Il premier dimissionario Matteo Renzi.
: ReutersIl dado è tratto: con il 59% dei voti contrari, la maggioranza degli italiani ha bocciato la riforma costituzionale promossa dal governo Renzi, che in conferenza stampa si è assunto le responsabilità per l’insuccesso e ha rassegnato le proprie dimissioni, in coerenza con quanto annunciato durante la campagna referendaria.
Uno dei grandi interrogativi che si stagliano all’orizzonte è capire quali conseguenze avrà questa ennesima fase di incertezza sul posizionamento internazionale dell’Italia, e in particolare nei rapporti con la Federazione Russa. In primo luogo, occorre dire che nel breve periodo difficilmente assisteremo a scossoni: è presumibile che alle dimissioni segua la nomina di un nuovo premier (il quarto consecutivo non eletto) da parte del Presidente della Repubblica, e non si tornerà alle urne prima del varo di una nuova legge elettorale. In questo lasso di tempo, la politica estera italiana proseguirà sulla stessa linea tracciata da Renzi e dai suoi stessi predecessori.
Quello che può davvero fare la differenza è invece proprio l’esito delle prossime elezioni, che si terranno nella primavera o nell’autunno dell’anno prossimo, o al più tardi nel 2018. Da ormai un paio di anni a questa parte, tra i Paesi del blocco NATO-UE l’Italia rappresenta senza alcun dubbio il meno ostile, e talvolta il più apertamente amico della Federazione Russa. È un sentimento trasversale che si ritrova in tutti i partiti politici: dal Partito Democratico al Movimento 5stelle, da Forza Italia alla Lega Nord e Sinistra Italiana, c’è un consistente numero di deputati e senatori che, con sfumature e accentuazioni diverse, vorrebbero quantomeno inaugurare una distensione di rapporti con Mosca. Lo stesso Matteo Renzi all’ultimo Consiglio Europeo del 21 ottobre ha avuto il merito indubbio di opporsi con forza all’ipotesi di nuove sanzioni contro la Russia per il suo intervento in Siria.Abolizione delle sanzioni, ripresa dei rapporti commerciali bilaterali, collaborazione nella lotta al terrorismo islamico, rivalutazione del conservatorismo in tema di famiglia e valori: nel proposito di rilanciare i rapporti Italia-Russia sono questi i temi che con maggiore o minore forza abbiamo sentito echeggiare negli ultimi mesi. Finora, tuttavia, tali istanze sono state espresse in modo sporadico e improvvisato, spesso solo per ragioni di opportunità economica e senza una visione organica né del ruolo generale dell’Italia, né di quali passi concreti attuare verso Mosca.
Se dalle prossime elezioni uscirà una maggioranza con un programma di politica estero più chiaro e definito, per l’Italia sarà però possibile sfruttare il nuovo corso che l’elezione di Donald Trump sembra aver inaugurato per cambiare davvero le relazioni con Mosca ed esercitare un’influenza maggiore anche in seno all’UE. Tra gli obiettivi concreti per cui l’Italia può lavorare c’è in primo luogo la fine delle sanzioni contro la Federazione Russa, ma anche la piena riapertura dei lavori del Consiglio NATO-Russia, che fu fondato nel 2002 a Pratica di Mare proprio su iniziativa italiana, affinché esso diventi il laboratorio per trovare una soluzione consensuale alla crisi ucraina (magari lavorando per una soluzione federale del Paese sul modello altoatesino come già è stato proposto proprio dall’Italia). L’aspetto che farà davvero la differenza sarà però il passaggio dalle azioni occasionali ad una visione strategica più definita e compiuta nel modo di concepire le relazioni con la Russia.Affermare che Mosca è un partner economico irrinunciabile e che le sanzioni sono “dannose per l’economia” ormai non appare sufficiente, perché di tutte le incomprensioni sul tappeto il nodo rimane sempre politico. Il dopo Renzi, visto nell’ottica dei rapporti Roma-Mosca, è in questo senso un reset in vista delle prossime elezioni. Le forze politiche italiane dovranno infatti confrontarsi non solo su temi di politica interna, ma dalla loro competizione si farà più evidente chi ha dato segni di distensione verso la Russia solo per ragioni momentanee di opportunismo e chi vede invece sinceramente in Mosca un possibile partner politico per l’Italia e per lo stessa Europa.
Dario Citati è direttore del programma di ricerca “Eurasia” dell’Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) di Roma
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