La ricetta per lo sviluppo

Operaio al lavoro

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Corbis / East News
Il calo dei prezzi petroliferi suggerisce di ripensare a fondo il modello economico vigente. Un cambiamento di paradigma potrebbe produrre effetti importanti nel medio termine

La Russia ha chiuso il primo semestre con il Pil in calo del 3,6%, a causa del combinato disposto tra le sanzioni occidentali e il crollo dei prezzi petroliferi. Considerato che queste due zavorre non sono destinate a cedere il passo a breve, le autorità di Mosca sono impegnate per assicurare una maggiore diversificazione alle entrate dello Stato. Un compito non facile, considerato che mettere in campo risorse pubbliche è complicato a fronte della recessione in atto. Ma necessario per impedire la stagnazione.

Il peso dei prezzi petroliferi

Un anno fa i prezzi del petrolio hanno avviato la discesa dai 115 dollari al barile, fino a toccare i 45,8 dollari lo scorso 17 agosto. Un tracollo che non poteva non avere effetti su un'economia che conserva una forte dipendenza dall'oro nero e dal gas. A livello mondiale gli esperti stimano un eccesso di offerta rispetto alla domanda tra i due e i tre milioni di barili al giorno. Uno squilibrio che lascia pochi spazi a una ripresa delle quotazioni a breve. A maggior ragione dopo il rallentamento della crescita cinese, che è tra i principali consumatori di petrolio (12% del mercato mondiale). Inoltre va considerato che la distensione tra Iran e Stati Uniti promette di aprire a breve il paese mediorientale ai mercati internazionali dopo la lunga stagione delle sanzioni.

Il calo dei prezzi petroliferi ha avuto ripercussioni negative anche sul fronte valutario, con il rublo che ha ceduto in maniera pesante. Come osserva Valerij Mironov, vice direttore del Centro di sviluppo Vshe, “nessun paese tra i grandi produttori di materie prime ha visto una svalutazione della propria divisa come accaduto alla Russia”. Su questo trend ha pesato anche la questione delle sanzioni occidentali legate alle tensioni in Ucraina. Il risultato è stato un aumento generalizzato dei prezzi, con un'inflazione al 15% che ha compresso il potere d'acquisto delle famiglie.

Sergei Aleksashenko, economista: “Se nel biennio 2008-2009 abbiamo assistito a una caduta verticale dell’industria e del trasporto, questa volta la maggior parte degli indicatori sta calando in maniera molto più lenta”

La difficoltà di accesso al credito

Un altro ostacolo alla crescita è costituito dai costi elevati di accesso al credito. I tassi di interesse applicati alle famiglie e alle imprese sono saliti in parallelo con i tassi ufficiali, che la Banca centrale russa ha portato fino al 17% per combattere la tempesta abbattutasi sul rublo. In un secondo momento il coefficiente è stato abbassato al 10,5%. Come risultato è stato diminuito il credito sia verso le aziende, che nei confronti dei privati.

Anche il sistema finanziario ha risentito di questo insieme di fattori negativi. Secondo le rilevazioni della Banca Centrale russa, nei primi cinque mesi dell'anno gli istituti di credito della Federazione hanno conseguito profitti per 9 miliardi di rubli, corrispondenti a circa 117 milioni di euro, contro i 589 miliardi di rubli (7,7 miliardi di euro) registrati nello stesso periodo del 2014. Questa enorme differenza si spiega con il fatto che le banche si sono trovate costrette ad alimentare le proprie riserve. Questo problema ha coinvolto anche le filiali delle banche estere, molte delle quali hanno dovuto chiudere una serie di sportelli nella Federazione, con ricadute sul piano occupazionale. Una scelta compiuta, tra gli altri, dalla scandinava Nordea bank, dalla branch russa della ceca Bank Home Credit, oltre che da Raiffeisenbank. Secondo le statistiche della Banca Centrale, per l'anno 2014 il numero degli uffici è diminuito del 3,7%, mentre per i primi quattro mesi del 2015 il settore bancario ha ristretto la sua rete già del 5%.

Anton Soroko, analista della società di investimento Finam: “I flussi degli investimenti russi si stanno gradatamente ridistribuendo dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti verso i paesi dell’area Asia-Pacifico, dove vi sono le risorse indispensabili, dove esistono basse barriere amministrative e i rapporti con la Russia sono in piena espansione. Quest’ultimo è un fattore decisivo per chi investe”

Misure straordinarie per la crescita

La crisi ha costretto il governo a cambiare metodo nella pianificazione del bilancio, con il progetto triennale che è stato integrato da misure straordinarie per il 2016. In particolare, è stato allentato il legame tra entrate, uscite e prezzo del petrolio. “Questo consentirà di ridurre le spese federali rispetto al programma triennale”, spiega Maksim Petronevich, vice direttore del Centro di previsioni economiche Gazprombank. Che aggiunge un altro elemento: le sanzioni incrociate stanno spingendo la Federazione a rilanciare la produzione nazionale, soprattutto nei settori alimentare, abbigliamento e scarpe.

Un fattore che dovrebbe contribuire a rilanciare il Pil nel 2016, anche se solo nella misura dello 0,6%. “Attualmente la crescita riguarda solo il settore dell'agroindustria, del tessile e del chimico, una componente che pesa per il 7% sulla ricchezza prodotta ogni anno nel paese”, aggiunge Petronevich.

Per l'esperto, una spinta alla crescita in grado di produrre effetti nel breve periodo potrà arrivare solo dalla realizzazione di grosse infrastrutture e di progetti legati alle materie prime. In questo ambito la Russia scommette molto sulla cooperazione con i paesi dell'Asia-Pacifico. Al fine di attrarre gli investitori, il governo russo ha deciso di organizzare quest'anno a Vladivostok il "Forum economico dell'est". Un evento che ha visto la firma di 80 contratti per un valore superiore a 1,3 trilioni di rubli.

Secondo l'analista della società di investimento Finam, Anton Soroko, attraverso la formazione di nuovi partenariati con i paesi asiatici, l'economia della Russia potrà uscire dall'attuale condizione di stagnazione.

L'articolo è stato pubblicato sull'edizione cartacea di Rbth del 17 settembre 2015

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