Insediamenti sulle rive del Volga (Vsevolod Pulya/Russia Oggi)
Il Volga è uno dei più importanti fiumi del mondo e il più lungo d’Europa. Talmente esteso che la foce e la sorgente si trovano a fusi orari diversi. Nasce sul Rialto del Valdaj, alla stessa latitudine della Danimarca e del Mare del Nord. La foce, invece, è sullo stesso parallelo del lago di Como e della Francia centrale.
Il Volga sta riscoprendo la propria vocazione come meta turistica. La flotta delle navi da crociera è stata rinnovata e ora si può raggiungere comodamente il Mar Caspio, partendo da Nizhnij Novgorod, Samara o Kazan. Dal Volga superiore si possono ammirare le cascate della centrale idroelettrica di Rybinsk e le città dell’Anello d’Oro. Gli ecoturisti preferiscono le gite in canoa, dal Rialto del Valdaj fino ad Astrakhan, mentre gli appassionati di pesca sportiva prenotano viaggi organizzati per il lago Seliger, abitato da pesci gatto e carpe. Nele regioni del Volga centrale e inferiore si stanno aprendo colonie per bambini e campi ecologici in cui si offrono passeggiate a cavallo e gite in barca a vela
Quando alla fine di luglio, sul delta del Volga sbocciano i fiori di loto, gli abitanti di Volgoverchovie, un villaggio vicino alla sorgente, iniziano appena a vedere l’estate. I monasteri affondano tra le onde nere delle foreste della taiga; nei villaggi dei pescatori ci sono le casette di legno e le centrali idroelettriche in cemento. Una perenne contraddizione
Volga significa campanelle del Valdaj e angurie di Astrakhan, la prima bomba atomica e le steppe infinite. Volga vuol dire deserti, laghi salati, decine di città sommerse e centinaia di vite salvate; fiori che sbocciano d’estate e pesci presi con il retino. Il Volga è l'emblema della Russia: infinita, senza limiti, calma e impetuosa, con migliaia di volti riflessi nelle sue onde.
Una grandezza che emerge anche dalla storia: per il popolo dei Mari era Jul (il cammino), le tribù baltiche che vivevano nel corso superiore utilizzavano l’appellativo di Ilga (lungo), mentre nei documenti arabi del IX secolo è ricordato con il nome di Atil, il fiume dei fiumi.
La prima citazione scritta del Volga in documenti antico-slavi si trova nel Manoscritto Nestoriano, il più antico codice conservato risalente all’inizio del 1100.
Lungo il Volga sorgono 22 monasteri ortodossi e Kazan, la capitale della repubblica musulmana del Tatarstan. A metà del Cinquecento, qui aveva sede la capitale del khanato; si trattava di una fortezza inaccessibile. Ivan il Terribile ordinò di costruire una città difensiva di legno nel punto in cui il fiume Svijaga si gettava nel Volga. Svijazhsk divenne quindi la base delle truppe russe durante l’assedio di Kazan.
Nella città venne edificato il bacino idrico di Kujbyshevsk, che nel 1957 diede origine all'inondazione delle terre circostanti e di una parte dei terreni abitati. Il centro storico di Svijazhsk si salvò soltanto perché la fortezza era stata costruita su un’altura strategica. Così Svijazhsk si ritrovò su un’isola, separata dal resto del mondo dalle acque del Volga, dove vennero eretti 37 monumenti di patrimonio culturale, tra cui due monasteri e sette chiese.
Ora sull’isola vivono poco più di 200 persone. Il grande corso d'acqua fu testimone delle rivolte contadine di Emeljan Pugachev e di quella dei cosacchi sotto il comando di Stepan Razin nel XVII e XVIII secolo. Nell’Ottocento, dopo il congiungimento dei bacini del Volga e della Neva, sul fiume iniziarono a lavorare 300.000 burlaki (battellieri), che in primavera e in autunno “nella grande acqua” trascinavano controcorrente le imbarcazioni.
La capitale dei burlaki era Rybinsk, nel Volga superiore. Nonostante questo lavoro fosse stato vietato nel 1929 dal Commissariato del popolo alle Comunicazioni, i burlaki lavorarono sugli affluenti del Volga persino durante la Seconda Guerra Mondiale. Le centrali idroelettriche, costruite sul fiume alla vigilia del secondo conflitto mondiale, assicurarono negli anni della guerra l’energia elettrica a fabbriche e industrie per la produzione di armi in tutta la parte europea dell’Urss.
Sul Volga sono presenti quattro città che superano il milione di abitanti: Nizhnij Novgorod, Kazan, Samara e Volgograd.
Lungo il corso d'acqua si contano in tutto più di 300 centri abitati, sulle sue rive vivono 20 diverse nazionalità: dai popoli ugro-finnici ai nomadi meridionali. Le steppe di Astrakhan, lungo le sponde del Volga, sono considerate quel che resta della Grande Steppa, che un tempo si estendeva per tutta l’Eurasia, dalle montagne Pamiri al confine con la Cina e l’Afghanistan, fino al delta del Danubio.
Vyborg, una città destinata a scomparire
Fin dall’antichità, la Grande Steppa era il rifugio dei popoli nomadi. Nelle steppe di Astrakhan vivono i discendenti degli antichi nomadi: kazaki, tatari e turkmeni. Pianure senza fine, pastori con greggi di 10mila capi e dune di sabbia. Il tempo che cambia ogni ora, il vento che solleva le tempeste di sabbia sono il simbolo della libertà delle popolazioni nomadi.
Sul Volga si trovava la capitale dell’Orda d’oro, la città di Saraj Batu, dove venne costruito il poligono Kapustin Jar, da cui si lanciavano gli Sputnik. A mille chilometri più a Nord, invece, all’origine del fiume, c'è Volsk, diventata già nel 1780 un centro del movimento dei Vecchi Credenti. I loro villaggi si intrecciano a quelli dei pescatori e le città musulmane convivono con monasteri in pietra bianca, in equilibrio sulle alte sponde che ora si avvicinano, ora si allontanano a tal punto che anche un urlo potente rischia di restare senza ascolto.
L'articolo è stato pubblicato sull'edizione cartacea di "Russia Oggi" del 25 luglio 2013
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