I luoghi abbandonati e spettrali del periodo sovietico raccontati in 5 profili Instagram da seguire

Anastasiya/@nakifaria; @p01ina
Edifici vuoti, ospedali in rovine, vecchie carte da parati. Cartoline dal passato, raccontate da viaggiatori intrepidi

@nakifaria: Villaggi fantasma e scorci sovietici industriali

Negli ultimi tre anni Anastasia Ryakovskaya, avvocatessa di Mosca, ha iniziato a collezionare rari scatti di un’epoca passata: edifici abbandonati, centrali elettriche, scuole in disuso, giganteschi mosaici di epoca sovietica. Luoghi dall’aspetto spettrale, che si possono incrociare solo in Russia e nelle repubbliche ex URSS. 

“Durante questi viaggi ho raccolto emozioni impressionanti - racconta Anastasia -. Basta guardare il faro atomico di Aniva, sull’isola di Sakhalin, o il villaggio abbandonato di Kadykchan, nella regione di Magadan”. 

Così come fa notare Anastasia, questi complessi ormai dimenticati sono destinati a sparire sotto il peso del tempo e dell’oblio. Lei li cerca sulle mappe di internet, e si mette in viaggio inseguendo un passato remoto, prima che arrivino le ruspe demolitrici. 

La sua ultima avventura è durata due mesi e mezzo: ha raggiunto Vladivostok da Mosca in automobile, percorrendo 9.000 chilometri e incontrando lungo il tragitto migliaia di luoghi abbandonati. 

@samasyava: La lenta morte della provincia russa

Kseniya Savina da molti anni viaggia in lungo e in largo per la Russia, visitando chiese e villaggi abbandonati insieme agli abitanti del posto. 

Di solito realizza le sue fotografie nel fine settimana, immortalando i villaggi vuoti vicino a Tver, o gli “scheletri” distrutti delle chiesette non lontano da Yaroslavl.  

Savina dice che il suo compito è quello di immortalare la lenta morte di questi luoghi.

Che si tratti di un ospedale abbandonato di Rybinsk, o delle assi di legno marce di qualche casetta di campagna, l’obiettivo della sua macchina fotografica restituisce all’occhio di chi guarda una malinconica forma d’arte. 

@p01ina: Rari reperti di storia

Lina Reznik, blogger e fotografa, insegue i luoghi abbandonati in varie parti del mondo. E la Russia ovviamente non fa eccezione. 

Questi pannelli a mosaico, ad esempio, li ha rinvenuti vicino al vecchio centro estivo “Chajka” di Polushkino, a 200 chilometri da Mosca. 

Molte foto sono accompagnate dalla descrizione dei luoghi e dalle indicazioni su come raggiungerli.

Una volta, per poco la ragazza non è rimasta irrimediabilmente chiusa all’interno di un vecchio museo

“All’improvviso abbiamo sentito dei rumori, e una botola che si chiudeva - racconta -. Il mio primo pensiero è stato quello di correre verso l’uscita, e di mettermi a urlare che c’eravamo noi, là dentro. Ma ci siamo nascosti dietro a delle colonne. Certo, restare chiusi dentro a un vecchio museo non è la migliore delle prospettive, ma non avevo di certo voglia di finire tra le grinfie del guardiano o, peggio ancora, della polizia. Poi siamo riusciti a spingere fuori il chiodo con il quale avevano chiuso la botola - per fortuna ne avevano usato uno solo - e siamo sgattaiolati fuori”. 

@anna_korob: Luoghi cupi e spaventosi

Qualche anno fa, Aleksej Ushakov, dal Tatarstan, ha iniziato a girare per il proprio canale YouTube un filmato dal titolo “La Russia abbandonata”. Il suo progetto è cresciuto a tal punto da coinvolgere altri fotografi e un’agenzia specializzata in turismo industriale.

Questo account è uno dei tanti che hanno aderito al progetto. 

Vecchi cimiteri e casette di campagna abbandonate che sembrano uscite da un film dell’orrore.

In questo profilo si trovano suggestivi video girati con un drone. 

@sovietinnerness: Vecchie khrushchevki in stato d’abbandono

Il profilo Soviet Innerness è gestito da due ragazzi italiani, Elena Amabili e Alessandro Calvaresi, che inseguono un certo gusto estetico nei luoghi sovietici abbandonati. 

L’idea è nata dopo un viaggio in Lettonia, nel 2014. Le decorazioni individuate nei vecchi edifici chiamati khrushchevki hanno suscitato in loro un interesse talmente grande, che hanno deciso di mettersi alla ricerca di altri angoli così.

“Le case che fotografiamo sono spesso vuote e abbandonate perché nel frattempo gli inquilini se ne sono andati a vivere all’estero o in un’altra città”, raccontano gli autori del progetto. 

Attraverso i colori e le forme geometriche delle tradizionali carte da parati, Elena e Alessandro tengono vivo il ricordo di un passato che rischia di sparire del tutto.  

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