La Kamchatka si presenta come una vera e propria riserva di vulcani (Foto: Ivan Dementievskiy)
La remota e rigida Kamchatka, terra di vulcani sputafuoco, è unica nella ricchezza e diversità dei paesaggi russi. È uno dei pochi angoli al mondo, dove è possibile osservare una così alta concentrazione di vulcani e sentire il respiro caldo della terra, a volte fatale per qualsiasi essere vivente. Questa regione è la prima di tutta la Russia a vedere, al mattino, le luci dell’alba.
Immagini della Kamchatka nella nostra gallery |
Voliamo in questa terra remota per realizzare un documentario sulla sopravvivenza in Kamchatka. La città di Petropavlovsk-Kamchatsky ci accoglie sotto la pioggia. La differenza oraria con Mosca è di otto ore. Con il corpo ancora intorpidito per via del jet lag, ci fermiamo a comprare provviste prima di intraprendere il viaggio verso le montagne.
“L’importante è riuscire a restare svegli fino a tardi e andare a dormire dopo che è calata la sera, - ci consiglia la nostra guida. - Un paio di giorni e vi abituerete. Un’altra cosa importante: ricordatevi di portare sempre con voi dei razzi di emergenza, qualora vi imbattiate in un orso. E che non vi salti in mente di mettervi a correre per sfuggire a uno di loro, perché non vi sarà d’aiuto”.
Verso sera, la pioggia lascia spazio a una leggera brezza che contribuisce a diradare un po’ la nebbia. Al tramonto, riusciamo finalmente a scorgere le sagome dei vulcani in lontananza. È solo allora che ci rendiamo conto di trovarci in una vera e propria riserva di vulcani, ai confini della terra: un sogno accarezzato per molti anni e che si sta finalmente avverando!
Situata nell'Estremo Oriente russo, la Kamchatka è una penisola lunga 1.250 chilometri (Foto: Ivan Dementievskiy)
I vulcani Mutnovsky e Gorely
Prima di poter vedere i vulcani da vicino, ci tocca percorrere, per diverse ore, un terreno accidentato, ricoperto da ciottoli aguzzi. La strada si snoda inizialmente lungo un fiume; dopodiché, trascorse due ore, davanti a noi si apre un passo di montagna. Dalla cima del passo, si gode di una vista magnifica sul cratere Vilyuchinskaya. Il sentiero inizia poi a scendere ripido verso valle. Ci muoviamo in direzione dei vulcani Mutnovsky e Gorely.
Il vulcano Mutnovsky è famoso per i suoi campi di fumarole, tra i più impressionanti al mondo: si tratta di uno spettacolo indimenticabile, che vale la pena ammirare con i propri occhi. Nonostante nubi cariche di pioggia coprano il cielo, minacciando l’arrivo di un forte acquazzone, indossiamo gli impermeabili e iniziamo la scalata, tra fango e neve, che in alcuni punti non si scioglie mai.
Un sentiero appena percettibile si snoda lungo le pendici del vulcano. Abbiamo percorso solo pochi metri in salita quando veniamo investiti da un odore particolare, simile a uova marce: il vento trasporta i residui tossici di diossido di zolfo, provenienti dalle profondità del sottosuolo. Negli ultimi cinquanta metri ci imbattiamo in un ripido pendio ed è lì che inizia la prima zona di fumarole. È come trovarsi – e non ho paura di fare un simile confronto – nella bocca dell’inferno!
Sono circa una trentina i vulcani ancora attivi in questo territorio (Foto: Ivan Dementievskiy)
Piccoli geyser ribollono sotto i nostri piedi, mentre, qua e là, da enormi buchi nel terreno, fuoriescono sbuffi di vapore caldo, accompagnati da sibili e gorgoglii. Il vento capriccioso soffia regolarmente nella nostra direzione, trasportando con sé nuvole dense di gas tossici.
Per evitare di inalare questi vapori tossici, ci copriamo il naso e la bocca con le cuffie, non disponendo di maschere di protezione. Se si entra per caso in una grande nube tossica e non ci si sbriga a uscirne, si corre il rischio di rimanere asfissiati. Dobbiamo pertanto tenere d’occhio il vento e i vapori che si accumulano attorno a noi. In generale, camminare tra le fumarole è pericoloso, per usare un eufemismo. Bisogna muoversi con la massima cautela: se si inciampa, si rischia di cadere letteralmente nell’inferno, scusate, sottoterra. Si sono verificati già diversi incidenti di questo tipo.
Il risveglio del vulcano nella foto del giorno |
Dopo ogni inverno, la conformazione del campo di fumarole del vulcano Mutnovsky cambia radicalmente. Dopo un anno faccio quasi fatica a riconoscere questi posti: dove sono finite le imponenti maschere degli spiriti di montagna, dalle cui orbite e fauci uscivano sbuffi di vapore? Ho come l’impressione che la terra non emetta più una così grande quantità di gas, quando ci imbattiamo in una serie di grandi laghi gorgoglianti, nei quali ribolle un liquido incandescente. Dove, un anno fa, si poteva camminare tranquillamente senza correre alcun pericolo, adesso si potrebbe facilmente rischiare la vita.
La zona vulcanica e il parco naturale sono stati dichiarati patrimonio dell'umanità dall'Unesco (Foto: Ivan Dementievskiy)
Dopo la visita al vulcano Mutnovsky, la scalata del vulcano Gorely ci sembra inizialmente una passeggiata tranquilla e spensierata. Ottima visibilità, aria fresca e sole. Arrivati sul bordo del cratere, ci troviamo davanti a un lago nel quale galleggiano diversi pezzi di ghiaccio. Questo lago d’acqua dolce sorge accanto a un altro di acqua acida; i due bacini lacustri sono separati mediante una piccola partizione.
Al fine di eseguire un esperimento fotografico, visitiamo il vulcano Gorely al calar della sera, con la speranza di poter realizzare degli scatti del cratere al tramonto. Ma non appena la nebbia fredda cade sul cratere, da esso inizia a fuoriuscire una quantità enorme di gas tossici e di sibili che ci costringono ad abbandonare in fretta e furia la vetta.
Il Klyuchevskaya Sopka e la regione del vulcano Tolbachik
Alla fine degli anni Sessanta, la Russia dedicò anima e corpo allo studio dello Spazio. Uno degli ambiti di ricerca più importanti era la conquista della luna. L’obiettivo era non solo quello di mettere piede sul satellite, ma anche di condurre delle ricerche sulla sua superficie, mediante un lunokhod. Dopo varie riflessioni, gli studiosi e i ricercatori arrivarono alla conclusione che le proprietà della superficie lunare erano molto simili a quelle dei detriti vulcanici, e fu così che gli occhi dei ricercatori si rivolsero tutti sulla Kamchatka. Nel 1969 e nel 1970, nella zona del vulcano Tolbachik, vennero condotti, nella più assoluta segretezza, vari esperimenti per testare una tecnica che più tardi venne impiegata sulla luna.
Guarda le immagini del vulcano Tolbachik |
Nel 1975, nella stessa zona, ci fu una grande eruzione fissurale. Per di più un anno si scatenò un autentico inferno. La dispersione delle bombe incandescenti raggiunse i due chilometri e la velocità di emissione dei gas superò, a volte, quella del suono. La colonna di gas emessi raggiunse un’altezza di 5-6 chilometri, mentre la nube di ceneri coprì una distanza pari a circa 1.000 chilometri. La vegetazione fu completamente distrutta in un’area di oltre 400 chilometri e solo ora, in alcune zone isolate, i primi germogli di erbe infestanti iniziano a spuntare qua e là.
La penisola resta coperta di neve da ottobre a maggio avanzato per via delle rigide temperature (Foto: Ivan Dementievskiy)
È ormai buio quando la nostra jeep si ferma in una radura della foresta, dalla quale possiamo vedere un cono luminoso stagliarsi su un cielo annerito: capiamo subito di voler trascorrere quanto più tempo possibile ai piedi del vulcano Klyuchevskaya Sopka. Ciò significa modificare drasticamente il nostro itinerario, ma a nessuno sembra importare più di tanto. Questo vulcano silenzioso che sputa fuoco ha attirato tutta la nostra attenzione e un pensiero fisso, quello di avvicinarci un po’ di più, ci martella la testa.
Al mattino seguente, dopo aver capito in che direzione andare, scopriamo che, a pochi chilometri di distanza, e molto più vicino al vulcano, sorge un accampamento e un piccolo lago.
Quello stesso giorno, una volta che ci siamo stabiliti nell’accampamento, dopo l’ora di pranzo, il vulcano Klyuchevskaya Sopka inizia a tuonare, con una frequenza tale che sembra che nelle vicinanze si stiano svolgendo delle esercitazioni militari. Le ciotole, le brocche e le forchette nelle nostre tende vengono ricoperte in breve tempo da un sottile strato di cenere. La polvere grigia si insinua ovunque: negli occhi, tra i denti, e ce la ritroviamo persino nel cibo... E quando una colonna enorme di fumo bianco si solleva accompagnata da un grande frastuono, pensiamo di essere sul punto di assistere a una nuova fase eruttiva. Scopriamo poco dopo che il fiume di lava ha raggiunto il ghiacciaio.
I vulcani e i ghiacciai influiscono notevolmente sul clima della penisola (Foto: Ivan Dementievskiy)
La foresta morta
Proprio dall’altro lato del vulcano Tolbachik, non lontano dal luogo in cui abbiamo fissato le tende, sorge una foresta morta, popolata dai resti degli alberi distrutti durante una grande eruzione avvenuta nel 1970.
Nella selvaggia Kamchatka, un museo a cielo aperto
Si tratta di un luogo unico e fra i più inquietanti, soprattutto se lo si visita quando il cielo è nuvoloso o c’è molta nebbia. Lungo il cammino, individuiamo i frammenti della coda di un elicottero precipitato lì anni addietro. Si dice che in questa zona lo strato di cenere raggiunga i sette metri e che la vegetazione ritornerà presto a crescere. La foresta morta è costituita da chiome secche di alberi, i cui tronchi sono sepolti sotto uno spesso strato di cenere.
Come arrivare: il modo più semplice per arrivare in Kamchatka è in aereo. Il volo da Mosca dura circa nove ore. Ci si può arrivare anche via mare, ad esempio, da Sakhalin o Vladivostok, ma il viaggio è molto più lungo. Non esistono collegamenti ferroviari con la Kamchatka, poiché tra la regione di Magadan e la Kamchatka si estendono diverse catene montuose, attraverso le quali è molto difficile riuscire a posare le rotaie.
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