La settimana scorsa sulle pagine di alcuni giornali russi si è acceso il dibattito sulla pressione esercitata dallo Stato nei confronti dell’arte e sui limiti dell'espressione artistica.
: KommersantLa pressione che le comunità religiose esercitano sull’arte è un problema che da anni preoccupa la società russa. Sostenendo di rappresentare l’opinione di molti cittadini, gli ortodossi più conservatori distruggono esposizioni e criticano rappresentazioni teatrali considerate inadeguate. Un atteggiamento non condiviso dal governo, anche se non viene fatto molto per punire i colpevoli, i quali a loro volta sostengono di difendere i sentimenti dei credenti.
Alla fine di ottobre il dibattito sui limiti dell’ingerenza dello Stato nei processi artistici ha assunto una nuova dimensione: diversi artisti hanno pubblicato sulla stampa russa delle dichiarazioni in cui definiscono ciò che accade nel Paese un “attacco”, una “censura” e “una violenza orchestrata dallo Stato”.
Tra gli eventi che più hanno avuto risonanza, riaccendendo il dibattito, c’è stato il discorso del direttore del teatro Satirikon di Mosca, Konstantin Raikin. Il 24 ottobre, durante il settimo congresso dell’Unione dei Lavoratori teatrali della Russia, Raikin ha invitato a “unirsi e far fronte comune contro chi minaccia la libertà artistica”.
Raikin: "Cosa succede, non possiamo dire tutto ciò che pensiamo?"
Secondo Raikin, in Russia al giorno d’oggi si sta assistendo a un giro di vite nei confronti di mostre e spettacoli teatrali a opera di un ristretto gruppo di persone vicine al governo e alla Chiesa, che fanno appello alla morale, al patriottismo e ad altri elevati concetti.
Queste persone si comportano “in modo veramente sfacciato”, ha detto Raikin, e il governo mostra una posizione “estremamente neutrale nei loro confronti”. “Cosa succede, non possiamo dire tutto ciò che pensiamo? Non si può far credere che il governo sia l’unico portatore della morale e della decenza. Non è così”, ha detto il direttore.
Due giorni dopo, dalle colonne del giornale Kommersant, Raikin ha ricevuto l’appoggio da parte del regista Andrej Zvyagintsev, autore di “Leviathan”, film che racconta la corruzione di molti funzionari e per questo divenuto oggetto di critiche da parte di coloro che pretendono di “preservare” l’immagine della patria. Al commento del regista ha fatto seguito l'intervento del ministro russo della Cultura Vladimir Medinskij: “Credo che non abbia senso che il Ministero della Cultura finanzi un film che sputa in faccia a un governo eletto. Mi riferisco a coloro che realizzano film che descrivono un Paese terribile. Come facciamo a finanziarli? Sarebbe una specie di masochismo statale”.
Zvyagintsev: "Noi tutto ciò lo chiamiamo censura. Loro lo chiamano finanziamenti statali"Pronta la risposta di Zvyagintsev: “Sarebbe in grado di nominare un solo spettacolo teatrale o una decina di film che siano stati realizzati senza contributi statali? La nostra situazione economica e culturale non ce lo permette - ha detto il regista -. Ciò significa che se lo Stato paga un artista, l’artista deve servire la volontà dello Stato? È semplicemente incredibile che al giorno d’oggi vengano manipolati concetti con tanta leggerezza e che la gente se ne stia zitta. Noi tutto ciò lo chiamiamo censura. Loro lo chiamano finanziamenti statali”.
Opinioni discordanti
L’impulsivo discorso di Konstantin Raikin sulla pressione fatta sull’arte ha scatenato la pronta reazione di un’altra fetta della società russa, rappresentata dal leader del club di motociclisti “Lupi della notte”, Aleksandr Zaldostanov, noto per la sua vicinanza a Putin. “Con la scusa della libertà, Raikin e gli altri vogliono infangare il nostro Paese”, ha detto Zaldostanov.
Dmitrij Peskov, portavoce del Presidente russo, nel tentativo di smorzare i toni ha chiesto al motociclista di scusarsi per le parole pronunciate, tornando però a ribadire la posizione dello Stato: la censura come tale è inammissibile in Russia, ma “se il governo finanzia la realizzazione di uno spettacolo o di un’opera d’arte”, egli ha il diritto di “determinare quale deve essere la tematica”. “Detto in altre parole, se il governo ritiene che fumare sia dannoso per la salute, il governo ha il diritto di dire che in un film finanziato con soldi pubblici non deve apparire nessuna persona fumando. Può essere ciò definito ‘censura’? Assolutamente no”, ha concluso Peskov.
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