in seguito alla controffensiva sferrata all’inizio di agosto, le forze dell’opposizione, di cui fanno parte anche gruppi di islamisti radicali, sono riuscite a rompere l’assedio.
Oltre a sostenere l’offensiva dell’esercito siriano, la Russia convoglia i suoi sforzi nella difesa della popolazione civile. Dopo che l’esercito siriano ha assediato Aleppo, per iniziativa della Russia sono stati aperti dei corridoi umanitari attraverso i quali i suoi abitanti hanno potuto abbandonare il territorio della città e anche ricevere aiuti umanitari. Inoltre, dopo l’appello di Shojgu, il Presidente Assad ha proclamato l’amnistia per i ribelli che accetteranno di deporre le armi.
Allo stesso modo Mosca, subito dopo la ripresa dei combattimenti ad Aleppo, ha appoggiato l’iniziativa dell’Onu che prevede l’introduzione di una tregua umanitaria di 48 ore su base settimanale per consentire la consegna di viveri e medicinali. Vladimir Akhmedov ritiene che simili iniziative siano intrinseche alla strategia russa in Siria. “Il nostro obiettivo prioritario è quello di preservare le istituzioni statali che saranno indispensabili per la successiva ricostruzione del Paese”. Le iniziative umanitarie, a detta di Akhmedov, rappresentano la via per ricostituire l’unità del Paese.Dopo la ripresa dei combattimenti ad Aleppo si è inasprita la polemica tra Russia e Stati Uniti, fondamentali co-sponsor dei colloqui di Ginevra finalizzati alla ricerca di una regolamentazione della crisi. In risposta alle accuse di Barack Obama che aveva incolpato la Russia di sostenere il “regime di un assassino”, il vice ministro degli Esteri, Sergej Ryabkov, ha dichiarato che tra la Federazione Russa e gli Usa esiste una “divergenza di visioni” sulla Siria e che Washington, mirando a rovesciare Assad a qualunque prezzo, non ha fatto niente per porre fine al conflitto nel Paese.
“Indubbiamente i colloqui di Ginevra si trovano in un’impasse, ma non era forse così anche prima?”, si chiede Evgenj Satanovskij. “Il loro unico scopo è quello di consentire uno scambio tra gli interlocutori russi e quelli occidentali che hanno posizioni diametralmente opposte: si dialoga”.
E intanto il dialogo tra la Federazione Russa e gli Stati Uniti prosegue, secondo quanto dichiarano i rappresentanti dei dicasteri diplomatici di entrambi i paesi.
Negli ultimi mesi la Russia ha cominciato a cooperare con i maggiori attori dello scacchiere mediorientale, in primo luogo Iran e Turchia. L’Iran ha autorizzato la Russia a utilizzare la base aerea di Hamadan, e, come l’Iraq, le ha consentito di usare il suo spazio aereo per gli attacchi contro i ribelli. Vladimir Akhmedov rileva che si tratta di un’azione senza precedenti e che dopo la Rivoluzione islamica del 1979 l’Iran non aveva mai concesso agli stranieri di utilizzare le proprie infrastrutture militari.
Secondo quanto ha comunicato l’ambasciatore della Federazione Russa a Teheran, Levan Dzhagarian, i militari russi avrebbero già lasciato la base in Iran, eppure, malgrado ciò, assicura l’ambasciatore, l’Iran è pronto a mettere a disposizione dell’esercito russo le infrastrutture necessarie, qualora risulti indispensabile.
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