Le grotte di Sàblino: perché nelle caverne vicine a San Pietroburgo scompaiono le persone?

Turismo
EKATERINA SINELSHCHIKOVA
Questo labirinto sotterraneo, risultato degli scavi per estrarre sabbia quarzifera, attrae da sempre molti avventurieri. Ma in molte occasioni gli esploratori spariscono senza lasciar traccia, e fioriscono le teorie più complottistiche, anche se forse si tratta solo di terribili sabbie mobili

A 40 chilometri da San Pietroburgo ci sono la stazione ferroviaria di Sàblino, un piccolo centro abitato da 12.500 abitanti chiamato Uljanovka (dal 1922; prima si chiamava come la fermata del treno) e il fiume Tosna (affluente di sinistra delle Neva). La località ha il suo posto nella Storia russa: proprio qui, infatti, viveva la sorella di Lenin, e il Padre della Rivoluzione si nascose in casa sua dalla polizia zarista tra il 1905 e il 1906. E sempre qui avvenne la cerimonia di ingresso nei Pionieri (l’organizzazione giovanile comunista per i bambini dai 9 ai 14 anni) di Vladimir Putin, perché la sua famiglia aveva una dacia in questo villaggio. Ma ancor di più Sablino è conosciuto per il suo labirinto sotterraneo lungo alcune decine di chilometri, nel quale è possibile entrare attraverso 14 grotte che si affacciano sulla riva del fiume.

“Tritacarne”, “ghigliottina”, “acchiappamosche”, “tram” sono alcuni dei nomi non ufficiali dati dalla gente del posto alle gallerie di questo labirinto. “Tram deriva dall’espressione ‘come in tram all’ora di punta’ e rende l’idea di quanto sia difficile muoversi all’interno”, spiegano. E in effetti ‘tram’ e ‘tritacarne’ sono tra le grotte più pericolose, anche se quasi tutte sono molto difficili da esplorare e la loro geografia sotterranea muta di anno in anno: alcune gallerie franano e si chiudono, altri passaggi, al contrario si aprono.

Come sono apparse le Grotte di Sablino?

Nel XVIII secolo sulle rive del fiume Tosna scavavano sabbia quarzifera, che poi veniva portata a bordo di chiatte a San Pietroburgo, dove era impiegata nella Fabbrica di vetro imperiale. Si ritiene che le grotte si siano formate proprio in conseguenza dell’asporto di sabbia.

Nel 1922 il boom edilizio di San Pietroburgo era ormai finito e il fiume Tosna era diventato meno profondo che in passato, cosicché portare sabbia in città da qui era diventato non più conveniente. A Sablino chiusero le cave e i chilometri di gallerie rimasero abbandonati. Da allora vivono una vita nuova: le acque sotterranee nei decenni hanno eroso il terreno sabbioso e cambiato la topografia.

Il periodo sovietico

“I miei vengono da lì, sia da parte di padre che di madre. Mia nonna mi raccontava di come nei primi giorni di occupazione durante la Seconda guerra mondiale si nascosero dai tedeschi rifugiandosi nelle grotte”, racconta un ex abitante di Uljanovka.

Poi ci si nascosero detenuti evasi, dissidenti, membri di gruppuscoli, e ci si spinsero persone che semplicemente erano attratte dalle avventure e dalla vita sottoterra. Secondo la testimonianza anonima uno dei membri di quella comunità di “grottaioli”, nel 1982-1984 qui vivevano stabilmente circa 300 persone.

“Era qualcosa di assolutamente sorprendente. Diverse decine di persone vivevano in questo mondo sotterraneo, leggevano trattati filosofici, discutevano della possibilità di una nuova rivoluzione”, racconta Aleksej Gurevich, anche lui membro di una di quelle comunità, chiamata “dei Pellegrini”.

A dire il vero non a tutti andava a genio l’esistenza di questa vita ipogea. “La cavità più grande, nella quale si sarebbe potuto nascondere il Palazzo dei Congressi del Cremlino, era da noi soprannominata “delle carogne”, perché là, dalla superficie, periodicamente buttavano dei cadaveri di cani, evidentemente per rendere meno accogliente l’ambiente per noi abitanti delle grotte”.

Ma la cosa più spaventosa era un’altra. “Di tanto in tanto qualcuno scompariva senza lasciare traccia. All’inizio si pensava alla polizia o ai servizi segreti, ma presto fu chiaro che non c’entravano niente. Quando sparì uno dei capi del gruppo, iniziarono a diffondersi voci incontrollate di qualche forza maligna che albergava nelle cavità. Cosa fosse o non fosse, io non lo so”, dice Aleksej.

Le sparizioni

Oggi nelle Grotte di Sablino vengono organizzati dei tour legali (qui il sito, in russo) e c’è persino la possibilità di pernottare nelle cavità per Capodanno, Halloween e per i venerdì 13 (equivalente russo, quanto a sfortuna, del venerdì 17 in Italia). Le grotte sulla riva sinistra del Tosna sono infatti ritenute sicure, e il biglietto d’ingresso costa 550 rubli (7,50 euro). Quelle sulla riva destra, invece, sono ancora considerate “selvagge”. Là le frane sono frequenti e certo non vi si organizzano tour (sebbene l’ingresso non sia vietato). Ma proprio là, senza riflettere troppo sull’evidente pericolosità, preferiscono avventurarsi in molti.

Oksana Chudnova, che è entrata nelle grotte nel 2007 racconta: “Nella Grotta della perla è facile perdersi. La cosa meno piacevole sono i passaggi strettissimi, dove è difficile avanzare, perché sono larghi come le spalle e alti non più di 50 centimetri. Anche se ci sono posti più felici”.

Gli speleologi che hanno studiato queste grotte parlano del fenomeno delle “sabbie mobili”. La teoria più verosimile per spiegare la scomparsa di molte persone è proprio che siano state risucchiate da queste paludi di sabbia.

Secondo le leggende metropolitane, le grotte di Sablino sarebbero ben più lunghe di quanto non si sia soliti pensare, e arriverebbero fino a San Pietroburgo (40 chilometri) o addirittura fino al Lago Ladoga (oltre 70 chilometri) e questi passaggi sarebbero stati scavati per ragioni militari.

Ma ci sono anche dei fanatici che sono convinti del fatto che le grotte rappresentino una anomalia spazio-temporale, tipo quella mostrata nella serie tedesca di Netflix “Dark” (nota anche come “I Segreti di Winden”). “Una volta mi è capitata una cosa molto strana. Stavo parlando con una delle guardiane del museo locale e, quando ormai stavo per salutarla, lei, guardandomi fissamente, mi fa ‘Alcuni anni fa è venuto un uomo, vestito proprio come lei, e mi ha fatto esattamente le stesse domande”.

Sopra le grotte di Sablino c’è una croce che ricorda i geologi, i geografi e gli spelelogi morti qui, e giù, in profondità, nelle caverne, c’è una cappella dove possono stare fino a sessanta persone. È l’unica cappella sotterranea della Russia. Ma tra i “grottaioli” è popolare un altro luogo per ricordare i caduti: una tomba improvvisata sotto terra, dove c’è la tradizione di lasciare degli oggetti degli scomparsi o qualcosa per loro (più che altro, sigarette). “Nell’83 lasciammo qui il fanale di Marina, nell’84 il casco di Valentina…”, ricordano.

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