Religione, la storia passa per l’Avana

Papa Francesco e il patriarca Kirill.

Papa Francesco e il patriarca Kirill.

: Dmitrij Divin
Un incontro atteso da tempo. Definito storico e destinato a cambiare il destino dei rapporti tra la chiesa cattolica di Roma e il mondo ortodosso. Cosa aspettarsi dal faccia a faccia del 12 febbraio a Cuba tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill?

Sono passati vent’anni da quando ho scritto il mio primo articolo sul previsto incontro tra il Papa della Chiesa Cattolica di Roma e il Patriarca ortodosso, che avrebbe dovuto svolgersi in Ungheria. Poi è stato il momento dell’Australia. Nel corso degli anni, però, il Patriarcato di Mosca ha negato gli annunci dell’eventuale incontro, definiti privi di fondamento, sostenendo che i tempi erano prematuri.

La settimana scorsa, lo storico primo incontro tra i leader delle due più grandi chiese è stato finalmente annunciato, e si terrà il 12 febbraio in un luogo insolito: l’aeroporto dell’Avana, a Cuba. Perché nel corso di vent’anni non è stato possibile organizzare un faccia a faccia così importante? 

Questo percorso così lungo è iniziato con Papa Giovanni Paolo II, visto come una figura che ha teso la mano ai cristiani dell’Est. Fu proprio lui a dire che “la Chiesa deve respirare con i suoi due polmoni”. Eppure questa sua stessa tendenza a guardare verso Est creò alcuni problemi alla Russia ortodossa. Negli anni Novanta, quando il rigore dell’ateismo sovietico venne meno e la Russia si mise alla ricerca di una nuova identità, la Chiesa iniziò a vivere un momento di grandissima crescita, ritrovandosi allo stesso tempo a competere contro l’arrivo di missionari stranieri. Fra questi la Chiesa cattolica non era la forza più grande, ma sicuramente quella con la tradizione più ricca e secolare. La posizione difensiva della Chiesa russa ha alimentato nella società un forte movimento anti-ecumenico, che ha iniziato a fare pressione sulla gerarchia per limitare i rapporti con i cristiani non ortodossi.

Sorsero inoltre alcuni problemi quando il Vaticano ristabilì le proprie strutture in Russia. Ma la vera ferita resta l’Ucraina, la cui parte orientale, originariamente ortodossa, venne convertita al cattolicesimo entrando a far parte della Polonia nel 1596. La nuova Chiesa greco-cattolica ucraina venne quindi soggiogata al Patriarcato di Mosca dallo stato sovietico nel 1946 e in parte relegata alla clandestinità. Dopo la sua legalizzazione nel 1989, seguì un periodo lontano dallo “spirito ecumenico”, quando i greco-cattolici reclamarono alcune proprietà in un processo che gli ortodossi descrissero come la distruzione delle tre diocesi dell’Ucraina orientale.

Sullo sfondo di queste vicende, il patriarcato di Mosca ha ritenuto impossibile accettare la visita del Papa in Russia, suggerendo di organizzare un potenziale faccia a faccia in un Paese terzo per superare le questioni legate all’Ucraina. Un’eventualità impensabile per il Vaticano, poiché non poteva tradire i suoi fedeli in Ucraina.

Tuttavia ciò non significa che non sia stato fatto nulla per superare l’impasse. Nel 2006, una conferenza a Vienna co-presieduta da Kirill, allora metropolita, e dal cardinale Paul Pupard, ha tracciato una nuova strada nelle relazioni bilaterali: testimonianza comune dei valori cristiani tradizionali sul continente europeo. I contatti poi iniziarono a intensificarsi quando il Metropolitica Kirill, a lungo tempo “ministro degli esteri” della Chiesa russa, divenne Patriarca nel 2009. Ma lo storico incontro, tanto atteso, era ancora lontano. Soprattutto viste le turbolenze che hanno scosso l’Ucraina, riaccendendo la complessa politica della chiesa in questo Paese.

L’incontro a Cuba quindi è il risultato di un totale cambiamento di paradigma. I problemi in Ucraina continuano a restare irrisolti, una “ferita sanguinante e non ancora rimarginata che impedisce la piena normalizzazione delle relazioni tra le due Chiese”, ha detto la settimana scorsa il Metropolita Hilarion. Ma la catastrofe dei cristiani in Medio Oriente, nell’Africa centrale e del Nord, richiede misure urgenti.

La scelta dell’aeroporto, sede lontana dai tradizionali campi di battaglia delle due chiese in Europa, sottolinea l’enfasi della nuova agenda globale. È facile prevedere che la dichiarazione congiunta che verrà firmata dai due leader religiosi non dirà nulla a proposito dell’Ucraina, o si limiterà a un generale invito alla pace. L’incontro sarà tuttavia un evento storico, testimonianza comune delle due più grandi chiese del mondo che hanno conosciuto grandi disaccordi e dove i vecchi conflitti non sono ancora stati risolti.

Andrej Zolotov è giornalista e commentatore, redattore di Russia Direct. Da tempo si occupa delle relazioni tra le chiese e della cristianità ortodossa nel mondo. È uno dei membri fondatori del forum di discussione Club Valdai

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