Chi versa benzina sul fuoco

Iorsh
Le relazioni russo-americane stanno vivendo la crisi più profonda dai tempi della guerra fredda. E sono molte le visioni divergenti che riguardano importanti questioni di politica internazionale

Nel suo intervento alla presenza dei militari americani durante la conferenza che si è tenuta in California, il segretario americano alla Difesa, Ashton Carter, ancora una volta non si è smentito e si è mostrato non solo ferocemente critico rispetto alla politica estera russa, ma anche un aggressivo sostenitore di misure per “contrastarla”. Mosca è finita sotto tiro in quanto risulterebbe un “fattore di disturbo” nella crisi siriana, “versando benzina sul fuoco” e “agitando lo spettro delle armi nucleari”. Perciò si è proposto di “rafforzare la difesa per arginare l’aggressione russa” in Europa.

Che cosa unisce i russi?

Le dure dichiarazioni di Carter hanno praticamente coinciso con le informazioni trapelate dai media sulla disponibilità da parte dell’Fbi a collaborare con i colleghi russi nell’indagine sulle cause dell’incidente dell’aereo precipitato sul Sinai (probabilmente a causa di un attentato terroristico) in cui hanno perso la vita 224 passeggeri. Tale collaborazione sarebbe la prima forma di cooperazione tra i servizi di intelligence russi e americani dall’inizio della crisi in Ucraina e dall’annessione della Crimea alla Russia.

Quanto alla Siria, le dichiarazioni del segretario alla Difesa appaiono in netto contrasto con la linea del Dipartimento di Stato. Il ministro degli Esteri russo e il suo collega americano John Kerry nelle ultime settimane hanno condotto un numero discreto di negoziati sul tema della regolamentazione della crisi siriana. Se a Vienna si fossero sentite pronunciare da Kerry delle accuse all’indirizzo di Mosca colpevole di versare benzina sul fuoco, anche l’incontro multilaterale si sarebbe concluso. Tuttavia, nel processo di regolamentazione della crisi siriana, malgrado le profonde divergenze tuttora presenti nelle posizioni della Russia e degli Stati Uniti, oggi si può comunque intravedere un barlume di speranza nella ricerca di un compromesso che scongiuri il degradarsi della situazione.                 

Nel complesso, queste “differenze di stile” tra il Pentagono e il Dipartimento di Stato sono un fatto del tutto usuale. Oltre al solito gioco “del buono e del cattivo poliziotto” vi si può anche ravvisare l’obiettivo per ogni dicastero di perseguire il proprio interesse. Il Pentagono è da un pezzo in cerca di nuove opportunità e pretesti di “rilancio” attraverso la creazione di strutture militari della Nato in Europa.   

 
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Inoltre, le aspre dichiarazioni dei militari americani si sono intensificate soprattutto dopo l’intervento militare russo in Siria che si è rivelato con stupore di molti in Europa piuttosto efficace. Gli interventi di Mosca in Medio Oriente da una parte della stampa americana, e soprattutto dalla maggioranza repubblicana al Congresso, sono stati percepiti come un “fallimento” dell’amministrazione Obama. La dura retorica del Pentagono è chiamata in tal senso a “compensare” i danni causati dalla propaganda, in particolare per evitare di concedere a breve, quando inizierà la campagna elettorale, degli assi in più nella manica ai repubblicani.

Oggi, naturalmente, le relazioni russo-americane vivono la crisi più profonda dai tempi della guerra fredda. E forse è già legittimo parlare dell’avvento di una nuova guerra fredda. L’amministrazione Obama di certo non avrebbe voluto lasciare in eredità ai suoi successori le crisi irrisolte di Ucraina e Medio Oriente. E se oggi almeno nella prima direzione fosse possibile fermare la minaccia di un’escalation, l’altra grave crisi resterebbe comunque foriera di imprevedibili conseguenze per il solo fatto di estendersi anche ai Paesi vicini. Inoltre nell’uno e nell’altro caso passare a una fase sia pur “fredda e razionale” di intesa con Mosca potrebbe produrre risultati efficaci. In mancanza di ciò, le dichiarazioni udite da singoli rappresentanti dell’amministrazione americana non possono che essere definite delle provocazioni. Così esiste già chi sta versando benzina sul fuoco per fomentare sul serio l’ostilità tra russi e americani.

L’autore è un politologo, membro del Consiglio per la politica estera e di difesa

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