Le uova Fabergé sono ancora oggi uno dei simboli della Russia.
: ReutersCarl Fabergé ereditò la sua professione dal padre Gustav. Prima della sua nascita, nel 1842, Gustav Fabergé aveva aperto una piccola bottega nel centro di Pietroburgo con annesso un laboratorio. Discendeva da una famiglia di ugonotti francesi, che dopo essere stati cacciati nel XVII secolo dalla Francia, si erano trasferiti dapprima in Germania, poi nel Baltico e infine, nel XIX secolo, a San Pietroburgo, alla ricerca di committenti facoltosi. Nel 1872 Carl si mise alla guida della ditta di famiglia, dopo aver acquisito una formazione professionale non solo nel campo dell’oreficeria, ma anche del commercio.
Carl Fabergé. Fonte: archivio Fabergé viene comunemente definito un gioielliere, benché lui personalmente non abbia mai fabbricato nessun gioiello. Era dotato di un grande talento manageriale: riusciva a trovare per la sua ditta e a far lavorare i migliori maestri orafi ed era abile nell’indovinare il gusto dei suoi committenti. In realtà solo alcuni gioielli vennero realizzati su suo disegno. Oltre a ciò, si dedicò per 15 anni allo studio e al restauro di oggetti antichi conservati all’Ermitage.
La ditta raggiunse la fama grazie all’Esposizione panrussa delle Arti e dei Mestieri, che si tenne a Mosca nel 1882, dove Fabergé si aggiudicò una medaglia d'oro. In quell’occasione furono molto apprezzate le sue copie di alcuni pezzi di gioielleria dell’antica Grecia, conservati all’Ermitage. L’imperatrice Maryia Fedorovna aveva acquistato alla mostra un paio di gemelli, realizzati in stile antico, e Fabergé divenne di lì a poco il fornitore ufficiale della corte russa.
Nel 1897 conseguì un grande successo alla Mostra delle Arti e dei Mestieri di Stoccolma dove ottenne il riconoscimento di Fornitore ufficiale di Sua Maestà il Re di Svezia e di Norvegia. E nel 1900 per l’Esposizione internazionale di Parigi venne scelto come membro della giuria, insieme a René Lalique e Frederic Boucheron e insignito della Legion d’onore francese.
Nel campionario della Casa Fabergé si trovavano pezzi d’argenteria da tavola, portasigari e scatole, corredi da scrivania e statuine d’argento e pietre dure, e altri gingilli come portacipria e bomboniere, e i cosiddetti “objets de fantaisie” (decorazioni, statuine). Ma a rendere davvero famosa la casa furono le uova pasquali che si scambiavano i membri della famiglia imperiale, con sorprese meccaniche al loro interno.
In una boutique di Fabergé a San Pietroburgo. Fonte: archivio
Il primo uovo fu realizzato nel 1885 e a commissionarlo fu lo zar Alessandro III che intendeva donarlo alla consorte. All’interno dell’uovo, rivestito di smalto bianco, si trovava un “tuorlo” tutto d’oro in cui era nascosta una gallinella d’oro che conteneva a sua volta una copia minuscola della corona imperiale e un ciondolo di rubino.
Il dono piacque talmente alla zarina che da allora fino alla rivoluzione Fabergé ricevette ogni anno un ordine pasquale. Da Nicola II alla Ditta Carl Fabergé furono inizialmente commissionate due uova, uno per l’imperatrice in carica e l’altro per l’imperatrice madre. Nell’arco di 32 anni per la famiglia imperiale vennero realizzate 50 uova (di esse se ne conservano 42), oltre a una ventina per altri clienti. Dopo la rivoluzione i gioielli della famiglia imperiale vennero messi tutti in vendita e tre di queste uova fanno ora parte della collezione della regina Elisabetta II d’Inghilterra.
Carl Fabergé realizzò tutti i gioielli di brillanti della prima ballerina del Teatro Marinskij, Matilda Kshesinskaya, amante dello zarevich Nicola, futuro erede al trono. Nelle sue memorie la Kshesinskaya racconta che per ragioni di sicurezza non teneva i gioielli presso di sé in casa, ma li custodiva in una speciale cassaforte da Fabergé. Quando si recava all’estero in tournée la ballerina dettava al telefono il numero di codice dei gioielli e la ditta stessa si curava di spedirglieli e di farglieli recapitare a teatro o in albergo da una guardia del corpo che non li perdeva mai di vista.
La boutique di Fabergé, Kuznetskij most, Mosca. Fonte: archivio
Gli oggetti realizzati dalla Casa Fabergé potevano essere acquistati non solo dai membri dell’aristocrazia, ma anche dai cittadini comuni. Per esempio, in occasione delle festività pasquali nei negozi della ditta comparivano piccoli ciondoli smaltati variopinti a forma di uovo, gli stessi che venivano donati ogni anno ai granduchi che col tempo avevano finito col raccoglierne una vera collezione.
All’inizio del XX secolo la Casa Fabergé aveva filiali a Mosca, Odessa, Kiev e Londra. Quando venne aperto il negozio di Londra l’imperatrice Mariya Fedorovna, cugina della consorte di Edoardo VII, si lagnò di come Fabergé le avesse complicato la vita poiché prima di quell’evento era sempre riuscita a sorprendere i suoi augusti parenti con i suoi doni.
Durante la rivoluzione del 1917, quando i bolscevichi assunsero il potere dopo aver rovesciato lo zar Nicola II, Fabergé riuscì a fuggire all’estero portando con sé solo una cartella, dopo essersi spacciato per un corriere dell’ambasciata britannica, ma grazie alla ricca filiale londinese e ai rapporti coi suoi partner commerciali stranieri, riuscì a condurre anche l’estero un’esistenza più che rispettabile. La prima tappa del suo esilio fu la Lettonia, poi soggiornò in Germania, ma non riuscì mai a riprendersi dallo shock della rivoluzione e nel 1920 morì a Losanna dove si trovava per curarsi. Venne sepolto a Cannes, nel cimitero del Grand Jas.
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